Restaurando, puntata 13: Kawasaki Z1000 1977
In puntata estiva di Restaurando vi parleremo del restauro di una delle prime max moto, una Kawasaki Z1000 del 1977. Una moto che, poco dopo l'acquisto, ha subito alcune trasformazioni a livello meccanico quindi, prima di procedere con la storia di questo modello, è opportuno descrivere le modifiche apportate all'epoca.
Come potrete notare dalle foto, a differenza di altre Z 1000 A1, la moto in questione ha basamento, cilindri e testata verniciati in nero. La ragione della differente colorazione del motore è dovuta ad un incidente occorso al proprietario che, visti gli ingenti danni, ha deciso di sostituire il propulsore.
Al contempo, trovatosi a dover anche ripristinarne la carrozzeria, ha voluto cambiarne la livrea, aggiornandola alla versione successiva del 1978 e forare i dischi, pratica per nulla rara all'epoca.
Il restauro, eseguito secondo il volere del proprietario, è stato incentrato sul mantenere i cambiamenti che erano stati apportati alla moto.
Fatto questo inciso, utile a chiarire le discrepanze tra le foto della moto restaurata e quelle dell'epoca, è necessario fare un passo indietro nella storia di questo modello.
La Z1 1000 del 1977 derivava in maniera molto stretta dal modello degli anni precedenti, la mitica Z 900. Quest'ultima fu capace nella prima metà degli anni '70 di rivoluzionare il mondo delle moto sportive, portando sul mercato soluzioni tecniche innovative e prestazioni che, fino ad allora, erano state appannaggio di pochi altri mezzi. La cilindrata era di una spanna superiore rispetto a concorrenti come l'Honda CB 750 Four, e la potenza di 82 CV a 8.000 giri al minuto era da record, facendo di questa moto un punto di riferimento sul mercato.
Cinque anni dopo l'uscita della 900, Kawasaki decise di ammodernare il progetto che, nonostante l'età, era ancora molto valido. Per quanto riguarda il propulsore, la cilindrata fu incrementata a 1.015 cc e la potenza incrementata di una manciata di cavalli. Le modifiche più evidenti, inoltre, furono il passaggio da un sistema di scarico 4 in 4 a un 4 in 2, meno delicato e meno costoso e l'aggiunta di un secondo disco all'anteriore con la sostituzione del freno a tamburo al posteriore con un più performante disco.
La forcella e gli ammortizzatori posteriori furono irrigiditi, garantendo un controllo superiore alle alte velocità che questa moto era in grado di raggiungere. Proprio parlando di velocità, come costatato dalle prove dell'epoca, la velocità massima del motore 1.000 cc era scesa rispetto al modello precedente, passando da circa 210 Km/h effettivi, a poco più di 200. Nonostante ciò il motore del nuovo modello assicurava prestazioni più lineari lungo tutta la curva di potenza.
Il restauro eseguito da Soiatti che, come già anticipato, segue le indicazioni del proprietario, è stato un lavoro che ha interessato ogni dettaglio della moto.
Alcuni particolari, quali il telaietto di supporto al faro e agli strumenti e il parafango posteriore, portavano ancora i segni dell'incidente, con evidenti saldature. I primi sono stati riparati con saldature meno evidenti e stuccati, mentre il parafango posteriore, particolarmente deteriorato, è stato rimpiazzato.
L'impianto elettrico, che era stato riparato in maniera poco consona e con alcune parti bruciate, è stato ricostruito e riparato, così come i blocchetti elettrici e la strumentazione che sono stati revisionati e rinfrescati nell'estetica.
Le cromature sono state ripristinate, il telaio è stato sabbiato e riverniciato, i cerchi in acciaio sono stati lucidati e alla sella è stata applicata una nuova imbottitura e una nuova fodera.
Le sospensioni sono state revisionate, gli steli della forcella sono stati ricromati, così come lo sono stati i bicchierini delle sospensioni posteriori. L'impianto frenante, che versava in condizioni particolarmente critiche, è stato revisionato.
Il lavoro più arduo è stato il totale rifacimento del motore che, al momento dell'arrivo in officina, era bloccato. Soiatti lo ha smontato completamente, rettificandone i cilindri e sostituendone tutte le componenti usurate come, ad esempio, alcuni ingranaggi del cambio.
Una volta ripristinata la meccanica, i carter sono stati lucidati mentre, per mantenere l'originalità del motore montato dopo l'incidente, il basamento ed i cilindri, ad esclusione dei coperchi valvole, sono stati verniciati in nero.
Il risultato del restauro, partendo da una base in condizioni davvero critiche è stupefacente. Le ore dedicate da Soiatti a questo lavoro sono state più di 150, con costi, oltre alle ore di manodopera, che superano i 4.000 euro viste le pessime condizioni in cui versava all'arrivo.
Avete restaurato anche voi una moto d'epoca? Mandateci le foto e i dettagli del restauro. le documentazioni più complete verrano pubblicate su Moto.it.
COSTI RESTAURO
in effetti la frase "con costi, oltre alle ore di manodopera, che superano i 4.000 euro" non è chiarissima...
dovrebbe significare che i 4000 euro non considerano il costo della manodopera...
@acci01
tenderei a pensarla come te, ma l'articolo dice anche che quella di forare i dischi era "pratica per nulla rara all'epoca"...
*****RISPONDE LA REDAZIONE****** Mi scuso se non sono stato abbastanza chiaro. Per quanto riguarda i costi, i 4.000 euro sono da considerarsi in aggiunta al costo delle ore di manodopera. Quella cifra è stata destinata alla cromatura, verniciatura, nuova componentistica ed altro. Spero di avere chiarito.
Per quanto riguarda invece la scelta di mantenere le modifiche apportate dopo l'incidente, invece, il proprietario ha voluto seguire il proprio gusto personale e Soiatti, ovviamente, lo ha accontentato.
Se avete altre domande o curiosità, sarei contento di rispondervi.
Umberto Mongiardini