Rally-Raid: la riscossa delle moto bicilindriche
Africa chiama, 15 Marzo. Il mio sogno ufficiale. Africa Eco Race rivede il suo regolamento, apre alle bicilindriche sotto i 700 cc e richiama un po’ più di coerenza con l’Avventura nei Rally-Raid.
Di conseguenza Yamaha iscrive Alessandro Botturi, Aprilia ritorna con una squadra semi-ufficiale, KTM è lì che sceglie e Ducati schiera addirittura Antoine Meo e Danilo Petrucci. Mi sono fumato il cervello? Forse. Però…
Antefatto. La notizia del “ritiro” di Yamaha dai Rally-Raid stupisce e fa riflettere. Istintivamente non l’ho “bevuta”.
Troppa storia di Dakar in quel Marchio per accettarla. È la Marca che ha vinto per prima, Cyril Neveu, che ha aperto la strada e stabilito dei record, alcuni dei quali ancora imbattuti. XT500, ma anche YZE750T, YZE850T, YZEOWD8, XTR860TR.
Codici di leggenda per i missili blu di Stephane Peterhansel, il dominatore dal 1991 al 1998 al centro dell’epopea degli incredibili prototipi bicilindrici.
Da 750 cc a 860, da 75 a 90 cavalli, 200 all’ora sulla terra… Quella di Yamaha è solo una parte della storia.
Monsieur Dakar dominò per quasi un decennio, ma per due volte il suo regno fu scosso da altrettanti terremoti, entrambi innescati dal flagello di Edi Orioli, il Martello Italiano degli Dei.
Nel 1994 con la CaGiVa Elefant 900 motorizzata Ducati, mito meccanico italiano da 100 cavalli e oltre 200 all’ora, e nel 1996 con la stessa Yamaha di “Peter”…
A spasso nel tempo, e a ritroso nell’albo d’oro della Dakar. Nel 1990 ancora Orioli e CaGiVa, quindi cinque Honda bicilindriche in fila, le favolose NXR750. Nel 1989 Gilles Lalay, nel 1988 la prima volta di Orioli, nel 1987 e 1986 Neveu.
La NXR fu un… trauma, le potenze erano “modeste”, tra i 70 e 80 cavalli, ma l’equilibrio magico di leggerezza, erogazione e guidabilità scrissero la favola dell’imbattibilità.
Le prime bicilindriche
La storia, tuttavia, inizia ancor prima. La Dakar con una BMW fu un’invenzione di Fenouil, geniale padre del Rally dei Faraoni, al secolo Jean-Claude Morellet, che portò subito in gara una R80 quasi di serie. L’esplosione dei “flat-twin”, invece, è opera di Hubert Auriol. Il Cavaliere Bianco vinse nel 1981 e nel 1983.
Dopo, il raddoppio di Gaston Rahier nel ’84 e ‘85. Partite da 800 cc e 55 cavalli circa, le ultime bicilindriche di Monaco erano salite a 1.000 cc e 75 cavalli. Pesavano 180 chili. Più 50-60 litri di carburante, ma con quell’erogazione e il baricentro così basso scrissero le pagine di una leggenda che molti vorrebbero rileggere, anche ai giorni nostri.
Il canto del cigno nel 2002. L’indimenticabile Fabrizio Meoni, che ha vinto con il mono l’anno prima, torna e vince ancora con la KTM 950 LC8 Rally, due cilindri a V di 75 gradi, 185 chili per 100 cavalli. Ancora leggenda.
In totale, fino ad allora, le bicilindriche avevano vinto 18 Dakar su 24. Sei eccezioni soltanto: le prime due volte della mitica Yamaha XT500 di Cyril Neveu, la Honda XL550 del 1982, ancora Neveu, le BMW F650RR mono di Richard Sainct del 1999 e 2000, e la KTM 660 LC4 di Fabrizio Meoni nel 2001. Poi la fase calante. Le due cilindri cadono in disgrazia accusate di prestazioni, ma anche costi, troppo elevati.
Lo stesso succederà alle grosse mono, prima “ristrette” e poi bandite una dozzina di anni fa per far posto alle piccole 450 monocilindriche.
La storia si ripete, le restrizioni regolamentari funzionano per un po’, poi potenza e prestazioni risalgono e fanno scattare l’allarme.
Per tre quarti della sua storia, la scena del Rally-Raid è occupata dalle Bicilindriche. Ancora. Nel 2010, con la cilindrata ridotta a 450cc, si affaccia il progetto Aprilia-Giofil, la bicilindrica di Macchi-Dall’Igna-Assirelli terza quell’anno e quarta la stagione successiva con Francisco “Chaleco” Lopez.
Ci aveva riprovato anche BMW, all’inizio del secolo con le bicilindriche raffreddate a aria-olio guidate anche da Cyril Despres e Joan “Nani” Roma, ma con riscontri scarsi e problemi gravi, il cardano.
Poi basta. La storia risente di grandi cambiamenti, economici e in materia di sponsor.
Se, almeno all’inizio, le mono erano moto provenienti dalla serie, le bicilindriche nascono “factory” e restano prototipi. Per realizzarli non si bada a spese, ci sono sponsor munifici, manager e costruttori appassionati. Moto impegnative. 170-200 chili, 55-100 cavalli, un carico extra importante da gestire e trasportare, 45-60 litri di benzina.
Moto non per tutti. Indimenticabili. Da quelle moto sono nate versioni “civili” per serie commerciali fortunate. Bicilindriche. Un’epopea. Storie forti, uomini fortissimi, prestazioni di un altro mondo.
Il ritorno in gara
Oggi sento largamente possibile un processo storico inverso: il ritorno delle bicilindriche nei Rally-Raid… partendo da modelli di serie, che si inseriscono perfettamente in un filone della memoria irresistibilmente attraente. Sono bicilindriche con caratteristiche simili e fortemente “evocative”. Il “La” viene dal diapason di Yamaha, che ha in catalogo la Ténéré 700 in due versioni, Standard e World Raid.
Sulla stessa pista principale troviamo la nuovissima Aprilia 660 Tuareg e la “serie” KTM 890, 790, Husqvarna Norden 901. Su una pista parallela la debuttante Ducati DesertX, su un’altra un’idea Moto Guzzi e la rievocazione Lucky Explorer di MV Agusta, e su un’altra ancora le Honda Africa Twin… moderne. I più importanti costruttori sono presenti.
Bello schieramento, si direbbe. Peccato che, al momento, non c’è una sola Corsa del Deserto che possa dirsi perfettamente sincronizzata sulle lunghezze d’onda di queste bicilindriche di nuova generazione. Quella che più si avvicina, come abbiamo detto, è l’Africa Eco Race in evoluzione. L’alternativa è il viaggio Avventura. Però, date retta, la strada è segnata e cambieranno molte cose. Presto.
Riuniamo alcune delle “nuove bicilindriche” secondo i parametri caratteristici che hanno acceso la nostra fantasia.
Yamaha Ténéré 700. 700 cc, 75 cavalli, 190 chili, serbatoio da 16 litri, escursioni sospensioni ant/post 210/200, 10K. Yamaha Ténéré 700 World Raid: 700 cc, 75 cavalli, 210 chili, serbatoio 23 litri, 230/220mm, prezzo 12.5K.
Aprilia 660 Tuareg: 650cc, 75 Cavalli, 190 chili, serbatoio da 18 litri, 240/240, 12K.
KTM 890 Adventure, 900cc, 105 cavalli, 200 chili, serbatoio da 20 litri, 240/240, 14.5K. KTM 790 Adventure: 800cc, 95 cavalli, 190 chili, serbatoio 20 litri, 200/200, 12.5K.
Husqvarna Norden 901, 900cc, 105 cavalli, 200 chili, serbatoio 19 litri, 220/215mm, 15K.
Ducati DesertX, 950cc, 110 cavalli, 205 chili, serbatoio 21 litri (+8 dietro), 230/220mm, 16K.
Honda Africa Twin, 1100cc, 105 cavalli, 215 chili, serbatoio 19 litri, 230/220mm, 15K.
Tutte queste moto hanno, oltre al fatto di essere bicilindriche, un’altra caratteristica in comune: le ruote. Tassativamente (si legge tassellativamente) 21 pollici all’anteriore, e 18 al posteriore.
Pensate, sono tutte paragonabili, sulla carta d’identità, ai prototipi BMW, Honda, Cagiva, Yamaha, KTM di venti, trenta, 40 anni fa!
Rappresentano l’attualità di una meravigliosa sintesi storica. (Segue)
Per me, che sono un peso medio (178cm per 75kg) gestire tutto quel peso, quei cv, quel costo è assolutamente ridicolo. Va bene le mode, va bene il marketing ma credo stiamo esagerando. Purtroppo non siamo tutti campioni che girano la moto in derapata o in volee aerea e girare 220 kg in un sentiero perchè magari è ostruito o sbattere a terra 15.000 euro di mezzo perchè hai preso male un sasso rimane, IMHO, una cosa spiegabile solo con la moda. Ridicoli anche dover fare corsi di guid ain fuoristrada per portare su sterrati normali dei pachidermi studiati per fare altro (turismo, ecc). Ognino fa quel che vuole ma il divertimento e la libertà è altro per me. Opinione personalissima.