Honda VT750S
Roadster cittadina
Un tempo fu "Shadow 750 RS", poi, sull'onda del marketing, ecco che il nome diviene VT 750 S. Oltre al nome cambia anche la categoria di appartenenza, non più custom, bensì roadster. Questa moto si posiziona sulla carta in un limbo tra le naked vere e proprie, e la gamma custom del marchio giapponese ma per quanto riguarda il listino, invece, viene insolitamente inserita tra le varie Hornet e CB.
Come giudicarla? Beh come naked non ci siamo, come roadster... ci siamo quasi, ma l'indole custom svetta su tutto, anche perchè sotto sotto meccanica e ciclistica derivano strettamente da quel mondo.
Estetica e ciclistica
Le affinità con la Shadow, è inutile negarlo ci sono, e non c'è nulla di cui vergognarsi, le ruote che passano dall'accoppiata 15/17 pollici (21 per la Shadow Spirit) a 16/19, oltre a un cannotto di sterzo meno inclinato (31° contro i 34 della "custom") fanno però capire che la “S” vuole essere altra cosa. Anche la carrozzeria cambia, abbandonando l'abbondanza delle forme della Shadow, sottolineata da un serbatoio a goccia privo di strumentazione, ora relegata all'interno dell'unico strumento circolare posto al centro del manubrio, e soprattutto dal parafango posteriore decisamente più slanciato. Anche la sella appare più rastremata, e soprattutto non è più in due pezzi, bensì in uno solo.Più snella e di conseguenza anche più leggera, sulla bilancia la VT 750 S fa segnare 229 kg, contro i 251 della Shadow e i 248 della Shadow Spirit (tutti in ordine di marcia).
Cromature a profusione, anche se purtroppo, seppur ben fatte, alcune alla prova "tattile", risultano essere di plastica. Certo che bisogna tener conto di un prezzo di acquisto di 6.690 € f.c., quotazione allettante, ma qualche sforzo in più andrebbe fatto, anche perché oltre alle cromature, non passano inosservati i cablaggi a vista sotto la sella, la fusione decisamente grezza del telaio all'altezza del cannotto di sterzo e le leve a pedale di fattura povera. Due le colorazioni disponibili: Heavy Grey Metallic; Pearl Heron Blue.
Freni
Più consono al mondo custom che non a quello di una roadster, l'impianto frenante prevede un solo disco anteriore da 296 mm, con pinza a doppio pistoncino, mentre dietro fa bella mostra di se un tamburo da 180 mm.
Sospensioni
Forcella telescopica da 41 mm di diametro e coppia di ammortizzatori (regolabili su 5 diverse posizioni del precarico molla) chiudono il quadro riguardante la ciclistica della VT 750 S. Motore
E' una vecchia conoscenza il bicilindrico da 745 cc della VT 750 S: è lo stesso motore delle sorelle...pardon delle cugine Shadow e Shadow Spirit. Non particolarmente potente, circa 41 CV a 5.500 giri/min, ma estremamente morbido e lineare nell'erogazione di potenza e coppia, 61,8 Nm a soli 3.250 giri/min, si adatta perfettamente al carattere della VT 750 S, così come il cambio a 5 rapporti.
Strumentazione
C’è il minimo indispensabile, ed è contenuto nell’unico strumento circolare posto davanti al guidatore. Tachimetro analogico, doppio contachilometri parziale e quello totale, con il “must” dell’orologio, visualizzati nel piccolo display.Bloccasterzo posto sul cannotto di sterzo e chiave dotata di immobilizer, sono le difese dai malintenzionati di cui è dotata la VT 750 S.
In sella
Saranno anche parenti, ma una volta montati in sella alla VT 750 S le cugine appaiono distanti, non anni luce, ma comunque parecchio. La sella, posta a 737 mm da terra, quasi 10 in più rispetto a Shadow e Shadow Spirit, oltre alle pedane meno avanzate ed al manubrio più spostato sull'anteriore, consentono una postura meno insaccata e più consona alla guida. I comandi a portata di mano e la loro leggerezza, mettono subito a prorpio agio chi sta in sella alla VT 750 S, anche il motore ci mette del suo, vibrando poco e dimostrandosi fluido e lineare ancor prima di aver raggiunto la temperatura ottimale di esercizio.
Il cambio a cinque marce è esente da difetti, mentre la trasmissione (a catena e non cardano come sulle Shadow) è priva di giochi e permette di viaggiare anche a bassissimi regimi senza il minimo strappo.
In città
I percorsi urbani sono pane per i suoi denti, lo si intuisce in quattro e quattr'otto, la VT si guida con grande piacere e soprattutto con estrema facilità. Potente quanto basta per trarsi d'impaccio, questa Honda è anche discretamente comoda. Alla faccia del doppio ammortizzatore, che solitamente garantisce un comfort solo sufficiente sullo sconnesso, la VT passa sul ciottolato più sgangherato con discreta naturalezza, anche grazie alle buone capacità incassatorie della forcella. La sella che sulle prime appare decisamente comoda, e funge da ulteriore filtro per le asperità dell'asfalto, alla lunga indolenzisce "le parti basse".
In due... meglio di no!
Come è facile dedurre dalle dimensioni risicate della porzione di sella dedicata al passeggero, e dalle pedane decisamente alte, i trasferimenti in coppia, perchè vadano "lisci", è meglio che siano estremamente brevi e molto rapidi... pena la perdita del trasportato per sopraggiunta stanchezza!
Extraurbano
Se ben si comporta in città, anche fuori dalla metropoli la VT 750 S non delude. Con il motore che frulla sornione e scordandosi del cambio, anche perchè con la quinta inserita si riesce a fare tutto (basta non aver fretta), la "naked" Honda macina chilometri senza batter ciglio e dimostrandosi una degna compagna di viaggio, con consumi che difficilmente scendono sotto i 17 km/l. Purtroppo la scarsa capacità del serbatoio, meno di 11 litri, rende frequenti le soste dal benzinaio, soprattuutto se si gioca con la manopola del gas.
In autostrada emergono i difetti comuni a qualsiasi naked-roadster, protezione aerodinamica nulla, per cui la velocità limite si attesta attorno ai 120/130 km/h indicati, ma anche la scarsa brillantezza del motore, che costringe a spremere fino all’ultimo cavallo del bicilindrico per concludere le manovre di sorpasso.
Freni ok o ko?
L’impianto frenante già a un esame statico non convince totalmente, e all’atto pratico… neanche. Il disco anteriore seppur comportandosi bene e richiedendo uno sforzo alla leva modesto, è chiamato ad un super lavoro, che porta a qualche bloccaggio indesiderato sullo sconnesso, tutto questo anche a causa della latitanza del tamburo posteriore. Per ottenere quanto richiesto a quest’ultimo, si deve agire sul pedale con estremo vigore, ed in ogni caso la potenza frenante rimane sempre modesta. Tale caratteristica non si sposa assolutamente con una moto che ha la maggior parte della massa che grava sul posteriore.
Come si dice “ Chi va piano…”
Se la fretta prevarrà, e i ritmi si alzeranno, incominceranno a farsi sentire delle fastidiose vibrazioni provenire dal motore, mentre la scarsa luce a terra porterà a fresare le pedane ad ogni curva, mentre l’impianto frenante mostrerà i propri limiti.
Meglio allora tornare a godersi il panorama e a compiacersi di ben altri piaceri di guida!
si