Massimo Clarke: riporti e superfici
Quando due componenti strisciano l’uno sull’altro, magari in presenza di pressioni di contatto molto elevate, si presenta il problema di come limitare a valori trascurabili l’usura e come ridurre l’attrito.
Come ovvio, la situazione peggiora se le condizioni di lubrificazione non sono ottimali. Pure la velocità di strisciamento ha una considerevole importanza.
Talvolta i materiali con i quali sono realizzati i due organi meccanici non sono all’altezza della situazione, in quanto privi della necessaria durezza o dotati di un elevato coefficiente d’attrito. In questi casi diventa necessario fare ricorso a riporti superficiali dotati di adeguate caratteristiche, che possono essere applicati con procedimenti di diverso tipo. Tra i componenti le cui zone di lavoro vengono dotate di questi rivestimenti vi sono i segmenti dei pistoni, i bilancieri e le canne dei cilindri.
La storia
Per lungo tempo in questo settore la scena è stata dominata dal cromo. In questo caso si tratta ovviamente di qualcosa di ben diverso dai riporti ornamentali, e infatti si parla di rivestimenti di cromo “duro” o “industriale”; la tecnologia impiegata per la deposizione è quella galvanica, che prevede un passaggio di corrente in una soluzione elettrolitica. Il metallo da depositare costituisce l’anodo e il pezzo da rivestire il catodo. Il cromo forma uno strato avente una durezza dell’ordine di 800 – 1200 punti Vickers e uno spessore dell’ordine di 0,03 – 0,08 mm (ma in certi casi, come ad esempio sugli steli delle valvole, si può scendere al di sotto di 0,01 mm). A partire all’incirca dalla metà degli anni Cinquanta svariati motori sono stati dotati di cilindri in lega di alluminio con canna integrale munita di un riporto di cromo, realizzato in modo da trattenere e distribuire convenientemente l’olio sulla superficie di lavoro. Questi rivestimenti sono stati poi sostituiti (a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, per quanto riguarda i motori di serie) da quelli formati da una matrice di nichel contenente particelle di carburo di silicio, che oggi dominano la scena. Pure in questo caso l’applicazione del riporto si effettua facendo ricorso a un bagno galvanico.
Dove il cromo continua ad essere largamente utilizzato è nei rivestimenti superficiali delle canne delle forcelle, delle valvole in acciaio o in superlega, dei segmenti e dei bilancieri a due bracci. In questi ultimi come logico il riporto viene applicato solo sulla superficie del pattino, destinata a contattare l’eccentrico.
Tempi recenti
In tempi relativamente recenti hanno fatto la loro comparsa altri materiali di riporto e altre tecnologie di deposizione, particolarmente evolute. Poco utilizzati nel nostro settore, per via delle temperature di deposizione molto elevate, sono i procedimenti CVD (Chemical Vapour Deposition), mentre al contrario trovano largo impiego quelli che rientrano nel gruppo PVD (Physical Vapour Deposition); si va qui dai sistemi ad evaporazione a quelli denominati sputter e alla placcatura ionica. Le temperature in gioco non superano i 500 °C. Di recente particolari attenzioni si sono concentrate sui sistemi PACVD (Plasma Assisted CVD). In questo modo è possibile realizzare rivestimenti estremamente sottili (lo spessore va in genere da 2 a 5 micron) e dalle straordinarie caratteristiche, che stanno dando un contributo considerevole allo sviluppo tecnologico nel settore motociclistico. Direttamente dal mondo degli utensili per lavorazioni meccaniche è arrivato il TiN (non è una sigla, ma la formula del nitruro di titanio), che si è rapidamente conquistato un posto importante nel campo delle sospensioni, sostituendo il cromo sulle canne di molte forcelle. La maggiore durezza (2500-3000 punti Vickers) assicura infatti una migliore resistenza all’usura, anche di tipo abrasivo, e il minor coefficiente di attrito (0,4) si traduce in una migliore scorrevolezza.
Sugli steli delle valvole in titanio viene spesso applicato un sottile rivestimento di nitruro di cromo (CrN), avente una durezza dell’ordine di 2000 punti Vickers. Sulle valvole in titanio, ma anche su alcune canne di forcella (come quelle della Duke 690 R), si deposita talvolta uno strato di TiAlN. La durezza in questo caso è di circa 3000 punti Vickers e il coefficiente di attrito risulta compreso tra 0,3 e 0,4. Il riporto di WC/C, talvolta impiegato sugli ingranaggi, risulta composto da più strati di lamelle di carburo di tungsteno che si alternano con carbonio amorfo. Il ridotto coefficiente d’attrito (0,1-0,2) lo rende davvero rimarchevole.
Diamond Like Carbon
Con l’acronimo DLC (Diamond Like Carbon) si indica una intera famiglia di riporti, con i quali si realizzano degli straordinari film sottili. Si tratta di rivestimenti a base di carbonio amorfo, con legami tra gli atomi tanto del tipo esistente nella grafite quanto di quello esistente nel diamante. A seconda della prevalenza dell’uno o dell’altro si hanno caratteristiche differenti. In molti casi nel materiale è anche presente dell’idrogeno, talvolta in quantità assai considerevoli. Anche le tecnologie di deposizione sono svariate. Le durezze possono andare da poco più di 1000 a oltre 5000 punti Vickers e il coefficiente di attrito in certi casi può addirittura scendere leggermente al di sotto di 0,10. I riporti possono essere monostrato o multistrato; questi ultimi sono sempre più impiegati. Esistono dei DLC ibridizzati, contenenti atomi metallici; uno di essi è noto come PLC (Polymer Like Carbon) e viene utilizzato dalla Ducati per i bilancieri del motore 1199 Superquadro. Il DLC arriva direttamente dalla Formula Uno e viene impiegato oramai diffusamente su spinotti e bilancieri a dito. L’uso si sta comunque estendendo a canne di forcella, segmenti e altri componenti.
I riporti che vengono applicati per immersione
Di tipo completamente diverso sono i riporti che vengono applicati per immersione o ricorrendo alla serigrafia. Spiccano qui gli strati di resina impregnata di lubrificante solido (grafite o bisolfuro di molibdeno) che si impiegano sui mantelli di molti pistoni. Gli spessori sono dell’ordine di 10 – 25 micron.
Ancora differenti sono i rivestimenti che si applicano con un sistema “thermal spray”. Si va dalla spruzzatura alla fiamma (ad esempio, di molibdeno) a quella al plasma, che di recente alcuni costruttori automobilistici hanno cominciato ad impiegare per le canne dei cilindri.
complimeti!!!!
Amen