Trapianti di motori vincenti
Nella storia del motociclismo un ampio capitolo spetta alle case che hanno prodotto diversi modelli, non di rado di grande diffusione, utilizzando motori “sciolti”, fabbricati da aziende specializzate in tale settore.
Spesso si è trattato di assemblatori che utilizzavano solo unità motrici di produzione altrui, ma non sono mancate le grandi case che a un certo punto, invece di utilizzare motori di propria fabbricazione, si sono rivolte altrove. Nell’anteguerra diversi costruttori italiani di moto hanno impiegato motori inglesi (Jap, Calthorpe, Villers) o tedeschi (Sachs, Kuchen).
Negli anni Cinquanta in Italia sono sorte alcune aziende che costruivano solo motori e li fornivano a vari fabbricanti di moto. È nata così la FBM, che poi ha dato origine alla Minarelli e alla Franco Morini, ma non si devono dimenticare la Somaschini e la Demm.
La bolognese OMA (Officina Meccanica Amadori) a partire dal 1954 ha prodotto un motore di 125 cm3 a due tempi e uno di 175 cm3 con distribuzione ad aste e bilancieri, che è stato adottato dalla Alpino per i suoi modelli di maggiore cilindrata e, in numeri più contenuti, da un paio di altri costruttori meno noti.
Dopo avere iniziato con i motori sciolti la Demm è diventata celebre per le sue moto complete e per i ciclomotori, che per diversi anni sono stati tra le migliori realizzazioni dell’industria nazionale. Nel suo ultimo periodo di attività per alcuni ciclomotori ha però adottato motori Minarelli. Negli anni Settanta la stessa cosa è accaduta alla Mondial, che sin dalla sua nascita aveva impiegato motori di propria progettazione, che faceva costruire da due officine specializzate di Bologna (Michelini e Rocca).
La Minarelli e la Franco Morini sono via via cresciute di dimensioni, arrivando negli anni Sessanta a produrre numeri imponenti di motori di 50 cm3, il cui impiego risultava economicamente vantaggioso anche per diverse case che costruivano già moto complete.
Negli anni Settanta c’è stato un autentico boom delle moto da regolarità e molte di esse sono state realizzate da costruttori (spesso poco più che artigianali) che impiegavano motori forniti da aziende esterne specializzate nel campo.
Particolarmente utilizzato e largamente apprezzato è stato il famoso Sachs sei marce di 125 cm3.
Nel corso del decennio sono apparsi i motori Hiro, validi ma purtroppo rimasti sulla scena per un tempo troppo breve, e poco dopo i Rotax. Questi ultimi sono stati protagonisti di un autentico crescendo, per quanto riguarda la loro diffusione, grazie alla eccellente qualità e alle ottime prestazioni. Fondamentale si è comunque rivelato il loro impiego da parte dell’Aprilia, che all’epoca era la grande realtà emergente del panorama motociclistico italiano.
Negli anni Cinquanta e Sessanta varie case hanno adottato motori forniti da altri costruttori di moto (e non di motori sciolti). Si trattava cioè di unità motrici progettate e costruite dalla “concorrenza”! Erano nate infatti per altri modelli, prodotti altrove e con un diverso marchio.
Così ad esempio la Gitan di Caorso, che ha costruito moto tra il 1950 e il 1964 e ciclomotori addirittura fino ai primi anni Ottanta, per i suoi modelli a due tempi di 125 cm3 ha utilizzato motori forniti dalla MI-VAL (che li impiegava sulle sue moto). Per la sua 160 a quattro tempi la Gitan ha invece adottato il monocilindrico ad aste e bilancieri della Italmoto, poi acquisita dalla Maserati, dal quale ha in seguito ricavato una versione di 175 cm3.
A Bologna i costruttori “minori” nel periodo in questione non sono certo mancati e spesso sono nati sotto la spinta della passione più che da considerazioni economiche. Alcune loro realizzazioni sono state di notevole pregio ma nonostante ciò in genere questa case artigianali hanno avuto vita breve.
Al salone di Milano del 1952 ha esordito una nuova casa bolognese, la Mengoli, azionata da un motore di 175 cm3 con distribuzione monoalbero comandata da una catena collocata sul lato sinistro. Questo motore, che aveva un alesaggio di 60 mm e una corsa di 61 mm ed erogava 8,5 CV a 5800 giri/min, veniva costruito dalla ditta OMES di Amedeo Rocca ed è stato fornito anche alla Meteora e alla Aquila. La produzione è però andata avanti per due anni soltanto.
Con il marchio Fochj tra il 1954 e il 1957 sono state costruite, sempre a Bologna, alcuni interessanti modelli azionati da motori costruiti dalla NSU, che all’epoca era la più grande casa motociclistica del mondo. Tra di essi spiccava la 250, dotata del famoso motore Max con distribuzione monoalbero comandata mediante biellette.
La potenza di questo eccellente monocilindrico, che aveva un alesaggio di 69 mm e una corsa di 66 mm, era di 17 CV a 6500 giri/min. I motori NSU sono stati impiegati anche dalla Caproni Vizzola.
La Ganna di Varese era famosa per le sue ottime biciclette quando, all’inizio degli anni Venti, ha iniziato a produrre anche moto. Per diverso tempo ha impiegato motori di fabbricazione inglese (Jap, Python, Blackburne) ma in seguito ne ha anche realizzati alcuni internamente.
Nel dopoguerra si è rivolta principalmente non a un fabbricante di motori sciolti, ma alla Puch, casa motociclistica di notevole livello, famosa per i suoi due tempi a cilindro sdoppiato. Il modello di prestazioni più elevate costruito dalla Ganna era appunto dotato di un motore di 175 cm3 prodotto da tale azienda austriaca che, nella versione più spinta (alimentata da due carburatori) erogava 12 cavalli a 6200 giri/min.
L’attività della casa varesina in campo moto è cessata poco dopo la scomparsa del fondatore (1957). Per alcuni anni è continuata la produzione di ciclomotori ma in seguito l’attività si è concentrata solo sul settore ciclistico.
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Fuggiasco62, Chiesina Uzzanese (PT)Io nel 78 avevo una Aim 50 cross motorizzata sachs 5 marce. Una bombetta di niente divertimento allo stato puro, peccato assurdo averla venduta adesso per averne una uguale ci vogliono dai 4.000€ in su.
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pikat09, Campi Bisenzio (FI)E di SWM, Moto Gori e Ancillotti nemmeno una parola?