“Salva motociclisti” o ci condanna?
Ma davvero il decreto “salva motociclisti” costituisce un progresso per la nostra incolumità? Qualcuno lancia l’allarme: sembra che le nuove norme siano così complesse da rendere di fatto difficile, nonché assai costosa, l’effettiva installazione dei dispositivi che ci stanno a cuore per proteggerci dai micidiali guardrail.
Andiamo con ordine: il 13 maggio abbiamo riportato sul sito (qui l’articolo di Alfonso Rago), l’annuncio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che confermava di aver registrato il famoso decreto alla Corte dei Conti e dichiarava che presto si sarebbe passati all’entrata in vigore. Era stato lo stesso ministro Toninelli, dopo l’incontro con la mamma di Elena Aubry (qui la nostra intervista a Graziella Viviano), ad attivarsi per accelerare l’iter del decreto.
“In particolare- recita il comunicato della settimana scorsa- il decreto prevede l’obbligo di installare barriere salva-motociclisti su tutte le curve circolari caratterizzate da un raggio minore di 250 metri nei casi di interventi di nuova costruzione, di adeguamento di tratti stradali esistenti che comportano varianti di tracciato e/o rinnovo delle barriere di sicurezza stradali su tratti significativi, oppure su strade esistenti non soggette ad interventi ma dove siano avvenuti nel triennio almeno cinque incidenti con morti e/o feriti, che abbiano visto il coinvolgimento di motoveicoli e/o ciclomotori. Questo decreto, approntato dal Ministro Danilo Toninelli e dal sottosegretario Michele Dell’Orco, pone l’Italia tra i pochissimi Paesi europei ad adottare specifiche barriere protettive per l’incolumità di scooteristi e motociclisti”.
L’avvocato lancia l’allarme
Giovanna Guiso di Motospia.it ha intervistato il 16 maggio l’avvocato Barbara Vancini, specializzata in responsabilità civile e delle Pubbliche Amministrazioni, nonché consigliere della Camera Civile di Bologna e membro dell’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Bologna. Che afferma:
"Purtroppo non siamo affatto a una svolta: se è già difficile installare i DSM (dispositivi salva motociclisti) sui guardrail esistenti, dopo l’entrata in vigore del decreto Salva Motociclisti sarà impossibile. Finora il vuoto normativo creato dalla mancata attuazione, in Italia, della Circolare di recepimento della normativa europea EN 1317-5, ha permesso ad alcune amministrazioni virtuose di installare i DSM sul proprio territorio tramite la sperimentazione e il rifacimento delle strade. I DSM costituiscono una “Modifica Moderata” di installazione, che ai sensi della normativa europea UNI EN 1317-5 appendice A.3 e A.4, possono essere installate se il fabbricante fornisce un rapporto da parte di un progettista qualificato con la prova dei metodi utilizzati, comprese le specifiche del prodotto, e i calcoli e/o risultati di prova confrontati con i valori originali.
La verità –prosegue l’avvocato- è che con il nuovo Decreto la situazione peggiorerà ulteriormente: i DSM non si potranno installare o sperimentare su tutto ciò che è preesistente al 2011 e al 1992, ovvero il 90% dei guardrail esistenti sul territorio, privi di marcatura CE. Il nuovo decreto agli art. 5 e 6 dispone l’obbligo di crash test su ogni singolo modello di guardrail, circostanza che non potrà essere attuata da nessuna azienda produttrice di DSM poiché troppo onerosa o comunque di impossibile esecuzione a causa della mancanza di disponibilità di guardrail su cui eseguire i crash test, dovuta al fallimento o alla chiusura di numerose aziende produttrici di guardrail".
Barriere e omologazioni
"Anas –conclude Vincini- ha recentemente presentato le nuove barriere in cui sono già integrati i DSM, da installare sulle autostrade e strade di nuova costruzione e sui rettilinei. Ma da un attento esame dell’attuale decreto, non sarà possibile installare quei DSM sui guard rail già esistenti nei punti più pericolosi: le curve! Questo decreto si può chiamare in tanti modi ma non certo decreto Salva Motociclisti".
Anche MotorLab Idee in movimento, l’associazione di Mario Volta che da tempo si prodiga per diffondere il DR46 (la banda gialla in materiale plastico) sui punti più pericolosi delle strade italiane, è allarmata. Analizzato il decreto, ha chiesto via pec al sottosegretario Michele Dell’Orco una serie di modifiche e poi, dopo una tardiva risposta, mantiene tutte le sue riserve.
"Prima del decreto - ci ha detto Volta- era possibile installare DSM sui guardrail esistenti, attraverso la sperimentazione e in virtù della normativa europea EN 1317-5 detta modifica moderata di installazione. Dopo il decreto lo si potrà fare solo attraverso costosi crash test per ogni singolo modello di barriera. Questa la realtà dei fatti. Dell’Orco ci ha annunciato l’intenzione di creare un gruppo di lavoro e nel caso aggiustare il tiro: disponibilissimi, ma non lo abbiamo più sentito".
La mamma di Elena Aubry
Graziella Viviano, che dopo la perdita della figlia un anno fa ha avuto un ruolo determinante nel sollecitare il ministro Toninelli affinchè varasse il decreto in tempi brevi è di parere diverso.
“Per me –ci ha detto Graziella- ha dei limiti ma è un buon decreto. L’ho mostrato anche agli esperti del DIS, il noto centro della sicurezza stradale: sono emerse delle criticità che abbiamo segnalato al ministero e che poi abbiamo capito e dovuto accettare. Anche a me piacerebbe l’idea di completare i guardrail esistenti con il DR46 o elementi analoghi, ma una legge di tipo nazionale non può indicare una modifica del genere senza omologarla: se poi il vecchio guardrail non reggesse?”
Anche Viviano condivide le preoccupazioni circa i tempi e le risorse economiche, ma prova ad ipotizzare una soluzione.
“Se per chiudere le buche sulle strade i soldi non ci sono, io metto lo spry e segnalo la buca. L’ho fatto a Roma e tanti hanno seguito il mio esempio e salvato qualche vita. Allo stesso modo però, e qui sono d’accordo con chi critica il decreto, bisognerebbe fare in modo che la sperimentazione possa continuare come deroga. Ho chiesto questo al ministro: un procedimento eccezionale di emergenza che consenta alle amministrazioni locali di procedere nei punti più pericolosi con appendici alle barriere, non attraverso prove di omologazione ma con simulazioni calcolate. Ripeto, una deroga come procedura eccezionale”.
Infine parliamo di quella norma introdotta nel decreto che lega la necessità di un intervento al numero delle vittime nel triennio. Questo tipo di contabilità è penosa per tutti.
“Ai tecnici del ministero –conclude Graziella- ho chiesto di arrivare prima dei morti, di istituire commissioni capaci di arrivare subito al punto, in autonomia. Ma purtroppo non c’è nulla da fare: mi hanno spiegato che quando ci sono investimenti pubblici non possono esistere margini di discussione. In un Paese civile basterebbe una commissione, in Italia verrebbero a generarsi situazioni ambigue”.
Aspettiamo il sottosegretario
Insomma, la situazione resta comunque preoccupante. E anche per noi è difficile capire se davvero il Ministero ha sbagliato qualcosa, oppure se i limiti e le leggi e le normative europee impediscono di fare un decreto diverso e migliore di questo. Per fare chiarezza sulle modifiche che in tanti chiedono abbiamo sollecitato un incontro urgente con il sottosegretario Miche Dell’Orco. Vi terremo aggiornati.
So che sembra un discorso castrante, ma certe società possono anche fallire, per conseguenze di eventi simili se non sono più che garantite.
1)la sig.ra Graziella dice, se applichiamo la protezione su un guard rail vecchio e non reggesse? Preferisco impattare su una protezione e vedere se regge piuttosto che contro un piantone attuale, e poi se deve reggere una autovettura........
2)Chi applica una barriera senza rispettare le nuove norme è responsabile di eventuali danni causati da quest' ultima, mentre chi continua a piazzare guard rail con i piantoni esposti come avviene ora non lo è..... mi sembra intelligente!!!!!! Continuerei a non prevedere responsabilità, ma avere più protezioni: per pericolose che possano essere non saranno mai come impattare in un piantone metallico di schiena!!!!!