Ducati Panigale V4R vs Honda RC30 SBK. Generazioni a confronto
Un detto dice che “l’occasione fa l’uomo ladro”. Nel nostro caso i ladri sono due. Due come le moto che abbiamo avuto la fortuna di provare, anche se per pochi giri di pista, sufficienti comunque a farci andare fuori di testa.
Facciamo un passo indietro. Il tutto si è svolto durante la comparativa delle mille che abbiamo fatto in Sicilia, sulla pista di Pergusa, tracciato utilizzato da Pirelli per lo sviluppo e il collaudo dei propri pneumatici. A fine test arriva un invito inaspettato da parte di Salvo Pennisi, capo del team di sviluppo che sappiamo essere possessore di alcune moto interessanti. Un fulmine a ciel sereno, che ci ha esaltato e fatto tremare le gambe al tempo stesso: “Che ne dite di fare qualche giro di pista con la mia RC30?”
La “mia” significa una RC30 ufficiale, ex Baldassarre Monti, quindi Team Rumi RCM, quindi Mondiale Superbike 1989, nel senso che il Mondiale lo vinsero con Fred Merkel. Roba da leccarsi i baffi, anche se i baffi non li abbiamo né io né Maurizio Vettor che per l’occasione, con sommo spirito di sacrificio, si è offerto di dare una mano.
Eh già, perché a fare compagnia alla mitica V4 Honda, il Reparto Sviluppo ci ha messo a disposizione una moto con una architettura simile, anche se con una trentina di anni in meno. La Ducati Panigale V4R, una sparring partner d’eccezione. Poco tempo a disposizione e pochi giri di pista, prendere o lasciare!
Sguardo d’intesa tra me e Maurizio, ed eccoci in sella belli che intutati. Le mani sudano al solo pensiero, mentre una volta in sella il sudore freddo pervade tutto il corpo! L’emozione sarebbe tanta già solo a provare una comune versione stradale, ma qui la cosa è seria.
Parliamo di una moto unica, una ufficiale ”vera”, con kit ufficiale e le modifiche dei tecnici RCM. Il Kit all’epoca costava la notevole cifra di 13.500.000 lire, quando il prezzo di listino della RC30 stradale era di 25.000.000 di lire, somme a cui andava aggiunta la manodopera per la preparazione.
Il motore V4 veniva modificato in moltissimi particolari, nuovi pistoni alleggeriti e ribassati, dotati di fasce elastiche ad alta scorrevolezza, alberi a camme specifici e con profili più spinti, che agivano su molle e valvole alleggeriti. Anche i radiatori venivano sostituiti così come l’impianto di scarico e i rapporti del cambio. La lotta contro la bilancia portò all’eliminazione del motorino di avviamento e la sostituzione dei coperchi motore in lega di alluminio con altrettanti in magnesio. Il potenziamento del V4 si attestava sui 20 cv, arrivando a toccare i 133/135 cv alla ruota a 12.500 giri con una coppia di poco superiore agli 8 kgm a 10.500 giri (7,4 allo stesso regime per quella standard).
Dal punto di vista ciclistico il telaio rimaneva lo stesso, mentre venivano sostituiti sia la forcella teleidraulica di serie con una Showa da 43 mm, sia il forcellone monobraccio che in versione gara si accorciava di 15 mm (portando l’interasse sotto i 1.400 mm), mentre la coppia di dischi anteriore da 310 mm veniva sostituita con altrettanti di disegno differente e dal peso più contenuto, così come erano differenti le pinze freno Nissin.
Ricevo il passaggio di consegne, o meglio prendo il mano la manopola del gas, direttamente da uno dei ragazzi di Pirelli, con la raccomandazione di farla girare alta, mai sotto gli 8.000 per evitare buchi di carburazione e di non oltrepassare i 13.000, per evitare di fare danni!
Alle mie spalle c’è un impaziente Vettor in sella ad una rossa Panigale V4R che ci serve da riferimento soprattutto in termini di evoluzione di un concetto peraltro molto simile. Motore V4, forcellone monobraccio e connotazione prettamente racing. 133 cv contro 230 rendono il confronto impari, ma vi possiamo assicurare che l’emozione di guidare questa Honda Superbike ha di fatto distolto l’attenzione dal quel gioiello tecnologico che è la Panigale V4. Insomma, la protagonista è la RC30.
Trent'anni sulle spalle e non sentirli? Diciamo che li porta alla grande, l’evoluzione c’è stata e senza andare a vedere le prestazioni mostruose dei motori odierni, anche senza scomodare quelli preparati pista, basta dare due tirate alla leva del freno per notare delle differenze abissali. La cosa che lascia quasi senza parole è la facilità con cui si lascia condurre, lineare e mai scorbutica in percorrenza di curva così come in inserimento, non particolarmente rapida nei cambi di direzione, danza da una curva all’altra seguendo gli spostamenti del corpo del pilota con una pulizia disarmante.
Me la immaginavo come un cavallo imbizzarrito, una moto da corsa anni ottanta, di quelle che ti facevano venire i calli sulle mani e ti scalciavano ad ogni uscita di curva (o forse mi confondo con le odierne supersportive da 200 e oltre cavalli?), e invece mi devo ricredere e ne rimango stupito, o meglio capisco perché questa moto sia un mito e perché abbia vinto tanto soprattutto su strada e nelle gare endurance, contesti nei quali la prestazione pura viene messa in secondo piano rispetto alla guidabilità. Potrei continuare per un’ora intera a girare e sono sicuro che non mi stancherei tanto quanto mi succederebbe sulla Panigale in quattro giri tirati.
Con la Ducati dopo due giri ti sembra che sia lei a comandare, cerca costantemente di scapparti via da sotto le chiappe sia in accelerazione sia in frenata, mentre le prestazioni umane della Honda ti fanno sentire sempre il protagonista e soprattutto l’artefice del tuo destino!
Le prestazioni sono cresciute, in termini di potenza e di prestazioni dinamiche, forse anche troppo (anzi toglierei il forse) ma se parliamo di piacere di guida la Honda riesce a dare ancora tanto, e ci si accorge di come ci si riesca a divertire anche senza l’elettronica di controllo, ormai divenuta obbligatoria a causa delle prestazioni mostruose raggiunte dalle sportive odierne. Certo stiamo parlando di una versione della RC30 lontana anni luce dalla stradale, ma sempre di una trentenne si tratta. Noi però siamo bambini davanti alla vetrina dei giocattoli, e questo mi riporta al giorno in cui la vidi su un piedistallo dentro una concessionaria, bocche aperte e sguardi persi per tutto il gruppo di ragazzini arrivati in sella alle proprie centoventicinque.
Provare una moto del genere a distanza di così tanti anni poteva rivelarsi una delusione, un po’ come conoscere il proprio idolo e scoprire che è di una noia mortale! Invece no, questa moto mitica ha dimostrato di essersi guadagnata questo status, e lo porta avanti con grande classe. Chissà quante Honda riusciranno a fare lo stesso. Ci si rivede tra una trentina d’anni!
Maggiori informazioni
Moto: Honda VFR 750R SBK e Ducati Panigale V4R
Tester: Francesco Paolillo, Maurizio Vettor e Maurizio Gissi
Luogo: Circuito di Pergusa, Sicilia
salut!