Nico Cereghini racconta la storia del Monster Ducati
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Il primo latrato del Mostro è del ’93, mese di maggio. Lo avevamo visto a Colonia l’autunno precedente, e già da fermo colpiva parecchio. Sono quasi vent’anni che il modello Monster Ducati emoziona un sacco di motociclisti: oltre 200.000 moto nel mondo, ormai, ed è l’unica moto che vuole il maschile: IL Monster. Una moto geniale che ha inventato una formula.
Disegnato da Galluzzi, il primogenito era 900, col telaio e il forcellone della 851, e il classico “pompone” della SS, bicilindrico aria e olio, due valvole e cambio a sei marce. Essenziale, anzi di più: ridotto all’osso. Leggerissimo. E nudo che più nudo non si può.
Lo provai subito, al Penice. Esplosivo, peso piuma, divertentissimo; ma i settanta cavalli… tutti di botto, brusco, ruvido, secca la risposta del motore, secca la risposta dei freni. Un toro po’ troppo incazzato, dissi. E poi la sella scomoda e poco sterzo. Piacque così, ma alla Ducati pensarono giustamente di fare due Monster: uno cattivo e uno buono. E questa doppia linea di sviluppo ha spianato la strada verso grandi record di vendite: un anno dopo arriva il 600 più facile da guidare (5 marce, frizione a bagno d’olio invece che a secco, un solo disco davanti) e subito molto amato. E nell’estate del ’96 anche il modello 750 a completare la gamma, mentre per la 900 appare anche la versione S con cupolino, dischi flottanti in ghisa, tubi idraulici in treccia metallica, antisaltellamento dietro: tanto per dire che chi voleva il Monster cattivo sarebbe sempre stato felice.
E infatti, al top di gamma, uno stupore dopo l’altro: ecco nel 2001 l’S4 con il motore della 916: roba da SBK, quattro valvole e 104 cavalli, telaio racing, Showa rovesciata, cerchi Marchesini. Nel 2004 l’S4R con il motore Testastretta derivato dalla 996, il doppio scarico sovrapposto sulla destra e il forcellone monobraccio. E nel 2006 la bestia per eccellenza: l’S4Rs con il motore della 999 da 130 cavalli a 9.500 giri e soli 177 chili a secco. Roba da matti duri!
Ma parallelamente uscivano da Borgo Panigale anche i Monster “buoni”. E sempre più belli. Nel ’97 c’è la Dark, non verniciata, anche in versione depotenziata; tra il 2001 e il 2002 viene introdotta l’iniezione elettronica al posto dei carburatori ed ecco la 620 i.e. in tre allestimenti, grande successo, solo 177 chili, amata anche dalle donne; seguita l’anno dopo dalla 800 e dalla 1000 con la doppia accensione. Tutti modelli con il forcellone senza l’archetto e con due dischi all’avantreno.
Nel 2004 il piccolo Monster guadagna la frizione antisaltellamento (anche più dolce da azionare) e il cambio a sei marce; e arriva nel 2006 la 695, che ha dieci cavalli in più, manutenzione ridotta e nessun cablaggio in vista. La rivoluzione è quella del 2008 con la nuova estetica della 696, che è più comoda, più leggera (161 a secco!), più potente (80 cavalli) e ha un nuovo telaio ibrido: traliccio in tubi ed elementi d’alluminio.
Oggi la gamma Ducati Monster comprende tre modelli esteticamente uguali: uguali tra loro la 696 e la nuova 796 da 87 cavalli, con le combinazioni cromatiche a gogò di monster art. In fine l’ultima arrivata la Monster 1100 EVO con nuovo disign sportivo, scarico basso sovrapposto, potenza di 100 cv tondi e l’elettronica del ducati safety pack: ABS più DTC. Ma senza esagerare: con il classico motore Desmodue raffreddato ad aria. Che basta e avanza.
Eccolo qui, il Monster. A raccontarlo tutto, nelle sue evoluzioni tecniche dal ’93, c’è da perdersi. Ma basta la parola. Che non viene dall’inglese, ma dal bolognese. Hanno inventato una nuova moto pochi anni fa, in fondo: meno di venti; ed è diventata un mito. Che continua ad emozionare come il primo giorno, pronta, agile, bella, aggressiva.
quel di'....
@ridermat