Honda celebra mezzo secolo di vittorie mondiali
Benché la più grande Casa motociclistica del mondo abbia iniziato la sua attività nella seconda metà degli anni Quaranta, il suo ingresso nel mondo delle competizioni internazionali è notevolmente posteriore.
La prima apparizione all’estero di una moto preparata dalla stessa Honda risale al febbraio del 1954, quando Mikio Omura arrivò ultimo in una gara svoltasi a San Paolo del Brasile, con la sua Dream 125. Le MV Agusta e le Mondial (quella di Pagani si aggiudicò la vittoria) erano di gran lunga più evolute, ed erano state progettate espressamente per le competizioni. Al loro confronto la moto di Omura appariva addirittura rudimentale, con la sua esile forcella a parallelogramma in tubi, il freno anteriore a tamburo laterale, che da noi non sarebbe stato montato neanche su di un ciclomotore, e il suo manubrio alto. Per non parlare del motore, derivato da un modello stradale senza alcuna pretesa.
Soichiro Honda però voleva a tutti i costi imporsi a livello mondiale. Si recò in Europa per vedere di persona le moto che gareggiavano nei Gran Premi. In quello stesso anno assistette al Tourist Trophy e a un altro paio di Gran Premi, rimenendo particolarmente impressionato dalle tedesche NSU, che sbaragliavano regolarmente il campo nelle classi 125 e 250, dalla loro tecnologia e dalla straordinaria organizzazione della Casa tedesca, per la quale non nascose mai, neanche in seguito, una forte ammirazione. Varò quindi un programma che avrebbe dovuto portare la sua azienda a realizzare delle moto in grado di conquistare il titolo iridato nel giro di alcuni anni. E prese come modello di riferimento proprio la NSU. Sembra che sia riuscito anche ad acquistarne un esemplare, dopo il ritiro della Casa tedesca dalle competizioni. In seguito, quando la Mondial pose fine alla attività agonistica, al termine della trionfale stagione 1957, acquistò anche una bialbero italiana, per analizzarla a dovere, ma evidentemente ne rimase assai meno impressionato.
Le prime Honda da Gran Premio
Fatto sta che le prime Honda da Gran Premio sembravano quasi le dirette discendenti delle NSU, numero dei cilindri escluso. La forma delle alettature, il disegno della testa e dei cilindri, il sistema di comando della distribuzione e la sospensione a levette oscillanti, apparivano in una certa misura ispirate alle straordinarie moto da corsa tedesche di qualche anno prima. Si trattava però di progetti assolutamente originali, che mostravano solo sotto alcuni aspetti una spiccata influenza germanica.
Nel 1959 la Honda venne in Europa e partecipò al Tourist Trophy con le sue 125 bicilindriche con distribuzione bialbero, lubrificazione a carter umido e comando della distribuzione ad alberello e coppie coniche, per la quali dichiarava una potenza di 18 cavalli a 13500 giri/min. Si trattava delle RC 141, dotate di due valvole per cilindro, che si piazzarono al sesto, settimo e ottavo posto. Le misure di alesaggio e corsa erano 44 x 41 mm.
Nel frattempo era stata realizzata anche una 250 a quattro cilindri, la RC 160, che non ha mai gareggiato al di fuori del Giappone. Il motore, che aveva le stesse misure caratteristiche del bicilindrico di 125 cm3, era accreditato di 35 CV a circa 14000 giri/min. Pure in questo caso la distribuzione era bialbero con comando ad alberello e coppie coniche e il sistema di lubrificazione a carter umido; il telaio era dotato di un tubo superiore di grande diametro sotto al quale era “appeso” il motore. La RC 160 è stata la prima Honda ad essere dotata di quattro valvole per cilindro, soluzione ripresa poi da tutte le moto da competizione di questa Casa.
Nel 1960 la Honda torna in Europa
Un’altra completa rivisitazione portò alla realizzazione delle moto destinate al mondiale 1961 (il primo al quale la Honda ha preso parte in maniera continua, partecipando a tutte le gare in calendario).
La 125, denominata RC 144, aveva nuove misure caratteristiche, con un alesaggio di 42 mm abbinato a una corsa di 45 mm. La potenza era dell’ordine di 20 cavalli a 13000 giri/min. La 250, dotata ora di un sistema di lubrificazione a carter secco, era denominata RC 162 e manteneva la misure caratteristiche precedenti (44 x 41 mm). La potenza era di circa 40 cavalli a un regime di 14000 giri/min. Per quanto riguarda la parte ciclistica, in entrambe le moto spiccava un nuovo telaio, con struttura superiore in tubi integrata dallo stesso motore.
La prima vittoria di questa moto è arrivata a maggio, a Hockenheim, con Takahashi (primo pilota giapponese a imporsi in un GP). Il sogno di Soichiro Honda si è concretizzato al Tourist Trophy, nel quale le sue moto hanno occupato i primi cinque posti tanto nella classe 125 quanto nella 250. L’annata trionfale è continuata fino alla conquista dei due titoli mondiali, andati rispettivamente a Tom Phillis e a Mike Hailwood. Era iniziata una nuova epoca, e la Honda entrava nella leggenda.
@ ginopino...
dai su... fatti forza e rasserenati che il tempo passa e non è sempre tutto peggio di prima,
però certo, sono d'accordo con te quando parli del manierismo di certe scelte fatte ad uso e consumo di alcuni tornaconto esclusivi dove vige la "politica dell'allarmismo da guadagno". forse le due tempi giapponesi non erano il massimo in fatto di emissioni (e neppure in fatto di freni se vogliamo dirla tutta...) ma leggevo alcuni vecchi mototecnica di un po' di anni fa e mi domandavo se sia vera ricerca di progresso ecologico considerare inquinanti mezzi come le moto di piccola cilindrata che percorrevano 30 - 40 km con un litro di miscela al posto delle attuali che arrivano a percorrenze di circa la metà se va bene. tanto per chiarire il concetto, la mia lemans 850 senza filtro dell'aria e con gli scarichi di serie percorreva i 21-23 km/l in configurazione "vacanza" (su in due) e i piccolissimi serbatoi delle moto da corsa di 30 anni fa, la dicono lunga in fatto di consumi, quindi sì, ora più che mai viva l'urlo della rc 166 che ogni tanto riascolto sul link che ho postato prima e che giuro, mi commuove ancora ogni volta, come fosse la prima
Amarcord