I viaggi dei lettori: la memoria dell’Elefante
Nel lontano inverno del 1994 ricordo che, allora diciassettenne, uscii nella fredda sera di Natale in motorino per fare un giro in notturna sull’appennino con gli amici. Usavano in quegli anni felpe di tipo etnico sudamericano, scarpe Clarks e pantaloni Levis 501, questi, oltre essere la divisa d’ordinanza alle manifestazioni studentesche dettata dalla moda del momento costituivano anche il mio abbigliamento da moto.
Per fronteggiare i rigori dell’inverno sull’appennino integrai il tutto con una sciarpa di lana, regalo di una fidanzatina, ed un casco integrale Nava senza visiera ereditato da un cugino ricco.
L’esperienza fu traumatica, non bastarono l’incoscienza, il rombo del Fifty nè la sete di avventura a vincere il freddo.
Fummo costretti a rifugiarci nella chiesa di un paesino per riscaldare animi e corpi, le mani gelate ed i corpi intirizziti, poi dopo mezzanotte, finita la messa, ripiegammo sconfitti nelle nostre case. A ripensarci però che figata il mio primo incontro con il freddo in moto!
Sopito l’entusiasmo iniziale, da quella notte ho sempre avuto un pessimo rapporto col binomio moto-freddo, evitando quando era possibile di commettere nuovamente l’errore giovanile.
Trent’anni dopo arriva la proposta da un mio amico, Carlo: andiamo alla 66esima edizione dell’Elefantentreffen, uno dei raduni invernali più conosciuti e più temuti, programmato in baviera (uno dei posti più freschi dell’Europa continentale), nei cosiddetti giorni della merla (i giorni più freschi dell’anno)... Insomma tutti ingredienti per un ottimo cold drink al sapore di benzina ed avventura. Non ci penso molto, sono curioso mi faccio coinvolgere ed accetto.
La squadra si compone di tre persone Carlo e Mattia da Imola io che vengo da Genova, storie diverse ma stessa passione.
Organizzazione e preparazione della gita si perfezionano, secondo la moda dei tempi moderni a mezzo chat condividendo, equipaggiamenti, strategie di gestione del freddo, timori di congelamento ed evocando la memoria dei grandi esploratori delle terre sconfinate dell’Antartide.
Il rendez vous, seguendo una perfetta logistica, è fissato presso la tenuta “le Polenghe” di Imola giovedi 1 febbraio ove ci aspettano 3 Africa Twin CRF1100 L, versione standard messe a disposizione da Honda Italia.
Giusto il tempo di montare i “manchons” ed i cupolini alti recuperati all’ultimo minuto su subito.it, divorare l’ottima crostata preparata dalla signora Nerina, mamma di Carlo e siamo subito in strada verso il Brennero.
L’autostrada corre veloce, le temperature sono alte per la stagione, passiamo Bologna poi Verona, la pianura con la sua monotonia lascia spazio alle montagne, imboccata la valle che porta a Trento le temperature cominciano a calare.
La moto borbotta sorniona in autostrada e mi racconta storie di polvere e sabbia, io le anticipo che a sto giro dovrà prepararsi a fango e neve, non mi da retta più di tanto e continua a divorare la strada.
A Bolzano stufi della monotonia autostradale scendiamo in statale: un pò di traffico, curve, paesini, temperature sempre più basse ed arriviamo a Vipiteno belli infreddoliti.
Entriamo in un bar e sperimentiamo per la prima volta il metodo di lotta con il freddo: “la sosta riscaldante” ovvero ci si ferma in un locale riscaldato, si consuma una tazza di liquido caldo e nel giro di 15-20 minuti, ripristinata la temperatura corporea, si può ripartire di nuovo in splendida forma.
Appena usciti vediamo che sul Brennero butta male: nubi basse e minacciose, qualche goccia di pioggia, il sole sta cominciando a calare; la decisione è rapida ed irrevocabile: autostrada e tiriamo ad arrivare ad Innsbruck prima possibile.
Il fantasma di Roald Amundsen ci aspetta in cima al Brennero avvolto di vento e di neve, la muta sonnecchiante di cani da slitta sdraiata nel bianco parcheggio dell’autogrill e mi avverte che il freddo è una storia seria da queste parti alla quale la gente di mare non è abituata.
Salutiamo e ripartiamo verso Innsbruck talmente infreddoliti da non capire perchè ci vengano chiesti i 12 euro di pedaggio del ponte Europa, ma la sofferenza dura poco arriviamo all’hotel e posteggiate le moto possiamo finalmente rilassarci.
Venerdi mattina partenza con calma, il programma prevede antipasto di autostrada lungo la valle del fiume Inn fino al confine con la Germania, un percorso monotono con monti ai lati reso ancor più noioso dal draconiano limite dei 100 all’ora delle autostrade austriche.
Per sconfiggere la noia mi cimento con i blocchetti comandi dell’Africa, dotazione completa ed interessante per uno come me abituato a moto che hanno l’orologio come unico optional. Lungo le sponde del fiume Inn incontro un comando magico: il cruise control, uno dei comandi più comodi ed intelligenti che abbia mai provato su una moto (dopo il DCT si intende del quale sono grande fan).
Passo quindi un bel quarto d’ora ad accelerare con la levetta ed a provare i comandi che lo disattivano, al termine delle prove, doganieri con mitraglietta ci danno il benvenuto in Germania.
Da Rosenheim inizia la statale con accompagnamento di pioggia, una sosta riscaldante è d’obbligo, guardiamo le previsioni, pioggia passeggera, durerà circa un’ora, rischiamo: niente antipioggia.
La fortuna aiuta gli audaci, smette di piovere mentre attraversiamo le morbide colline della bassa baviera tra pascoli vacche e fattorie. Verso le 15, sotto un cielo plumbleo ed uggioso raggiungiamo Solla il paese nel quale si tiene il 66 esimo Elefantentreffen.
Il paese è posto su un colle dal quale si diparte una stradina in discesa che, sorpassato un piccolo gruppo di case raggiunge il fondo di una vecchia cava: la famosa “buca”.
Lo chiamano il raduno degli elefanti perché ebbe origine, nel dopoguerra come raduno di sidecars ex militari, soprannominati appunto “elefanti”, negli anni si sono aggiunte anche le due ruote, è rimasto invece immutato il periodo dell’anno in cui si svolge (fine gennaio inizio febbraio) in modo da garantire ai partecipanti temperature rigide e la magia di panorami imbiancati.
L’organizzazione dal canto suo per la modica cifra di 40 euro mette a disposizione un campo prevalentemente in pendenza, ottimo per montare la tenda e non riuscire a dormire, qualche stand gastronomico, e il lasciapassare per il più assurdo dei raduni.
I partecipanti sono di vario genere e di diversa provenienza, sicuro quelli che si notano di più (per la distanza non solo geografica dall’italica visione di motociclismo) sono i tedeschi... Forse per una recrudescenza delle loro origini barbariche, forse per la sicumera di chi si sente padrone di casa, incarnano veramente la versione più primitiva del motociclista che io possa immaginare…..un misto tra i personaggi di Mad Max e del Signore degli Anelli.
Le moto sono come sempre lo specchio dei loro proprietari, quindi ti capita di vedere un SR 50 Aprilia con il sidecar o un r1100R con le tassellate e la pelliccia di pecora sul serbatoio.
In questa edizione senza neve, viste le temperature tutto sommato miti, il tutto viene reso ancora più grottesco dal fango che fa sembrare le strade che attraversano l’accampamento di tende il percorso della speciale l’ultimo giorno della SIX days a Zschopau.
Se c’è un girone infernale studiato da Lucifero per il motociclista italiano fighetto con endurona e risvoltini, ecco me lo immagino cosi!!
In realtà il clima è di pura e sana follia motociclistica ma si respira passione e condivisione, voglia di assaporare le cose semplici come un fuoco, una tenda, una tazza di vino caldo o un boccale di birra in compagnia di altri appassionati raccontandosi le avventure che, sfidando freddo ed intemperie, ci hanno portati qui. Sicuro la presenza di neve rende tutto più estremo, magico e avvincente, purtroppo o per fortuna quest’anno ci dobbiamo accontentare del fango.
Ero partito come un esploratore antropologo, con l’interno di sviscerare le azioni dai motivi e comprendere perché in tanti qui venissero o peggio ancora qui tornassero ogni anno.
Alla fine non l’ho capito ma scesa la notte, di fronte ad un fuoco, le tende malamente montate interno a noi, le stufette al loro interno, le luci fioche dei falò intorno, ho percepito vibrazioni positive ed ho pensato che il fatto stesso di essere arrivato qui ti consente di far parte di un ristretto gruppo di appassionati motociclisti, per i quali la passione e il piacere di esplorazione hanno ancora la meglio sul freddo e sulle intemperie.
Proprio per fuggire alle intemperie passiamo la notte in una pensione a pochi chilometri dal raduno, salutati gli amici di Imola con i quali abbiamo trascorso la serata e che dormiranno in tenda nella parte alta della buca.
La mattina facciamo ancora un salto al raduno per assaporarne un’ultima volta l’atmosfera e vedere le grandi manovre di smobilitazione generale del campo.
Sorseggiando un the caldo, gli occhi rivolti alla “buca” pianifichiamo il ritorno: di fare lo stesso percorso non se ne parla, piove una pioggia sottile, ma le previsioni danno miglioramento. La decisione è presa : si torna passando da Belluno...
Il ritorno diventa quindi una scorpacciata di strade statali e paesaggi che dura circa 800 km percorsi in due giorni; partiamo con pioggia da Solla ma già nelle pianure della bassa baviera spunta il sole, prima di Salisburgo le Alpi si stagliano dietro le verdi colline.
Passato Salisburgo inizia il tratto alpino: in moto, in montagna, in mezzo alla neve: una piacevole novità per me, novità che ci accompagnerà fino a Cortina d’Ampezzo.
Le immagini che mi restano più impresse di questo tratto sono le Africa Twin a fianco agli impianti sciistici nella cittadina di Kitzbuhel ed il sole che sorge dietro il lago di Misurina ghiacciato alle 8 del mattino a -5.
Passate le alpi scendiamo la valle Piave, alcune soste riscaldanti d’obbligo a causa delle temperature e presto imbocchiamo l’autostrada a Belluno.
Ormai sentiamo l’odore di casa (io neanche tanto perché da Imola devo poi tornare a Genova), mancano un paio di ore, l’Africa twin ronza tranquilla, la noia e la stanchezza mi fanno visita lungo il lago di Santa Croce.
Per ingannare il tempo ripenso a questi giorni, mi emancipo dalla visione di moto come semplice mezzo e comincio ad inquadrarla come un generatore di emozioni che attraversa luoghi ed incontra persone.
All’altezza di Valdobbiadene, forse per i vapori del prosecco nell’aria, mi immagino alla BBC, ospite di Top Gear, seduto sulla poltrona in pelle verde ricavata dal sedile di una vecchia muscle car americana intervistato da un sarcastico Jeremy Clarkson che mi incalza con le sue domande.
Vuole assolutamente che io riassuma in quattro risposte questa esperienza motociclistica, il pubblico in sala è inspiegabilmente curioso….
“So did you like it?” Ti è piaciuto?
Si molto! Non credevo.
“You would do it again?” Lo rifaresti?
Forse no, forse si….ma solo per la curiosità di arrivare a Solla con la neve e dormire in tenda.
“Manual gear or DCT ?“ Manuale o DCT?
DCT tutta la vita (come dice Carlo) : per il turismo a medio raggio con percorsi in statale ed autostrada, ti consente di guidare in completo relax, evitare di toccare la leva della frizione che sembra di ghiaccio, e se ti va di tirare due marce la puoi buttare su “manual”.
“what do you need to go to Elefantentreffen?” Cosa serve per andare a questo raduno?
Beh sicuro voglia di avventura, voglia di confrontarsi con situazioni non esattamente convenzionali, curiosità, due buoni compagni di viaggio, un buon equipaggiamento, manopole riscaldate e moffole antifreddo da metter sul manubrio. Ma soprattutto bisogna ricordare e mantenere vive quella passione e quella voglia di esplorare che fecero uscire in motorino un ragazzino nella ghiacciata notte di Natale di trent’anni fa, insomma serve la memoria dell’Elefante.
Alessandro
Fatto nel 2004 con neve e ghiaccio (raggiunti i -22º a Vipiteno) in moto ovviamente.
Rifatto nel 2008 con fango (poco freddo). Deludente. Ma la pazzia divertente fu di averlo fatto in scooter SH 300 tutto d’un fiato. 1200km in 13 ore all’andata. 11 ore per il ritorno.
Ero quasi giovane, ci sta. Non lo farò mai più. Una volta basta e avanza per vedere le “follia” dei barbari 😂