Gilera 500 GP: la regina degli anni Cinquanta
Poche moto hanno lasciato nella storia dello sport e della tecnica un segno paragonabile a quello della Gilera 500 a quattro cilindri.
Basta pensare che prima della sua apparizione sui circuiti i motori con questo frazionamento e questa architettura erano sconosciuti.
I quadricilindrici avevano avuto una certa popolarità prima degli anni Trenta, ma solo su modelli di serie e con i cilindri disposti in linea longitudinale. Dopo il 1930 in pratica solo la Indian e la Nimbus hanno continuato su questa strada. Una soluzione diversa è stata proposta dalla Matchless con una interessante stradale nelle quali i cilindri erano disposti a V stretto, che però è rimasta in produzione per breve tempo soltanto.
La storia della quadricilindrica Gilera ha origine negli anni Venti a Roma, con la realizzazione, da parte di due giovani ingegneri, Piero Remor e Carlo Gianini, di un motore da competizione nel quale per la prima volta i quattro cilindri in linea erano disposti trasversalmente rispetto al telaio.
Dalla prima moto, la GRB con raffreddamento ad aria e distribuzione monoalbero, è stata derivata la OPRA, che in seguito, tra le altre migliorie, ha ricevuto una testa bialbero. Successivamente le risorse disponibili sono migliorate con la fondazione della CNA; è nata così la Rondine, sempre a quattro cilindri ma completamente riprogettata dall’ing. Gianini (1933). Il motore era ora raffreddato ad acqua e aveva testa e blocco cilindri (con canne riportate in ghisa) in un’unica fusione.
La salvezza e il vero “decollo” hanno avuto luogo nel 1936 con l’acquisizione dell’intero progetto da parte della Gilera; in breve tempo sono così arrivate la notorietà internazionale e le vittorie in serie nei Gran Premi, culminate con la conquista del titolo europeo nel 1939.
I successi della Gilera 500 hanno portato anche altri costruttori a sondare la strada del quadricilindrico in linea. La Bianchi ha realizzato nel 1939 una bella 500 a cilindri verticali mentre la Benelli nel 1940 ha addirittura costruito una 250 con tale frazionamento. Entrambe queste moto erano sovralimentate, come del resto la Gilera.
È anche doveroso ricordare che nella seconda metà degli anni Trenta la AJS ha realizzato una 500 con quattro cilindri a V di 50° e distribuzione monoalbero, che nell’ultima versione era dotate di raffreddamento ad acqua. Lo scoppio della seconda guerra mondiale ha impedito che queste tre interessanti quadricilindriche venissero sviluppate come avrebbero meritato.
La prima Gilera 500 a quattro cilindri con motore aspirato e raffreddato ad aria è stata progettata da Piero Remor nell’inverno 1946 – 47.
Lo schema costruttivo riprendeva quello di un motore 250 sovralimentato disegnato dallo stesso tecnico nel 1939 ma mai sceso in pista a causa degli eventi bellici. L’architettura d’assieme era ormai ben delineata ma diverse soluzioni impiegate sono state ben presto modificate. In particolare l’albero a gomiti in un sol pezzo è stato scartato nel 1949 in favore di un albero composito (cinque parti unite per forzamento alla pressa) con bielle prive di cappello.
Nell’autunno di quello stesso anno Remor ha lasciato la Gilera e il suo posto è stato preso da Franco Passoni che nel giro di pochi mesi ha provveduto ad apportare importanti migliorie al motore. Tra di esse spicca l’abbandono della soluzione che prevedeva testa, blocco cilindri e parte superiore del basamento in un’unica fusione in favore di cilindri individuali, separati dal basamento, e di una testa amovibile formata da due parti che si univano centralmente, in corrispondenza della cartella nella quale passavano gli ingranaggi di comando della distribuzione.
La Gilera 500 quattro cilindri ha così cominciato a vincere mondiali a ripetizione, imponendosi ben sei volte, nel 1950 e poi dal 1952 al 1957 (con l’eccezione del 1956, causa discusse squalifiche di alcuni piloti da parte della FMI).
Il motore aveva le stesse misure caratteristiche della Rondine d’anteguerra, con un alesaggio di 52 mm e una corsa di 58 mm. La distribuzione era bialbero con camme che agivano su punterie a bicchiere e due valvole per ogni cilindro, inclinate tra loro di ben 100°. Un forte angolo consentiva di impiegare valvole molto grandi, in relazione all’alesaggio, ma se si adottavano rapporti di compressione molto elevati rendeva necessario l’impiego di pistoni con un cielo fortemente bombato (e quindi pesanti e con ampia superficie esposta ai gas in combustione); di conseguenza la camera assumeva una conformazione a scorza d’arancia, che si distaccava nettamente da quella ottimale (ossia emisferica).
Nel 1950 le valvole erano da 32 e 30 mm, rispettivamente alla aspirazione e allo scarico, ma nella versione del 1957 si è arrivati a 34 e 33 mm. Per poter installare valvole molto grandi, la candela non si affacciava direttamente nella camera ma era in comunicazione con essa tramite una piccola feritoia. Questo, unitamente alla tormentata geometria della camera, rendeva necessaria l’adozione di un anticipo d’accensione che per gli standard odierni appare addirittura spropositato: oltre 60°!
I cilindri erano dotati di canne riportate in ghisa, entro le quali erano alloggiati pistoni dapprima realizzati dalla stessa Gilera, partendo dalla barra, e quindi prodotti dalla Borgo.
L’albero a gomiti composito poggiava su sei supporti di banco scomponibili, dei quali i due esterni erano dotati di cuscinetti a sfere e gli altri quattro di cuscinetti a rulli. Il basamento era costituito da una grande fusione con l’alloggiamento del cambio e, nella parte inferiore, una grande coppa dell’olio; la camera di manovella veniva chiusa superiormente da un “semibasamento” al quale erano fissati i cilindri e nel quale erano ricavati i supporti di banco muniti di cappelli.
La lubrificazione era a carter umido con pompa a ingranaggi immersa nella coppa. L’ingranaggio conduttore della trasmissione primaria era ricavato direttamente in una “spalla” dell’albero a gomiti e inviava il moto alla corona, solidale con la frizione a dischi multipli. Poiché il cambio era del tipo con presa diretta, l’albero a gomiti ruotava all’indietro (come nelle attuali motoGP).
Nel 1950 la Gilera 500 quattro cilindri erogava circa 50 cavalli a 9.000 giri/min. La potenza specifica era quindi di 100 CV/litro e la velocità media del pistone raggiungeva i 17,4 metri al secondo. La pressione media effettiva era di 9,8 bar.
Grazie alla evoluzione subita dal motore, nel 1957 questi valori sono passati rispettivamente a circa 138 CV/litro, 20,3 metri al secondo e 11,1 bar. La potenza era infatti cresciuta fino a sfiorare i 70 cavalli a un regime dell’ordine di 10500 giri/min.
Tutto si è fermato al termine di quell’anno con il ritiro dalla attività agonistica della casa (avvenuto contemporaneamente a quelli della Guzzi e della Mondial). Nel 1963 la Gilera 500 è tornata in scena ma con scarsa convinzione e nel mondiale non è stata in grado di contrastare il formidabile Mike Hailwood in sella alla MV, che nel frattempo aveva continuato a essere sviluppata. L’anno seguente le cose non sono andate meglio.
Ormai mancavano lo slancio di una volta e i mezzi necessari per una rivisitazione del progetto se non addirittura per una completa riprogettazione della moto. Dopo una serie di partecipazioni più o meno sporadiche alle gare, la favolosa 500 a quattro cilindri è scesa in pista per l’ultima volta il 30 ottobre del 1966 a Vallelunga.