Nico Cereghini: “Quel Fenati è un pilota nuovo modello”
Ciao a tutti! Quando Rossi vinceva la sua prima gara mondiale in 125, a Brno nell’agosto del ’96, Romano Fenati compiva sei mesi di vita. E domenica scorsa a Jerez eccolo trionfare anche lui nella stessa classe, diventata nel frattempo Moto3, e addirittura alla seconda occasione e non all’undicesima come fece Valentino. Due fenomeni, certo: due marchigiani, due piloti eccezionali fin dai primi passi tra i grandi. Ed è bello che Romano vinca proprio quando Vale sta purtroppo arrancando. Naturalmente io confido che anche Rossi torni a primeggiare, e possibilmente con la Ducati; ma intanto una giornata come quella che abbiamo appena vissuto ci dà il senso delle cose che passano ma non per questo finiscono del tutto, e anzi sono capaci di ripetersi per scaldarci il cuore.
Fenati, che Guido Meda ha battezzato simpaticamente “il cinghialotto” per il suo fisico compatto, ha dominato una gara difficilissima, una corsa che molti piloti ben più scafati di lui hanno clamorosamente buttato in voli spettacolari e per fortuna incruenti. Era dura, guidare sull’asciutto con tante pozzanghere rimaste bagnate, e invece Romano, sereno come fosse al Motoraduno della Futa con una Vespetta-codice, se ne andava via pulito ma con un passo irresistibile, fino a guadagnare un incredibile vantaggio superiore al mezzo minuto.
In quarant’anni di corse non avevo ancora visto un soggetto così. Di lui mi colpiscono tre qualità: la
lucidità da veterano, sorprendente anche per i suoi stessi colleghi della MotoGP, come Rossi e il Dovi; poi la rapidità delle reazioni, che lo ha salvato domenica quando la moto gli è partita dietro più di una volta e lui l’ha ripresa in un attimo; e infine la naturalezza con la quale fa e dice le cose. Imperturbabile. Alla prima curva Romano ha superato almeno sette piloti su una linea tutta esterna, una traiettoria che ha seguito soltanto lui. L’avevi studiata prima? Gli ho domandato nel dopogara. “No, ho chiuso gli occhi ed è andata bene” ha risposto.
E io non so dire se davvero è sincero. Perché così appare, effettivamente. Tutti voi che l’avete sentito nelle interviste in tivù potete confermarlo. Però non è certo uno sprovveduto, e anzi mi pare abbastanza sveglio da aver capito che è meglio non raccontare mai tutta la verità. Specie ai giornalisti. Mi ricorda un po’ il Capirossi dei primi anni Novanta, che era furbo anche a quell’età. Certamente non ha nulla della spavalderia del giovane Biaggi che si fece un boccone di Chili e Reggiani, o di Valentinik che scarrozzava la bambola Skiffer sull’Aprilia 125 al Mugello. E nemmeno ha l’aria sicura di Ago o di Roberts. Per dire dei fenomeni. E’ semplicemente tranquillo, consapevole, un modello nuovo. E se questa è la nuova generazione che avanza, allora devo dire che mi piace molto.
Dr. Costa sempre grande!
Costa forever...
de rosa