Test Pirelli: come funziona il "gommone"?
La potenza è nulla senza controllo. Così recita(va) una delle campagne pubblicitarie più azzeccate e famose di sempre, corredata da immagini geniali nella loro evocatività e nella capacità di unire tutti i campi in cui Pirelli era presente, magari anche solo in veste di sponsor extrasettore. La campagna era relativa al prodotto auto, ma come ben sa chiunque abbia mai guidato una moto, a numero di ruote dimezzato il concetto è ancora più vero. Se non si è in grado di scaricarla a terra, la potenza è assolutamente inutile se non addirittura pericolosa.
Un concetto apparentemente scontato, ma nella realtà la situazione è molto più complessa. Molti motociclisti, anche esperti, pensano che una gomma si valuti solo per il grip che è in grado di offrire. Che si tratti solo di massimizzare l'aderenza a terra, e tutto il resto dipenda di fatto da telaio, sospensioni e in generale dalla moto.
Niente di più lontano dalla realtà, ovviamente. La gomma è il singolo componente in grado di modificare nella maniera più radicale il comportamento di una moto in termini di agilità, stabilità, trazione, efficacia della gestione elettronica e, di conseguenza, stile di guida necessario per trarne il meglio. Tutte le evoluzioni nello stile dei piloti, dagli anni 70 a oggi, sono scaturite da un'evoluzione del comportamento degli pneumatici. Dal ginocchio a terra alla possibilità di chiudere le curve in derapata, dalla possibilità per l'impianto frenante di superare il limite del "G", e quindi consentire o addirittura richiedere certi comportamenti in staccata fino alla possibilità - o necessità - di sporgersi di più o di meno dalla moto.
Allo stesso modo, le gomme a loro volta seguono l'evoluzione delle moto, da competizione e stradali. Limitandoci al primo contesto, le crescenti capacità di accelerazione e frenata, sia fra i prototipi che fra le derivate di serie, che deriva dalla sempre maggior efficacia dei motori, dell'elettronica che li tiene a bada e degli impianti frenanti, ha richiesto una sempre maggior superficie di contatto con il terreno (date retta, non volete sapere a che larghezza di canale per il cerchio anteriore si è arrivati in MotoGP...) che però, se non si lavora sui profili, va in conflitto con la maneggevolezza.
Perché tutto questo pistolotto? Perché per capire bene di cosa stiamo parlando quando facciamo riferimento al "gommone" Pirelli, ovvero le misure 125/70 per l'anteriore e 200/65 al posteriore (e il 190/60 destinato alla classe Supersport) è necessario assimilare bene questa premessa. Perché, come abbiamo scoperto in una bellissima giornata al Mugello assieme ad Alessandro Gramigni - iridato in 125 nel 1992, protagonista nelle cilindrate superiori dei prototipi, più volte campione italiano con le derivate di serie e infine consulente per lo sviluppo con Pirelli, oltre che istruttore di guida e preparatore dei "Kit Gram" - per comprendere appieno come si sfruttino al meglio queste nuove misure di gomma è necessario capire bene quali siano le esigenze da cui sono scaturite. Leggete oltre, proviamo a spiegarvi tutto...
Un po' di storia...
...ma il minimo indispensabile, ve lo giuro. La nuova misura è nata a seguito della constatazione che le Superbike del Mondiale di fine anni 10, ormai capaci di accelerazioni di livello elevatissimo soprattutto grazie ai progressi della gestione elettronica, stavano iniziando a stressare sempre di più le Diablo Superbike della generazione precedente. Uno stress che causava surriscaldamenti al posteriore, fenomeno che naturalmente portava a un'usura elevata e della gomma e quindi a una precoce perdita prestazionale - quel "drop" con cui piloti e team indicano il momento in cui il rendimento dello pneumatico cala bruscamente.
Diverse squadre, nel tentativo di aggirare il problema, cercarono di far funzionare le gomme con pressioni particolarmente basse: uno stratagemma che facilita la deformazione della gomma aumentando l'impronta a terra. Allo stesso tempo, però, se la struttura della gomma non è pensata per lavorare a quelle pressioni, i movimenti che si generano causano l'effetto opposto, arrivando a situazioni come la gomma che "ruota" sul cerchio e diventa addirittura potenzialmente pericolosa. Tanto che, come ricorderà bene chi segue il Mondiale Superbike con attenzione, Dorna e Pirelli arrivarono a mettere in atto un sistema di controllo per evitare queste "sperimentazioni" autarchiche.
Allo stesso tempo, a casa Pirelli ha continuato a lavorare con sviluppo e sperimentazione, arrivando alla soluzione dei nuovi profili, più larghi ma anche più "a pera", in maniera da aumentare la superficie di contatto fra pneumatico e asfalto (tanto all'avantreno quanto al retrotreno) senza penalizzare troppo la rapidità nell'inserimento e nei cambi di direzione. Ecco quindi nel 2019 il debutto della gomma larga, con il 125/70 al posto del 120/70, e soprattutto del posteriore 200/65 che va a sostituire il 200/60. Come al solito, la soluzione è stata proposta prima come gomma di sviluppo nel Mondiale, entrando a far parte dell'offerta standard - e arrivando quindi sul mercato - nel 2020. E poi è arrivato il Covid, che ha fatto sì che fra questo arrivo e la nostra analisi siano passati un paio d'anni, anche se qualche assaggio l'avevamo già avuto in precedenza durante qualche test "fuori standard"...
L'arrivo delle nuove misure, a cui hanno fatto rapidamente seguito anche la 190/60 per la classe Supersport 600 e poi le 110/70 e 140/70 da usare sulle Supersport 300, nate secondo la stessa filosofia. Misure che affiancano quelle standard, perché come spesso accade la transizione da una all'altra non è necessariamente istantanea o indolore: qualcuno, magari non capendo bene la logica di funzionamento del "gommone", non ne ha apprezzato immediatamente i vantaggi prestazionali che è in grado di offrire. Proviamo quindi a spiegarvi, con questo articolo e soprattutto nel video che trovate in apertura, come funziona e come si sfrutta il nuovo Pirelli Diablo Superbike.
Come funzionano?
L'idea, quindi, è che aumentando la superficie di contatto fra gomma e asfalto si riesca ad offrire tanto un maggior grip quanto una maggior costanza di rendimento (e quindi una minor usura) riducendo lo stress sulla gomma e quindi il surriscaldamento. Pensate di dover sbloccare un tappo di bottiglia: se applicate la stessa forza attraverso un foglio di carta vetrata che vi copre tutto il palmo, o se lo fate invece usandone solo una strisciolina, nel primo caso farete molta meno fatica e sbloccherete il tappo, nel secondo ne farete di più, la strisciolina consumerà la sua grana in misura maggiore e forse non riuscirete nemmeno a sbloccare il maledetto tappo.
Sembra perfettamente lineare e intuitivo. Ma allora perché al Mondiale tutti i piloti hanno immediatamente trovato benefici indiscutibili, mentre nei campionati minori qualcuno si è addirittura trovato ad andare più piano? Perché di fatto non si tratta di una soluzione "plug and play". O meglio, come tutte le Pirelli anche il "gommone" è estremamente facile, comunicativo e non richiede profonde variazioni dell'assetto per rendere al meglio, ma sicuramente ha bisogno di qualche accortezza per poter offrire i suoi benefici.
È proprio qui che entrano in gioco il "Gram" e il sottoscritto, che si è trovato nell'invidiabilissima situazione di poter girare al Mugello per tutto il giorno, in sella alle Yamaha R1 preparate con uno dei kit sviluppati da Alessandro Gramigni (a cui dedicheremo fra qualche giorno un servizio separato) potendo seguire i suoi consigli per capire come deve cambiare la guida e quali accortezze seguire quando si decide di provarle.
Bene, cosa devo fare?
Iniziamo da una precisazione che può sembrare superflua ma a quanto pare non lo è: la gomma larga va utilizzata sia all'avantreno che al retrotreno, non è possibile - o meglio, non è redditizio - montare solo il posteriore o solo l'anteriore, pena trovarsi con una moto troppo carica davanti o dietro, generando ovviamente scompensi d'assetto. Vi abbiamo ripetuto fino alla nausea quanto Pirelli investa nella sperimentazione per armonizzare il comportamento delle sue gomme, e a maggior ragione le nuove Diablo Superbike non fanno differenza.
In secondo luogo, l'aumento della circonferenza del posteriore causa un leggero allungamento del rapporto finale. Prendetevi un turno, o anche solo qualche giro, per capire se è necessario aumentare magari un dente di corona per compensare. Non è sempre questo il caso: il maggior appoggio in accelerazione potrebbe farvi uscire più forte dalla curva e quindi compensare la maggior lunghezza del rapporto. Se invece magari non siete dei professionisti, o magari eravate già un po' lunghi di rapporti prima, potreste trovarvi con una moto più lenta in rettilineo che quindi vi fa perdere quello che invece guadagnate grazie ai benefici del "gommone".
E infine veniamo alla parte del pilota. Come ben sa chiunque segua le gare (e se state leggendo questo articolo è facile che siate fra questi) lo stile dei piloti è cambiato molto negli ultimi anni. Si sporgono molto di più con il corpo, sono molto più "fuori" dalla moto, per far voltare mezzi che ormai, per accelerare e fermarsi come devono per sfruttare al massimo le potenze di motore e freni, sono lunghi e "piatti", e non più "puntati" in avanti come avveniva fino a qualche anno fa.
Questo stile, spiega il Gram, è quello giusto per sfruttare appieno le caratteristiche della gomma larga, perché la maggior impronta a terra offre la confidenza necessaria per sfruttare maggiormente peso e resistenza aerodinamica del corpo del pilota per fermare, far voltare e far uscire di curva la moto. Inoltre, se si sposta di più il corpo sulla sella, si compensa l'aumento di sezione della gomma, recuperando quel poco che inevitabilmente si perde comunque in termini di agilità nei cambi di direzione (nonostante, ripetiamo, un profilo molto più a pera che compensa la maggior larghezza) ottenendo quindi una gomma globalmente più efficace.
Insomma: c'è da faticare un po' di più. Se la slick Diablo Superbike precedente era una gomma un po' più accessibile e friendly anche sul piano della guida, la nuova richiede una guida un po' più specialistica, fisica e determinata. Si fatica un po' di più, ottenendo benefici in termini di grip (e quindi tempo sul giro, perché più potenza scarichi a terra e più frenata dentro la curva riesci a gestire, inevitabilmente più forte vai) e di durata, perché il minore stress termico allunga la vita della gomma a parità di mescola, prova ne sia che nel Mondiale Superbike la scelta dei piloti si è spostata verso soluzioni più morbide: ora è raro vedere "numeri" più alti della SC1, mentre sempre più spesso si vedono sulla griglia delle gare lunghe (e non solo della Superpole Race) le SC0 e le SCX.
Giudizio finale? Ci può naturalmente stare che preferiate il... senso di sicurezza della soluzione conosciuta, ovvero le precedenti Pirelli Diablo Superbike. A parere di chi scrive, i benefici offerti dalla nuova soluzione sono indiscutibili, anche se ovviamente richiedono un po' di fatica in più sotto forma di un maggior impegno fisico e di un'evoluzione dello stile di guida. Ma in fondo, non è per questo che si va in pista, da piloti come da amatori, per migliorare costantemente sé stessi e le proprie prestazioni? Insomma, se usate le slick, provatele. Anche perché - ci sentiamo facili profeti nonostante Pirelli giustamente si guardi bene dal dare indicazioni - la prossima generazione di Supercorsa andrà quasi sicuramente in questa direzione...