l'analisi

Le tante vittime delle Road Race, le gare più rischiose

- Le corse su strada, come quelle nella quale ha perso la vita Luca Salvadori, sono notoriamente tra le più pericolose forme di competizione motoristica. Qui di seguito qualche statistica per comprendere meglio la dimensione del fenomeno
Le tante vittime delle Road Race, le gare più rischiose

Il terribile e tragico incidente occorso a Luca Salvadori in una delle tappe tedesche del campionato IRRC riporta una volta di più sotto l'attenzione dell'opinione pubblica la pericolosità delle Road Race, le gare che si svolgono su strade normalmente aperte al traffico e che per queste competizioni vengono chiuse alla circolazione restando però sempre delle strade con marciapiedi, pali della luce, muretti, eventuali irregolarità dell'asfalto e in genere totalmente prive di adeguate vie di fuga all'esterno delle curve. In genere, peraltro, sono tracciati dall'elevata velocità media e questa circostanza aumenta le probabilità che gli incidenti provochino danni fisici, più o meno gravi.

Non faremo in questo articolo una disamina sulla pericolosità delle varie Road Race, dal Macao GP al TT, dalla North West 200 fino alle gare dell'IRRC, perché questi temi sono da esplorare uno per uno con misura e riguardo: ognuna di queste gare ha delle peculiarità specifiche che ne mutano il livello e il tipo di pericolosità (partenza in gruppo o singola, visibilità nelle curve, durata, ma anche livello dei partecipanti, moto ammesse e potremmo continuare), nè esprimeremo un giudizio su questo tipo di gare, ricordando però che i rischi connaturati alle road race sono parte delle motivazioni che spingono anche i top rider a partecipare, come ha dichiarato, soltanto per fare un esempio, anche lo stesso uomo più veloce del Tourist Trophy, Peter Hickman.

Le vittime italiane

Qui ci limitiamo a constatare i numeri relativi alle vittime, numeri che non possono essere precisi in senso assoluto, sia perché alcune di queste road race sono ultracentenarie ed è possibile che qualcosa sia stata persa nel corso del tempo e sia perché non è detto che al di là degli eventi come quelli Nordirlandesi e Inglesi, l'IRRC e altre road race (vogliamo metterci anche la - non più disputata per le moto - Pikes Peak?) più o meno noti, vi siano gare remote che non fanno notizia, al pari degli incidenti che vi si possono verificare.

Al Tourist Trophy, la più importante e prestigiosa road race, quest'anno non si sono registrati incidenti mortali, in decisa controtendenza rispetto a due anni fa quando alla fine il conteggio fu di ben sei vittime (di cui quattro nei sidecar): in totale il TT nelle sue 103 edizioni sono oltre 150 le vittime e, se sommiamo quelle del Manx GP che si corre ad agosto sullo stesso tracciato, il conteggio sale oltre quota 260; è doveroso segnalare che, per esempio nel 2005, morì anche un Marshal, altra categoria che partecipa alla gara in misura volontaria e che è guidata dalla passione, non certo dal denaro, per essere presente al TT e molto raramente è accaduto anche che alcuni spettatori siano stati incolpevolmente coinvolti negli incidenti e che purtroppo non siano sopravvissuti.

Per la sua pericolosità il TT è stato messo al bando dal Campionato Mondiale e sopravvive dal 1977 come gara a sé. Tra le vittime italiane del TT ricordiamo Gilberto Parlotti e Marco Fattorelli. La morte di Parlotti nel 1972 scosse moltissimo l'ambiente del Motomondiale e lo stesso Agostini (che al TT ha vinto 10 volte) si spese in modo deciso affinché la Federazione espungesse questa gara dal calendario del campionato.

Al temibilissimo Macao GP ci ha lasciati Bruno Bonhuil nel 2005 e nel 2012 è tragicamente scomparso Luis Filipe de Sousa Carreira (nello stesso anno il nostro Stefano Bonetti riportò numerose fratture in un incidente sullo stesso Guya Circuit, incidente che gli ha fatto dichiarare la sua intenzione di non gareggiare più a Macao), qui il circuito totalmente cieco in quasi ogni curva e le barriere a ridosso del tracciato rendono ogni scivolata molto pericolosa dal punto di vista dei danni fisici.

Tra le vittime illustri di gare minori non si può non citare il leggendario Joey Dunlop che ha trovato la morte a Tallin con una 125 nel 2000, poi seguito dal fratello Robert (alla North West 200) e dal nipote William alla poco nota Skerries 100, mentre alla Pikes Peak nel 2019 è deceduto a pochi metri dal traguardo Carlin Dunne, morte che è seguita a quella di Bobby Goodin, nel 2014 e a quella, nel 2015, di Carl Sorensen. Sette in totale le vittime alla Pikes Peak in quasi cento edizioni (la gara si corre dal 1916) ma, come già detto, la "Race to the Clouds" non è più aperta alle moto.

Un elenco esaustivo quindi è impossibile, alcuni stimano le vittime in circa 500 nell'ultimo secolo ma davvero è difficile avere un numero certo vista anche la quantità di gare e la loro dislocazione geografica e per il resto siamo sicuri che ai piloti che le corrono, e al pubblico che vi partecipa, queste statistiche non facciano cambiare l'approccio alle Road Race.

  • Dariociclista
    Dariociclista, Almese (TO)

    Seguo le gare su strada come il TT e tutte le altre da tantissimi anni
    Sono stato un pilota e sono caduto
    Purtroppo quando vai forte con la moto ti succede di tutto e è brutto dirlo ma nessuno ti obbliga a farlo
  • MAXPAYNE IT
    MAXPAYNE IT, Fusignano (RA)

    Sarò particolarmente duro con queste tipologie di "gare" , come lo sono da sempre stato.
    A me non frega niente se i piloti sono coscienti del rischio mortale che queste competizioni, più di tutte le altre, si portano appresso.
    Non mi frega niente se certi motociclisti della domenica, considerano queste, le gare di moto vere, rispetto ai campionati in pista.
    Non mi frega niente neppure del "romanticismo" che queste gare, TT in primis, in qualche modo viene percepito da chi pensa di essere appassionato di moto.
    Per me essere appassionato di moto significa godersi la moto, ma nella sicurezza più alta possibile, significa amare la vita , non giocarsela alla roulette russa, che ha forse più probabilità di lasciarti indenne, di una Road race.
    Queste gare sono un contratto col beccamorto , roba da paleolitico, da dinosauri.
    L'evoluzione tecnica delle piste, delle moto, delle gomme, è stata fatta per le gare in autodromo, non su strada, dove bastano due granelli di brecciolino nella posizione sbagliata per triturare, nel vero senso della parola, il pilota che per sfiga li becca in curva a 200 orari o anche meno.
    Girare con tutto ciò che può affettarti o disintegrarti a pochi cm da te, non è dimostrazione di coraggio, è solo ed esclusivamente follia.
    Perciò a mio avviso, queste corse andrebbero bandite subito, e guai a riproporle.
    Se ci sono arrivati gli americani, non certo delle cime di intelligenza, con la pikes peak, a proibirla per le moto, mi auspico si arrivi al resto delle Road race, per le moto, a livello mondiale.
    O pista, o niente. Questo è lo slogan....
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