Kawasaki J300
Il Mondo NuovoLagos, Portogallo| Brave New World – titolo originale del romanzo di Aldous Huxley da noi conosciuto nella traduzione Il mondo nuovo – è lo slogan con cui Kawasaki sottolinea il suo ingresso in un settore del tutto sconosciuto. Parliamo di quello degli scooter di media cilindrata, segmento sempre più importante nel contesto della mobilità urbana, in cui appunto Kawasaki non si è mai cimentata, ma dal quale ormai nessuno può permettersi di restare fuori.
La scelta Kawasaki di rivolgersi ad un partner storico per accelerare il processo di lancio di un modello tanto nuovo per KHI potrà apparire discutibile, fatto sta che – crediateci o meno – sminuire il J300 battezzandolo sommariamente come un Kymco rivestito sarebbe un errore grossolano. Perché come sul mercato auto modelli che condividono la stessa piattaforma danno vita a modelli significativamente differenti all’atto pratico grazie al lavoro svolto nella caratterizzazione estetica, dinamica e delle finiture, così il J300 è un animale sostanzialmente diverso e migliore rispetto al cugino taiwanese.
Non è un caso se nel processo di sviluppo finale dello scooter Kawasaki è stata coinvolta direttamente la filiale italiana, la più interessata alla riuscita del progetto in quanto rappresentante del mercato primario per lo scooter “in verde”, affamata di modelli che possano piacere al pubblico.
Uno styling più aggressivo
Il lavoro di Kawasaki sulla base del Downtown 300 si è concentrata su tre aspetti: styling, specifiche produttive e dettagli tecnici. Iniziando dalla linea, creata per collocarsi come ideale via di mezzo fra gli estremi più aggressivi e quelli più tranquillizzanti del panorama degli scooter di pari cilindrata, è evidente il richiamo estetico verso i modelli più carismatici Kawasaki. Lo scudo, che cita spudoratamente le attuali sportive della serie Ninja, è stato pensato appositamente per dare un’impressione motociclistica negli specchietti di chi vi precede, mentre il codino rastremato si rifà in maniera altrettanto esplicita alle naked “Z”.
Le finiture sono state curate in maniera particolare, e dal vivo – alla vista e al tatto – si rivelano al pari dei riferimenti della categoria se non addirittura qualcosa di più. Si fa un gran parlare di qualità percepita, ma vi assicuriamo che poche volte come questa il concetto risulta evidente: le leve – regolabili – sono degne di una sportiva, i comandi al manubrio sono solidi e gradevoli al tatto e il colpo d’occhio dal posto di guida è gratificante.
Bello il blocchetto d’avviamento, che può essere protetto da una placca metallica tramite un comando a scatto e sbloccabile successivamente solo utilizzando il dorso della chiave stessa. Unico, piccolo appunto: i comandi del cruscotto sono difficilmente raggiungibili, incassati come sono dietro al manubrio, e richiedendo una pressione di diversi secondi per agire risultano quasi inutilizzabili in movimento. Un po’ risicato anche lo spazio nello scomparto sul lato sinistro dello scudo, dove è collocata una presa a 12 volt: se si inserisce lo spinotto per alimentare il navigatore (optional, dotato di relativo supporto perfettamente integrato) non resta praticamente più posto per nient’altro.
La sella, comoda ed accogliente, è altrettanto gradevole, ma soprattutto generosamente imbottita. La cosa ha portato purtroppo ad un leggero sacrificio in termini di spazio sottostante, in cui ora possono alloggiare un solo casco integrale ed una valigetta portadocumenti. Notevole invece per piacevolezza d’uso l’asta di supporto della sella a funzionamento idraulico, e molto razionale la scelta di riposizionare la batteria in una posizione più accessibile, sul fondo del codone.
Diversi tocchi quali le superfici ad elevato grip su pedane e fianchi del tunnel aiutano a mantenere i piedi in posizione nella guida. Un altro accorgimento che potrebbe sembrare di poco conto ma contribuisce invece in maniera sostanziale a caratterizzare il J300 sta nella svasatura delle pedane che permette di poggiare comodamente i piedi a terra senza doverli divaricare come sulle proposte tradizionali – altro punto di contatto con il mondo moto. Le pedane del passeggero, inoltre, sono di stampo prettamente motociclistico e risultano più comode e pratiche evitando fastidiose interferenze fra i piedi di pilota e passeggero.
La sostanza tecnica
Ferma restando la base – di buon livello – del modello di partenza, gli interventi Kawasaki si sono concentrati su elettronica e ciclistica. La centralina è stata infatti rimappata dagli ingegneri giapponesi per dare al propulsore (ora capace di 28 cavalli a 7.750 giri) più corpo e vigore ai medi regimi, definendo quindi un propulsore più brillante dove serve davvero.
Ancora più rilevante il lavoro sulla ciclistica, che ora gode di un impianto frenante di ottimo livello. Le pinze freno sono infatti realizzate su specifica Kawasaki differente da quella di partenza, e i raccordi in treccia aeronautica – che mancano su diverse supersportive – migliorano sensibilmente la potenza frenante e la tenuta allo sforzo del circuito. Potrà sembrarvi un fattore da poco, ma se consideriamo le sollecitazioni a cui è sottoposto nella guida urbana, un impianto che mantenga inalterata nel tempo la sua potenza diventa qualcosa di già meno trascurabile.
Completa il quadro il lavoro sulle sospensioni: la forcella da 37 mm è stata completamente rivista nelle sue componenti interne (molle ed idraulica) mentre gli ammortizzatori posteriori, regolabili su cinque posizioni di precarico, sono stati anch’essi assoggettati a specifiche produttive Kawasaki allo stesso scopo: migliorare tanto il comfort quanto il comportamento dinamico. Il risultato finale, ve lo anticipiamo, è di portata più ampia della somma delle singole modifiche.
Optionals e colorazioni
La lista degli accessori è fornita di tutto quello che può servire: un bauletto ed una borsa anteriore (da collocare sul tunnel) per chi intenda aumentare la capacità di carico, il plexi maggiorato, i paramani e la copertina paragambe per chi usa lo scooter davvero con ogni clima, e infine il già citato navigatore GPS con relativo supporto. Il J300 sarà inoltre disponibile nelle colorazioni argento, nero e nella versione – tipicamente Kawasaki – Special Edition, verde e nera, oggetto della nostra prova.
In movimento
Il J300 si rivela pronto all’avviamento e abbastanza rapido ad entrare in temperatura liberandosi così di qualche leggera irregolarità nel funzionamento. Possono sconcertare un po’ le vibrazioni al minimo in zona cruscotto, di entità tanto rilevante da rendere illeggibile il navigatore, ma come spesso avviene queste spariscono magicamente non appena ci si mette in movimento. Si avverte solo l’assenza del freno di stazionamento, solo in parte compensata dalla presenza del cavalletto centrale.
In città il J300 si rivela agile e pronto, capace di dare immediatamente confidenza. La frizione è molto dolce nello stacco da fermo, e offre sempre la spinta desiderata in ogni situazione. La posizione di guida, determinata da una sella piacevolmente sagomata e un manubrio sensibilmente più alto rispetto al modello da cui deriva, è piacevole ma pressoché obbligata pur senza essere costrittiva nemmeno per i più alti, che anzi non lamentano le interferenze delle ginocchia con scudo e manubrio come avviene sul cugino taiwanese.
Dove però si nota la differenza maggiore è nel comportamento delle sospensioni, capaci di copiare le asperità dell’asfalto in maniera sensibilmente migliore: la rigidità che si avverte sui fondi più dissestati deriva solamente da un’idraulica piuttosto tonica, che offre un’azione simile a quanto avviene sulle moto “vere” e determina diversi pregi di cui vi parleremo in seguito. Lo svaso nelle pedane semplifica davvero la vita nelle soste, anche se per contro impedisce di posizionare i piedi all’indietro.
Divertente sul misto
La frenata, molto modulabile, non è un mostro di aggressività nella risposta alle leve, soprattutto quella anteriore. Più aggressiva l’azione dell'unità posteriore, che se da un lato può contare sul maggior carico dovuto alla naturale distribuzione dei pesi di uno scooter, dall’altro chiama spesso in causa l’ABS (o vi fa esibire in coreografiche derapate se scegliete di non montarlo) quando l’aderenza si fa precaria.
Potrà sembrare strano dirlo di uno scooter, però il J300 offre il meglio di sé quando si esce dalla città. Stabile e preciso, nonché capace di un certo feedback grazie a sospensioni appunto ben dotate quanto a tono idraulico, il Kawasaki si rivela davvero gustoso e gratificante quando ci si vuole divertire un po’. Non vi prenderemo in giro parlando di “DNA Ninja”, ma l’apporto dei tecnici di Akashi c’è stato e si sente. Una per tutte: le grip pads sui fianchi del tunnel e la conformazione del raccordo fra quest'ultimo e la sella contribuisce effettivamente a dare un feeling più motociclistico, a "sentire" con caviglie e cosce un qualcosa di (vagamente) paragonabile alla sensazione trasmessa dal serbatoio di una moto vera. E gli stessi svasi nelle pedane fanno sentire più sportivi alla guida grazie alla possibilità di poggiare il piede sull'esterno imitando la guida di corpo delle moto vere.
Il motore offre una bella ripresa, merito della maggior muscolarità offerta dalla rimappatura della centralina, e spinge con gusto fino ai circa 120 di strumento, velocità a cui la progressione cala con dolcezza pur continuando imperterrito a guadagnare giri e chilometri all'ora.
Il J300 fila dritto e rigoroso anche in prossimità della velocità massima – abbiamo visto velocità oltre i 150 di strumento in alcuni estemporanei allunghi, con il GPS che offriva scarti contenuti ben al di sotto del 10% - e non soffre particolarmente nemmeno le chiazze di bagnato e i malefici venti laterali che abbiamo incontrato in prossimità della costa atlantica. Se poi si trova un bel misto lo scooter Kawasaki diventa giocoso e rassicurante: sempre stabile in traiettoria, offre tanta confidenza e appoggio anche avvicinandosi al limite della luce a terra, e le sospensioni trasmettono abbastanza fedelmente il grip messo a disposizione dalle coperture Maxxis di primo equipaggiamento.
Per chi è il J300?
Le impressioni maturate durante la nostra prova, con un giro di oltre 140 km che ci ha portato dai paesi costieri in prossimità di Portimao fino alle montagne dietro alle scogliere a picco sull’Atlantico, sono del tutto positive. Come dicevamo in apertura, il J300 ricorda da vicino certe operazioni dei grandi gruppi del mondo auto, in cui la stessa piattaforma viene declinata in proposte più accessibili ed economiche ma anche in altre più rifinite e prestazionali. Le considerazioni in merito al valore intrinseco dei mezzi di qualità superiore potrebbero sembrare scontate quando ci si limita all’analisi sulla carta, ma quando ci si spinge ad un contatto in prima persona con la sostanza offerta diventano molto meno valide.
E’ proprio così con il J300, che visto e soprattutto toccato dal vivo… fa tutt’un’altra scena. L’estetica ci pare riuscita, anche se non tutti saranno ovviamente della stessa opinione, e vi invitiamo a provarlo in prima persona per verificare quello di cui ci siamo convinti durante la prova, ovvero che poche, mirate modifiche alla sostanza abbiano davvero cambiato faccia alla già valida base tecnica sottostante. Se questo giustifichi il differenziale di prezzo è naturalmente una decisione del tutto personale.
Vale la pena di ricordare, a questo proposito, i prezzi di listino franco concessionario: si parte dai 4.730 euro per il J300 nei colori Silver Metallizzato e Nero Metallizato, mentre per la Special Edition (in nero/argento/verde) servono 4.880,00 euro. Su tutte vanno aggiunti 500 euro se si desidera l'ABS. Da non trascurare inoltre la speciale promozione Kawasaki, che offre fino al 15 febbraio bauletto ed estensione di garanzia a 4 anni.
Pregi
Qualità delle finiture | Guida brillante
Difetti
Comandi cruscotto poco funzionali | Assenza freno di stazionamento
Brava Kawasaki.
Sembrava meglio
Ho da poco fatto km 5.000 e sono al primo tagliando vero. Vedremo cosa costerà ...
Ho anche l'impressione di essere uno dei pochi possessori poiché in giro non ne vedo. A mio parere : consuma parecchio, le plastiche grigie verniciate lato piedi , sono sensibilissime ai graffi fino alla plastica ed infine non mi sembra avere tutta sta ' grinta.
Mi spiace aver speso quasi €5.000 e non essere soddisfatto.