La Desmosedici giudicata da Rossi, Hayden e da chi l'ha guidata
Quando una persona chiama la polizia per dire che sta andando in autostrada e sono tutti contromano si tende a pensare che il matto sia lui, e che abbia imboccato l’autostrada nel verso sbagliato. Quando le telefonate però diventano prima due, poi tre e quattro, magari di gente che da quel tratto di autostrada è uscita e può raccontarlo, si inizia a pensare che non sia automatico che i matti siano loro. O che quantomeno la verità possa stare nel mezzo.
Rossi e l'incredibile Stoner di ieri
Non c’è nulla di particolarmente nuovo o sconvolgente nelle due interviste che Valentino Rossi e Nicky Hayden hanno rilasciato rispettivamente all’edizione italiana di Rolling Stone e alla statunitense On Track/Off Road, ma si tratta di altre due tessere di un puzzle che ormai non lascia più troppe possibilità di interpretazione.
Più categorico Valentino, che conferma diverse dichiarazioni espresse a mezza voce in precedenza – l’aver capito subito, dal primo test, la gravità della situazione tecnica della Desmosedici ma anche l’aver realizzato già durante il primo anno come un ritorno alla competitività per la V4 bolognese in tempi brevi non rappresentasse che una chimera. Parole molto dure, rafforzate da una dichiarazione di stima per Stoner quale mai si era sentita, stante l’antipatia che li aveva sempre divisi. «Casey ha fatto un lavoro incredibile con la Ducati e se riguardo la sua telemetria non capisco come abbia fatto. La gente pensa che Stoner fosse molto veloce, ma poco intelligente e per questo alla fine ha fatto il botto. Ma la realtà è che con la Ducati ha dovuto guidare sempre oltre il limite, andare più forte possibile. E se guidi così, alla fine ti schianti»
Hayden e il ricordo agrodolce
Un giudizio che però non basta a mitigare la valutazione sulla competitività Ducati: Valentino si dichiara sicuro che se Stoner salisse domani sulla Desmosedici di Dovizioso non farebbe comunque meglio di un sesto posto. Una valutazione che Hayden mette in luce leggermente diversa, pur avendo la possibilità – scaduti i suoi obblighi contrattuali – di dare l’opinione di chi ha vissuto in prima persona cinque anni di carriera in Ducati. «Abbiamo fatto risultati discreti in passato, e i tifosi Ducati sono gente appassionata che mi ha sempre riservato grande affetto. Ma la cosa più importante sono i risultati e quindi non voglio riempirvi di balle, quando ripenserò ai miei anni in Ducati non resterò con un gran sapore in bocca»
Una valutazione strettamente legata alla parabola della competitività della Desmosedici ma soprattutto all’atteggiamento della Casa madre almeno fino all’ultima svolta, avvenuta con l’ingaggio di Gigi Dall’Igna. «Alla fine non è questione di pilota – Ducati ne ha provato uno, poi un altro, poi un altro ancora. Ne ho sentite di tutte, "proviamo Biaggi!", e alla fine c’è stata un sacco di gente che ha provato la Desmosedici. Non è solo questione di pilota, anche se qualcuno non è d’accordo: i tecnici Ducati, per esempio, che l’hanno voluta far guidare a De Angelis, ma anche ad un altro italiano prima di Valencia. Non è questione di pilota, è la combinazione moto-pilota che deve funzionare, e sono felice di aver contribuito a dimostrarlo restando qui cinque anni a lottare»
Melandri e la psicoterapia
Parole sicuramente dure, ma non molto diverse da quelle pronunciate da altri piloti prima di lui – Melandri ad esempio, che disse senza mezzi termini come la squadra si rifiutasse di credere che il problema potesse stare nella moto ed arrivò a volerlo sottoporre a consulenza psicologica. All’epoca non era facile dare torto al Team viste le prestazioni di Stoner sullo stesso mezzo; con il beneficio del senno di poi è però impossibile non ridistribuire meriti e responsabilità. La Desmosedici era sicuramente più competitiva, forte di pneumatici sviluppati sulle sue esigenze e non viceversa, ma serviva un genio della guida motociclistica come Casey Stoner per riuscire a portarla al livello della concorrenza. Lo stesso Stoner, perfettamente in tono con la sua personalità caustica ma pragmatica, non ebbe grossi problemi a descrivere la differenza prestazionale fra la Desmosedici e la RC212V quando ci salì per la prima volta nel 2011: «Finalmente ho una moto che mi permette di scegliere più di una traiettoria per andare forte»
Non è nemmeno difficile decifrare nelle dichiarazioni di Dovizioso, ancora sotto contratto ed in ogni caso troppo professionista per lasciarsi andare a commenti inopportuni, ma soprattutto in quelle di Crutchlow, un’ulteriore riprova di quanto sia grave la malata Desmosedici. E del fatto che la politica dei piccoli passi immaginata ed attuata da Durheimer e Gobmeier – sempre meno credibile se non nella mai troppo nascosta veste di unico sistema per traghettare in un qualche modo un’organizzazione verso una diversa organizzazione – abbia fallito miseramente. Se qualcuno credeva che nel 2012 si fosse toccato il fondo, l’impressione è che all’inizio dell’anno si sia preso il badile e iniziato a scavare.
Ripartenza con il passo giusto
Al momento però l’impressione è di vedere un accenno di luce in fondo al tunnel. Non tacciateci di piaggeria se facciamo coincidere l’arrivo dell'ingegner Claudio Domenicali – che Ducati Corse l’ha gestita per tanti anni e con un certo successo, oltre ad essere un motociclista sportivo in prima persona – con quell’inversione di tendenza che, pur non avendo ancora dato risultati, ha però portato all’ingaggio di Gigi Dall’Igna. Un tecnico che conosce bene tutti gli aspetti delle corse, ne siano dimostrazione i successi in Superbike ma anche le prestazioni delle ART, sia pure castrate da un appoggio molto relativo da parte della proprietà, e che ha dato prova in passato di tenere in grande considerazione il fattore umano. Non è un caso che collaudatori e piloti da utilizzare in questo ruolo, in Aprilia, siano sempre stati scelti con grande attenzione.
Mettiamoci anche qualche segnalazione che sta spuntando fra i media specializzati indirizzata a lasciar pensare come nel calderone tecnico della Desmosedici, soprattutto in zona telaio, stia bollendo qualcosa più di quanto non si veda da fuori e il quadro assume di colpo tinte più rosee di quanto non sembri di primo acchito. Anche perché risorse e determinazione di Audi sono fuori discussione: prova ne sia il solo fatto di innestare una retromarcia rispetto a decisioni prese ad alti livelli a meno di nove mesi di distanza (il passare il timone da Gobmeier a Dall’Igna); retromarcia che, tra l’altro, offre anche la riprova della rapidità nei cambiamenti di direzione possibili all’interno del gruppo tedesco.
L’ora più buia, recita un vecchio adagio, è quella che precede l’alba. Che in Ducati il cielo all’orizzonte stia iniziando a schiarire?
telemetrie casey - rossi
Capirono tutti che rossi avrebbe fatto la figura di tutti i compagni di casey , con la differenza che ebbe la grande fortuna di non trovarselo come compagno di squadra.
Quando si trovavano tra di loro , giravano battutacce di derisione nei confronti di rossi e domenicali , che non è stato mai consapevole di avere in squadra il talento più mostruoso degli ultimi 30 anni.
La honda non aspettava altro........
mm52 capiroxi