Un buon raffreddamento per tanti cavalli
Nelle moderne moto di alte prestazioni tutto è frutto di una tecnologia specifica molto avanzata e il sistema di raffreddamento non fa eccezione.
Lo schema adottato e i singoli organi e dispositivi che compongono il circuito sembrano molto semplici ma in effetti alcuni di essi lo sono solo dal punto di vista concettuale e del disegno d’assieme. Ognuno infatti è il risultato di un know-how sviluppatosi nel corso dei decenni, grazie al quale oggi è possibile realizzare componenti molto evoluti dal punto di vista sia funzionale che tecnico.
Da tempo l’obiettivo non è solo quello di assicurare una adeguata refrigerazione anche nelle condizioni di funzionamento più gravose, accompagnata da una distribuzione delle temperature quanto più omogenea possibile, ma anche quello di ottenere un efficace e accurato controllo termico del motore.
In altre parole, il sistema di raffreddamento deve consentire di raggiungere velocemente le condizioni di regime e quindi di mantenere la temperatura nei vari punti del circuito all’interno del ristretto campo ottimale previsto in fase di progetto, e ciò sia in pista che nel traffico urbano, tanto che si affronti una lunga salita (tipo Stelvio, per intenderci) quanto che si percorra una altrettanto lunga discesa.
Nei moderni motori di alte prestazioni il vecchio termostato del tipo on-off è da tempo sostituito da un più efficace termostato miscelatore. L’importanza delle ventole elettriche, che entrano in azione solo quando il liquido refrigerante supera una determinata temperatura, è ben nota a tutti. In campo auto si impiegano anche pompe dell’acqua elettriche, grazie alle quali la quantità di acqua messa in circolo nell’unità di tempo può essere variata a seconda delle esigenze in modo da assicurare un eccellente controllo della temperatura del motore in qualunque circostanza (e da contribuire al contenimento dei consumi e delle emissioni). Di recente sembra che stiano acquisendo una maggiore diffusione le pompe meccaniche con azionamento controllato dalla centralina elettronica, che presentano vantaggi analoghi.
Negli ultimi anni la tecnica motoristica ha subito una importante evoluzione, che ha portato al raggiungimento di potenze specifiche impensabili fino a non molto tempo fa.
Anche a livello dei sistemi di raffreddamento vari parametri sono cambiati. In diversi libri si parla ancora di capacità del circuito di raffreddamento dell’ordine di 4-6 volte la cilindrata del motore. Nei motori motociclistici di prestazioni molto elevate delle ultime generazioni però il circuito contiene un volume di liquido corrispondente in genere a 1,6 – 3,5 volte la cilindrata. Nei motori di formula Uno aspirati dei primi anni Duemila si scendeva a 1,5-1,0 volte e anche lievemente meno!
Ce ne è una minore quantità, ma in compenso l’acqua gira velocemente. Fino a qualche anno fa, secondo i testi dell’epoca, al regime di potenza massima tutto il liquido circolava attraverso il sistema 10 – 15 volte al minuto. Da diversi anni a questa parte però nei motori motociclistici più performanti si arriva anche a più di 30 volte al minuto. E nei soliti straordinari motori di F1 da 300 CV/litro (V10 di 3 litri e V8 di 2,4 litri) si arrivava anche a oltre 60 volte!
L’esigenza di compattare al massimo i motori, con l’obiettivo di centralizzare le masse e di ridurre il peso, ha tra l’altro portato alla adozione di canne dei cilindri “siamesi”, ossia unite nella zona di massima vicinanza, senza che tra di esse ci sia una intercapedine di passaggio per l’acqua. In questo modo lo spessore della parete in questione, che separa le canne adiacenti, ha potuto essere diminuito come mai in precedenza, scendendo in molti casi al di sotto di 6 mm.
Far sì che queste canne mantengano una adeguata rotondità in qualunque condizione di funzionamento del motore è tutt’altro che facile…
In alcune zone molto sollecitate le pareti metalliche possono raggiungere localmente una temperatura superiore a quella di ebollizione del liquido che le lambisce. In questi casi ha luogo una ebollizione nucleata (ovvero “incipiente”), con formazione di minuscole bolle gassose, che devono essere asportate rapidamente per evitare che si possono riunire a formare bolle di maggiori dimensioni e dare quindi luogo a una ebollizione diffusa.
È perciò molto importante che in tali punti l’acqua abbia una notevole velocità. È interessante segnalare a questo proposito che proprio quando avviene una ebollizione nucleata il flusso termico locale è più elevato. Tale situazione è dunque favorevole, ai fini del raffreddamento, ma occorre poterla gestire accuratamente…
Il contributo dell’olio al raffreddamento è spesso assai considerevole. In certi casi diventa di tale entità da far sì che il sistema di raffreddamento sia in effetti “misto”, con l’aria che asporta ancora la maggior parte del calore e il lubrificante che lo sottrae dalle zone più critiche, come tipicamente quella tra le sedi delle valvole di scarico e talvolta anche le pareti esterne della camera di combustione.
La Suzuki ha adottato per diversi anni questa soluzione (che ha chiamato SACS) sulle sue quadricilindriche GSX-R. Nel 1985 la 750 aveva nel motore ben cinque litri di olio e disponeva di due pompe di mandata, delle quali quella preposta alla lubrificazione aveva una portata di 60 litri/min (mentre quella che provvedeva al solo raffreddamento della testa aveva una portata di 22 litri/min).
In anni più recenti ha adottato un sistema di raffreddamento misto la BMW per i suoi motori a due cilindri contrapposti a quattro valvole per cilindro; in questo caso l’olio rimuove il 22% della quantità totale di calore asportato. In seguito, per il sui boxer con condotti di aspirazione e di scarico verticali (rivolti in alto i primi e in basso i secondi) e con frizione in bagno d’olio, la casa bavarese è passata a un sistema misto di tipo differente, ovvero aria/acqua.
Leggi anche:
Raffreddare i motori (Prima parte)
Via il calore: raffreddare i motori (Seconda parte)
Saluti a Clarcke.