Moto Guzzi V7 2012
Una moto con tre anime
Moto Guzzi V7 2012. La nostra prova
Era la primavera del 2008 quando Moto Guzzi rilanciava un mito della propria storia di costruttore di motociclette, la V7. A distanza di quattro anni, la settecinquanta di Mandello si presenta profondamente rinnovata nella meccanica, meno nell'estetica, anche perchè quest'ultima è stata particolarmente apprezzata, e si dimostra decisamente più matura in tutte e tre le varianti che abbiamo potuto provare sulle strade del Lario. Abbandonate le plastiche e le finte cromature, le nuove V7 hanno ricevuto cure di bellezza, ma soprattutto di “qualità percepita”, con particolare attenzione alla provenienza dei singoli componenti, tutti rigorosamente made in Italy (così come tutti gli accessori e l'abbigliamento marchiato Moto Guzzi). Il precedente serbatoio in materiale plastico, ha lasciato il posto ad un più capiente (22 litri) e tradizionale serbatoio metallico, mentre i cerchi a raggi ora hanno il canale in alluminio, materiale che ha fatto risparmiare ben 2,3 kg (1,4 sull'anteriore e 860 per il posteriore) allineando il peso a quelli in lega della versione Stone.
Il motore
La vera novità è però il motore, che mantiene le caratteristiche impresse negli anni sessanta dall'ingegnere Carcano prima, e da Lino Tonti in tempi più recenti, ma è stato rivisto in oltre 200 componenti. In pratica il bicilindrico a V90° rispetto a quello che equipaggia le V7 della prima serie, è cambiato per il 70% dei componenti, ma rimane sempre incastonato nel telaio doppia culla con elementi inferiori imbullonati che abbiamo conosciuto sulla precedente versione. Le differenze tra i due propulsori oltre che interne, sono anche estetiche, con un look che richiama maggiormente le versioni degli anni sessanta (balzano subito all'occhio il coperchio valvole in alluminio e l'alettatura dei cilindri arrotondata al posto di quella squadrata tipicamente anni 80).
Il cuore del propulsore di Mandello è cambiato, grazie a nuovi pistoni più performanti, che insieme alla nuova testa hanno dato modo di accrescere il rapporto di compressione da 9,2 a 10,2:1, mentre il respiro del motore è ora garantito da un singolo corpo farfallato Magneti Marelli MIU3G da 38 mm di diametro, che ha consentito l'utilizzo di una doppia sonda lambda, particolare che migliora l'uniformità della miscela inviata ai cilindri con conseguente diminuizione dei consumi e delle emissioni inquinanti (viene dichiarato un -10% per entrambi). La potenza cresce di poco, da 48 CV si sale a 50 CV (37 KW) a 6.200 giri, mentre è il dato riguardante la coppia che appare ben più interessante. 60 Nm a 2.800 giri rispetto ai 54,7 Nm a 3.600 giri erogati dal vecchio modello.
Da sottolineare che è disponibile la versione depotenziata con soli 100 € di differenza ... in più naturalmente!
Le lamentele per la scarsa manovrabilità del cambio sulla precedente V7 hanno portato alla progettazione ex nuovo del preselettore, che come leggerete più avanti ha avuto esito positivo sul comportamento della trasmissione.
La ciclistica
Stessa dotazione ciclistica per le tre versioni della V7, con una coppia di dischi freno, da 320 mm anteriore e pinza a 4 pistoncini, 260 mm posteriore e pinza a 2 pistoncini, mentre le sospensioni sono comuni per le sole versioni Stone e Special, con una forcella da 40 mm di diametro e 130 mm di escursione, e una coppia di ammortizzatori regolabili nel precarico e una corsa utile di 118 mm. La Racer si differenzia dalle sorelle grazie a una coppia di ammortizzatori a gas Bitubo WMT con serbatoio separato.Occhio ai costi
In Moto Guzzi si è badato più al fatto che i componenti e i fornitori in generale fossero di ottimo livello ma soprattutto italiani ( nota di merito alla dirigenza ... visti i tempi che stiamo vivendo) magari nelle vicinanze di Mandello, anche a discapito di un maggior risparmio, tutto questo ha portato il prezzo delle V7 in una fascia “Premium” rispetto alla concorrenza, ma il concetto è da elogiare.
Vi rammento che i prezzi partono dai 7.980 € della Stone, per crescere agli 8.390 € della Special e raggiungere i 9.350 e della Racer ... optional esclusi ovviamente.
Dove si è fatta particolare attenzione è invece nei costi di gestione. Oltre ai minori consumi e al miglior rendimento del motore, le nuove V7 possono contare su una semplicità costruttiva che ha positive ripercussioni sul portafogli. In primis viene il cardano, praticamente privo di manutenzione, fa la felicità di tutti quei motociclisti che non amano le bombolette lubrificanti (che in mancanza di un cavalletto centrale rendono il lavoro sulla catena particolarmente sgradevole), poi vengono i cambi d'olio ogni 10.000 km, e il controllo del gioco valvole agevolato dalla nuova testa del cilindro (basta svitare 4 viti e togliere la candela e si è in grado di fare il necessario). Questo viene effettuato in modo semplice e rapido ai 1.000 km, per poi essere replicato ai 20.000 ... e quindi scordarsene quasi definitivamente. Anche il filtro dell'aria è stato riposizionato per consentire una più agevole manutenzione, ora si trova sotto la sella a portata di mano, e non più in mezzo ai cilindri.
Allestimenti
Stone , Special e Racer sono le tre versioni disponibili attualmente, la prima è un vero e proprio modello di accesso, o come si dice oggi, un “entry level”. Nera opaca, con grafiche minimaliste e cerchi in lega a sei razze, è perfetta per chi vuole partire da una base “vergine” per poi fare tutta una serie di modifiche e arrivare alla moto ideale.Special è invece l'allestimento più vicino al concetto della V7 originaria. Finiture curate, cerchi a raggi e verniciatura bicolore ne fanno un oggetto più elegante e se vogliamo, modaiolo. Poi viene la Racer, e qui ci sarebbe da scriverci un vero libro. A me basta guardare il serbatoio cromato con la cinghia di cuoio e la sella scamosciata per sentire il sangue che si scalda. Telaio rosso così come i mozzi ruota e il forcellone ...davvero un oggetto da esposizione. Se poi non vi appaga il giusto, nessun problema, mano al portafogli e via che si monta la carena anteriore e il codone monoposto, che fanno tanto “Record” come il nome del kit d'altronde
La prova su strada
Le dimensioni contenute e il peso limitato a 179 kg in ordine di marcia senza la benzina (la concorrenza inglese e giapponese oltrepassa abbondantemente i 200), fanno della V7 una moto estremamente facile e intuitiva adatta a chi si avvicina al mondo delle due ruote o semplicemente a chi ci rientra magari dopo qualche anno di astinenza. La posizione di guida, con manubrio largo (semi manubri per la Racer) e pedane moderatamente rialzate, è più adatta ai guidatori che non superano il metro e settantacinque centimetri, pena trovarsi leggermente infossati, ma per i meno alti e soprattutto per il gentil sesso, non ci sono problemi. Inoltre nella gamma di accessori sono previste due selle, una più bassa, che porta il piano di seduta da 805 mm a 785 mm) e l'altra denominata Confort, entrambe sono dotate di imbottitura in gel.
Chiave di accensione, e dopo un rapido check della strumentazione dal look ultra classico e minimalista (unica concessione alla modernità sono i display per i contachilometri e l'orologio/temperatura) il bicilindrico prende a girare. Peccato non avere a disposizione almeno una moto con gli scarichi Arrow (purtroppo non omologati per l'uso stradale) che oltre a migliorare le prestazioni e a diminuire il peso complessivo, donerebbero un sound molto più appagante di quello pur piacevole delle versioni street legal.
Le modifiche apportate al cambio si percepiscono immediatamente, la corsa del pedale è diminuita decisamente, mentre il “clonck” che accompagnava l'innesto del primo rapporto, è scomparso. Un'altra bella sorpresa è rappresentata dalla frizione, che sul modello precedente non si distingueva certo per leggerezza, ora appare ben più lineare e morbida da manovrare.
Le prime centinaia di metri in sella alle V7, Special o Stone che siano, sono quasi imbarazzanti per chi scende da una qualsiasi naked pluricilindrica o da una modaiola endurona bicilindrica. Senso di imbarazzo, ma certamente positivo, anche perchè ci si trova tra le mani, o meglio sotto al sedere una moto divertente, facile e dannatamente leggera. La coppia massima non sarà di quelle che ti strappa le braccia ma è lineare su tutto l'arco di erogazione, la cavalleria non è esuberante, ma quando le dimensioni e soprattutto il peso, sono limitati, tutto appare più bello.
eccellente
non progettata benissimo