99.999 chilometri: pronta per l'Hellas Rally
Il sole è sceso da un po’ ma fa ancora caldo, oggi ci siamo trattenuti a fare due chiacchiere dopo la girata, e ora sto tornando a casa attraversando la deserta pianura ai piedi dell’altopiano di Asiago.
Il faro è parecchio sporco e non proietta una buona luce, poco importa, conosco a menadito il percorso.
Punto lo sguardo al cruscotto. Cacchio: novantanovemilanovecentonovantasette... Proprio ora. No!
L’avevo sognato nei modi più disperati questo momento. Il più quotato era una specie di trionfale arrivo di fine tappa in solitaria sul lago rosa: io e lei in un tunnel di folla lì apposta per acclamarci. Ma a ripensarci ora non ci sarebbe stata cosa più sbagliata.
Deve andare come sta andando: noi due, soli, nel cuore della notte, senza impicci. Una cosa intima.
Mi fermo vicino ad un cespuglio, mi tolgo tutto e ce lo butto sopra. Si, i 100.000 li voglio varcare nudo.
99.998: duemila metri ci separano da un nuovo inizio, dalla fine, dal nulla..
Parto deciso, mi assaporo ogni singola detonazione. Alcune ad occhi chiusi, alcune in piedi. Altre dandomi una controllata attorno, non so come potrei spiegare i fatti ad un Agente.
Il motore sembra cantare meglio, più libero. Forse perché sono senza casco. O forse semplicemente perché non c’è nulla che mi divide da lei, il nostro contatto pelle-moto ci rende un’unica indissoluta massa vibrante. Sento ogni singolo tassello avvolgere la strada, la catena che scorre sul forcellone. Mi sembra pure di sentire l’olio che lubrifica l’albero a gomiti! 99.999 ci siamo, ci siamo!
Il cuore mi sta battendo fuori dal petto, esposto agli elementi. Procedo da un po’, ma non sta succedendo nulla. Il contachilometri non avanza e ormai mille metri li ho fatti da un po’. Magari si è rotto il sensore proprio ora, ah no, aspetta, la velocità è ancora segnata, funziona.
Già, che scemo! Dovevo aspettarmelo. Dove poteva mai comparire quel “1” che il 9 sta già ridosso del bordo sinistro del minuscolo schermo LCD?! …e se invece si fosse fermato li volutamente?
La mia WR 250
C’è gente che passa una vita a cercare la compagna perfetta, alcuni giurano fedeltà ad una marca, ad un modello. Ma sono tutte idiozie. La verità è che noi le vogliamo tutte.
Ed è vero, si trova sempre qualcosa di cui innamorarsi in una moto. Una curva, un rombo, un’emozione, un ricordo, un segreto… Ogni moto è una ammaliante creazione.
Avrei giurato che fosse proprio così. Poi un giorno, però, è arrivata lei: Yamaha WR250R, classe 2008. Affiancata nel corso del tempo dalle più svariate modelle tecnologiche e a volte anche da grandi classici, le cosiddette MILR (Moto I’d Like to Ride...). Ma con lei la storia è stata decisamente diversa: da quando è entrata in garage non se n'é mai andata.
Ricordo ancora perfettamente i nostri primi metri assieme, il primo sguardo, la prima notte sotto le stelle.
C’è stato un momento, a dirla tutta, dove per un soffio non veniva rimpiazzata da una fiammante BMW G310GS. Una sculettante modella del ventunesimo secolo, tutta tecnologia zero difetti. Abbiamo avuto una specie di storia, pubblica tra l’altro.
Me la sono cavata convincendomi che è stata una cosa un po’ come fanno i pornoattori: un “tradimento” per lavoro.
Non ne ho mai parlato direttamente con lei, ma se ne è sicuramente accorta per via degli stivali consumati differentemente sul punto dove poggiano sulle pedane. Piccole, striminzite e appuntite sulla WRR, larghe, ergonomiche e confortevoli sulla G310GS.
In questi anni non l’ho di certo risparmiata, e lei non ha mai battuto ciglio. Dalle endurate con le amiche racing ai viaggi stracarichi in due assieme alle pluricilindriche. Mai un lamento da parte sua.
Abbiamo sviluppato una bella intesa anche per le curve, con il tempo. Io grido “CURVAAA” almeno 100 metri prima. Questo è il primo avviso, per lei, per prepararsi. Poco dopo tiro un bel colpo sul manubrio con una pinzata di inserimento, secondo avviso! Smanata di gas profonda, terzo e ultimo avviso. Siamo già dentro alla curva, ma lei non lo sa ancora… Quando finalmente capisce che siamo in curva inizia a dimenarsi in tutte le direzioni. Si, non vi ho detto che non le piacciono le curve. Sono il suo problema. A volte sembra che voglia scaraventarmi via. Poi di colpo, come quando un aereo supera il muro del suono, tutto si calma e si appiattisce. È lei che è entrata in curva. Io sono già fuori, a impostare quella successiva. Nel frattempo si è pure persa il mio nuovo urlo “curvaaa” e pensa che stiamo rallentando. Invece è la pinzata di inserimento, il secondo avviso!
All'Hellas Rally
OK, il tachimetro è fermo per un semplice motivo: quei metri mancanti devono essere compiuti in un modo epico. Il traguardo di un rally raid! Un sogno, per entrambi.
Una dual 250 cc di 12 anni con 99.999 km sul groppone e un “non più ragazzino” cresciuto a pane e Dakar: entrambi che non hanno mai smesso di sognare.
Ragionando con un po di lucidità, cosa che non spesso mi riesce, vedo follemente impossibile presentarsi alla partenza di una qualunque di queste gare con una moto del genere: pesa come un pachiderma, ha la potenza di una mosca e l’agilità di un bradipo. A me piace definirla “una moto grande nello spirito, debole nell’azione”.
Ma lei è la moto su cui mi immagino quando mi penso su una moto! Noi assieme ce la siamo sempre cavata alla grande. Dobbiamo almeno tentare. Allora, se dobbiamo fare sta cosa, facciamola nel migliore dei modi...
Hellas Rally, fa parte del Campionato Europeo Rally Raid e presenta tutti i tipi di terreno che una moto (da fuoristrada) possa desiderare. In una sola gara. Duemila km in sette giorni: mare, montagna, foresta, sabbia, roccia, neve, fango… A leggerla così potrebbe sembrare il coupon di una di quelle vacanze all-in-one.
Sarà una sfida davvero interessante!
Isacco Balasso
direi duemila millimetri