In viaggio con Camilla: la Val Trebbia
È il paradiso dei motociclisti. Così le principali guide delle due ruote descrivono la Valle del fiume Trebbia. A 70 km da Milano, a poco più di un'ora di autostrada, inizia per i bikers una delle strade più divertenti del panorama italiano. "È una pista" commenta a caldo un trentenne sulla Bmw R1200R non appena finisce il tratto da Rezzoaglio a Marsaglia. Questa incantevole vallata, che da Piacenza conduce fino alla riviera ligure passando per gli Appennini e costeggiando uno degli affluenti di destra del Po, è un rincorrersi di suggestioni cromatiche e luminose. Per chi come me non guida, ma sta dietro a godersi la natura e il piacere del viaggio, lo spettacolo delle anse del fiume, del verde dei prati e delle curve a picco sulle gole è davvero entusiasmante.
Il Trebbia, che nasce in Liguria dal Monte Prelà a quota 1.406 metri, ed entra in territorio piacentino solo dalla cittadina di Ottone, è il vero protagonista della Strada Statale che da Piacenza porta ad affacciarsi sul mare di Genova. L'asfalto è ben curato, anche lungo il corso dell'Aveto, un affluente orientale del Trebbia che dà vita a un'altra bellissima vallata da percorrere sulle nostre "due ruote". Dove le piogge torrenziali dello scorso anno hanno creato sconnessioni e fratture, ci sono tanti cartelli stradali ad avvertire i motociclisti di fare attenzione, perché qui, com'è noto, si corre parecchio.
Dal punto di vista storico la Val Trebbia deve la sua fama iniziale ai celti-liguri che per primi si insediarono lungo il corso del fiume. Poi vennero i romani, che spianarono la Via Francigena per consentire ai viaggiatori e ai commercianti di giungere fino a Roma. Per ultimo arrivò il monaco irlandese Colombano. Fu lui che nel 614 d.C. decise di erigere nel centro di Bobbio un'abbazia in stile gotico-romano, che gli verrà dedicata dopo la morte, per diffondere anche in Italia la regola monastica irlandese. Per gli amanti delle "due ruote", quest'uomo di fede, definito da Benedetto XVI "Santo europeo", è particolarmente importante: è lui, infatti, il Patrono dei motociclisti.
Di origine romana è la costruzione che si avvista appena si arriva a Bobbio da Piacenza. Il Ponte Gobbo, o del Diavolo, eretto in pietra su undici arcate irregolari per permettere il passaggio da una sponda all'altra del fiume Trebbia, deve il suo nome a una leggenda. Pare che Lucifero in persona avesse promesso a San Colombano di costruire il ponte in una sola notte se gli fosse stata data in cambio l'anima della prima persona che l'avrebbe attraversato. Il monaco accettò la proposta, ma invece di un uomo mandò un piccolo cane. Per la rabbia di essere stato ingannato da un mortale, il Diavolo tirò un calcio al ponte che da allora è storto e inclinato in maniera ben poco geometrica. Il centro storico di Bobbio, infine, conserva ancora oggi le tipiche caratteristiche dei borghi medievali italiani.
La parte più divertente per chi ha fame di asfalto inizia appena dopo Bobbio. La maggior parte delle auto si ferma lì, lasciando ai motociclisti la possibilità di godere a pieno delle curve che portano sino alla deviazione con la SP48. Se si prosegue sulla SS45 si arriva fino a Genova, ma questa volta noi preferiamo buttarci sulla Val d'Aveto. La strada fino a Santo Stefano è pressoché deserta e a volte tortuosa, ma la bellezza della discesa verso Ferriere ripaga di ogni fatica. Se, come facciamo noi oggi in questo sabato di sole, non si punta verso Santo Stefano, ma si resta bassi lungo il corso del fiume, da Rezzoaglio a Marsaglia si vive una delle esperienze più belle che il Nord Italia possa regalare a un motociclista. Pochi bikers, quasi nessun'automobile, tante curve e un asfalto che fa percepire la gioia di piegare sulle due ruote anche a chi non guida.
Se le strade che si snodano intorno alla Val Trebbia sono tutte suggestive e fonte di tanti altri itinerari da godersi in moto - basti pensare a Passo Penice o al passo del Tomarlo, a quasi 1500 metri di altitudine - uno solo è il posto dove fermarsi sempre a pranzo. "Da Gianni", appena dopo una curva a due chilometri da Ottone, in località Rocca Corvi, è il ritrovo perfetto per motociclisti, operai e famiglie che la domenica festeggiano la comunione dei figli. Il clima che si respira è quello di una classica trattoria degli anni ’70. La cucina casereccia tradizionale è il piatto principale di questo luogo di incontro culinario tra Liguria ed Emilia Romagna. I pansotti al sugo di noci, gli antipasti della casa e il coniglio in salmì entusiasmano le papille gustative anche dei biker padre e figlio che si fermano qui dalla Germania. A dimostrazione che la bellezza della Val Trebbia non ha veramente confini.
E i soldi dei verbali in Val Trebbia se li godono le amministrazioni e i signori governanti ! Vergogna !