Triumph Bonneville Street Twin
Ed eccola finalmente! Non si chiama più (solo) Bonneville, ma la Bonnie è sempre lei. La Street Twin, di cui vi abbiamo anticipato la genesi motoristica in questo articolo e che vi abbiamo poi raccontato ad EICMA, è la più diretta erede fra le tre declinazioni delle nuove Triumph Classics del modello che ad inizio millennio ha gettato le fondamenta per il successo di un segmento – quello delle classiche, appunto – che oggi va per la maggiore.
Non pensate che si tratti di una mera evoluzione sulla falsariga di quanto avvenne nel 2007, quando l’avvento dell’Euro-3 costrinse i tecnici di Hinckley ad un aumento della cilindrata e all’adozione dell’iniezione elettronica. La nuova famiglia delle classiche Triumph si modernizza nuovamente sul piano tecnologico ma si tratta di una vera e propria rivoluzione, con l’arrivo di raffreddamento a liquido, ABS, acceleratore ride-by-wire, e già che ci siamo controllo di trazione. Una modernizzazione che le rende più affidabili e sicure senza tradire il fascino estetico di un modello i cui canoni sono ormai considerati immortali, perché sfidiamo chiunque a sostenere – restando serio, s’intende – che il radiatore, unico elemento di disturbo, sia realmente troppo in vista.
I tecnici Triumph hanno fatto veri e propri miracoli nel nascondere le componenti "troppo moderne", che potrebbero disturbare la pulizia delle linee della loro modern classic. Che non vuole essere una moto retrò, ma essere la Bonneville che un progettista della prima Bonneville avrebbe disegnato nel 2015. Avete presente la Porsche 911, sempre fedele a sé stessa pur se costantemente in evoluzione? Ecco, il concetto è lo stesso. E vi assicuriamo, dopo aver provato la Street Twin, che il paragone ci pare davvero azzeccatissimo.
Cosa è cambiato?
La nuova Street Twin è il modello d’accesso alla famiglia Bonneville. Rispetto al modello precedente strizza un po’ l’occhio al custom, con quella sella bassa che la avvicina a certe proposte bobber della concorrenza europea e giapponese. Ma non temete, se anche le foto non vi dovessero convincere vi basterà un’occhiata dal vivo per rendervi conto di come sia rimasta inconfondibilmente Bonneville – ne parleremo nel paragrafo successivo.
Il propulsore adottato sulla Street Twin è il nuovo bicilindrico parallelo denominato High Torque (in ragione degli 80Nm erogati a 3.200 giri, con un guadagno del 18% rispetto all’unità precedente da 865cc, mentre la potenza scende a 55cv, in linea del resto con la concorrenza) figlio di una completa riprogettazione, evidente fin da un primo, distratto sguardo sulla scheda tecnica. Lo schema moderatamente superquadro (l’alesaggio di 84,6mm trova riscontro in una corsa di 80mm) integra raffreddamento a liquido, distribuzione plurivalvole con comando monoalbero e una fasatura del manovellismo a 270° come su Scrambler, America e Speedmaster.
Se non vi bastassero i cambiamenti fin qui elencati, Triumph gioca l’asso con il comando acceleratore ride-by-wire. Prima che gridiate sdegnati dall’inutilità del gadget elettronico, ricordatevi che la normativa Euro-4 richiede una precisione millimetrica nella gestione dell’alimentazione, e che è necessario soprattutto a freddo far girare i motori magrissimi per rientrare nei limiti imposti. Non crediamo di sbagliare molto nel dire che la soluzione elettronica per la gestione dell’acceleratore sia praticamente indispensabile su motori bicilindrici di elevata cilindrata unitaria.
Inoltre, anche volendo ignorare il consumo migliorato del 36% rispetto alla precedente versione con raffreddamento ad aria, la soluzione RbW si porta dietro la possibilità di implementare il controllo di trazione (disinseribile, se ne sentiste per qualche motivo la necessità) che sfrutta le ruote foniche dell’ABS, anch’esso naturalmente di serie. Le “diavolerie” continuano con la frizione servoassistita antisaltellamento, il cambio a cinque rapporti, un faro posteriore a LED e la presa USB per la ricarica di smartphone e dispositivi elettronici vari. Il quadrante offre l’immobilizer di serie e un’inedita strumentazione con un quadrante singolo per il tachimetro e display digitale che mostra le indicazioni di rapporto inserito, contachilometri, livello carburante, autonomia, orologio ed altre.
Confronta la Speed Twin con le Bonneville precedenti
Il bello è che tutte queste meraviglie non vanno a discapito di pulizia e minimalismo estetici della Street Twin, perché gli elementi di disturbo sono stati nascosti con soluzioni di packaging che hanno del miracoloso. Il canister di recupero vapori necessario a soddisfare la normativa Euro-4 è stato nascosto sotto i fianchetti, il vaso di espansione del liquido refrigerante è anche lui posizionato dietro al forcellone, e le sonde lambda sono infilate nelle (finte) ghiere di raccordo dei collettori, vicino alle teste.
Passando alla ciclistica, troviamo la già citata sella ribassata (il valore si attesta a 750mm senza sacrificare la comodità) e un nuovo telaio (sempre a doppia culla in tubi d’acciaio) con quote improntate alla maneggevolezza. Il cannotto di sterzo è inclinato di 25,1°, per un’avancorsa di 102,4mm. L’interasse è relativamente contenuto – 1439mm – e il peso a secco idem, con un valore di 198kg che all’atto pratico, ve lo anticipiamo, sembra ancora inferiore grazie ad un baricentro rasoterra.
Il comparto sospensioni conta su unità KYB, con una forcella tradizionale a steli da 41mm ed un doppio ammortizzatore; per entrambi corsa di 120mm. L’impianto frenante propone invece due dischi singoli da 310 e 255mm con pinze Nissin a due pistoncini montati su cerchi in lega con finitura nera e strip colorate da 18 e 17 pollici rispettivamente per anteriore e posteriore. Gli pneumatici sono 100/90 e 150/70.
Come ultimamente indispensabile, Street Twin viene proposta in tre diversi allestimenti che “miscelano sapientemente” gli oltre 150 accessori disponibili sul catalogo di Hinckley. Il primo kit, denominato Scrambler offre lo scarico alto Vance & Hines (non omologato) con finitura spazzolata, il fender eliminator con fanalino posteriore compatto, sella special marrone a coste, manopole marroni a botticella, indicatori di direzione a Led compatti e paracoppa in alluminio spazzolato. Se la volete più cupa c’è il Brat Tracker (1.515 euro) che cambia la sella in un'unità a due posti nera con manopole della stessa tinta e propone scarichi Vance & Hines a passaggio basso; se invece userete per lo più la Street Twin in città potrebbe interessarvi il kit Urban (1.351 euro) che propone manubrio Ace, scarichi Vance & Hines, parabrezza basso fumé e borsa laterale singola in cuoio e cotone cerato.
A prescindere dal kit, potete ordinare la vostra Street Twin in cinque colorazioni: Matt Black, Jet Black e Phantom Black a 8.700 euro; con un sovrapprezzo di 150 euro potete ottenerla in Cranberry Red, con strisce su serbatoio e cerchi, e in Aluminium Silver con strisce su serbatoio e cerchi.
Vista dal vivo
Non ci gireremo attorno: la Street Twin è ancora inconfondibilmente una Bonneville. La linea – pur con qualche concessione ad uno stile più attuale – non la confondereste con nessun’altra, il serbatoio (sempre elegante in nero, ma ragazzi che bello in Cranberry Red…) mantiene la sua sagoma iconica e il motore, pur evoluto, resta piacevolmente familiare come un vecchio amico. I carter in nero opaco si stemperano nella tinta lucida dei cilindri e giocano sul contrasto con le parti non verniciate e le alettature sui cilindri “pulite” di macchina.
Un applauso a scena aperta ai tecnici Triumph per come hanno saputo nascondere alla vista il radiatore, di fatto visibile solo nella vista quasi frontale (e prestandoci attenzione) e per l’ormai consueta soluzione atta a nascondere gli iniettori.
Anche dove il classico e il moderno si incontrano, come nella strumentazione, nella staffa portafaro o nel faro posteriore, l’incontro si celebra con gusto e misura. Ci piacciono poco solo gli indicatori di direzione di serie, massicci e plasticosi, e qualche altra parte che mima il metallo ma lascia l’amaro in bocca al tocco, svelando un’essenza... sintetica come i fianchetti o, appunto, il faro posteriore. E per chiudere con le critiche, c’è un po’ di confusione nei cablaggi in zona cannotto di sterzo.
Sinceramente ci sembrano davvero peccati veniali, che siamo ben felici di perdonare alla nuova Bonneville perché tutto il resto del quadro alla voce “finiture” è davvero positivo. Brava Triumph!
Ora di salire in sella!
Anzi, di scendere, perché i 750mm di altezza della sella sono davvero pochi e rendono la Street Twin accessibile anche ai meno alti. La posizione risulta naturale e confortevole, anche se i colleghi più alti (chi scrive si attesta ad 1.72) hanno lamentato ginocchia un po’ troppo piegate a seguito dell’avvicinamento del pilota all’avantreno. Il serbatoio è stato infatti accorciato, determinando una postura più raccolta ma anche più brillante e capace di garantire un maggior controllo.
La voce del motore è cambiata radicalmente, perché la fasatura a 270° l’ha resa un po’ più zoppicante ma allo stesso tempo più personale – gli scarichi la mantengono brillante e gradevole. Il comando dell’acceleratore è piacevolmente morbido e privo di quel senso di “digitale” che caratterizza alcuni sistemi ride-by-wire, anche se a frizione disinnestata, nelle partenze da fermo, si fatica a percepire il collegamento fra la manetta e il motore. Ma ci si fa in fretta l’abitudine, e una volta in movimento il problema sparisce.
La frizione è morbidissima grazie alla servoassistenza, e anche in scalata, ve lo anticipiamo, ci si possono permettere intemperanze (o distrazioni…) arrivando ad inserire la prima senza dare troppo da fare alla ruota posteriore.
Ma una volta in movimento, dicevamo, iniziano le sorprese. Perché la risposta del motore è cambiata completamente rispetto a quella delle precedenti Bonnie. Corposa e ricca fin dalle prime aperture dell’acceleratore, l’erogazione è lontana anni luce dalla piatta progressione della vecchia Bonneville con fasatura a 360°, e può addirittura prendere un po’ in contropiede i meno esperti nell’uso cittadino. D’altra parte, regala un grande gusto a chi ha un po’ più di chilometri nel proprio repertorio, e stampa un bel sorriso sulla faccia tutte le volte che si vuole giocare un po’.
In città le sospensioni si rivelano bene a punto: sono più soffici nella parte iniziale della corsa, per assorbire meglio le asperità, ma la progressività della molla fa si che rispondano in maniera molto più sostenuta sul veloce. Molto gradevole anche la risposta dell’idraulica, degna compagna di molle ben tarate tanto sulla forcella che sui due ammortizzatori. Il cambio lamenta una corsa un po’ lunga e non è un fulmine; in compenso è preciso e ben spaziato, e per sfollare è davvero necessario usare un… piede di piombo.
Quando si esce dai limiti della città la Street Twin diventa un’ottima compagna di giochi: al netto della protezione aerodinamica (ovviamente inesistente) che rende un’impresa reggere a lungo medie autostradali, sul misto di campagna o montagna la bicilindrica di Hinckley si è letteralmente trasformata. Agile ma rotonda nella guida grazie all’azzeccata scelta di cerchi e gomme (a proposito, complimenti ai Pirelli Phantom sviluppati in cooperazione fra la Casa italiana e i tecnici Triumph) vanta un equilibrio raro.
Il motore risponde pronto e corposo nella guida allegra, pur con una personalità un po’ “tutto e subito”. Se ci si spinge ai regimi più alti, naturalmente andando ad orecchio vista l’assenza del contagiri, il propulsore finisce il fiato un po’ in anticipo, anche perché essendo del tutto scevro dalle vibrazioni (miracoli del contralbero e della nuova fasatura dell’albero motore) si può insistere con una marcia senza annebbiarsi la vista. Ma non ne vale la pena, perché il carattere del motore premia chi guida sfruttando la coppia: mettete una marcia in più e scoprirete un motore che, in terza o in quarta, è capace di darvi belle soddisfazioni anche nella guida sportiva, complice una ciclistica sana e divertente che solo a ritmi… impropri inizia a ballare un po’ sul veloce.
Un capitolo a parte meritano i freni. Come su tutte le moto di questa categoria la risposta non è prontissima, e i più esperti sentiranno la mancanza di un po’ di mordente. Ma la potenza è quella che serve, e nessuno, nemmeno i principianti, andrà mai in crisi. Il controllo di trazione? Ne abbiamo percepito l’intervento solo su fondi molto viscidi: la mattina, con il bagnato, e sulla segnaletica orizzontale della zona urbana. Insomma, quando serve ad evitare una brutta esperienza.
Allora, per chi è la Street Twin?
Siamo sicuri che ci sia voluto un coraggio leonino per cambiare un’icona come la Triumph Bonneville. Ce ne voleva tanto, tantissimo per modernizzarla tecnicamente come ha fatto la Casa di Hinckley, perché il dover sottostare alla normativa Euro-4 potrebbe non essere una scusa sufficiente a convincere i tradizionalisti – per definizione amanti delle Classics come la Bonnie – della necessità di adottare un radiatore e un comando dell’acceleratore Ride-by-Wire. Ci vuole forse ancora più coraggio a cambiarle nome, mettendo Bonneville in secondo piano e lasciando solo Street Twin.
Ma saltando dall’Inghilterra alla Sicilia diceva bene Giuseppe Tomasi di Lampedusa quando scriveva nel Gattopardo l’immortale “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Insomma, perché la Bonnie potesse restare la Bonnie modernizzarla è stato necessario. Un po' perché alle normative europee non interessa il fatto che gli appassionati di moto classiche storcano il naso davanti al progresso tecnologico. E un po' perché, lo ripetiamo, la nuova Street Twin è una moto completamente nuova, nella cui anima vive lo spirito della Bonnie originaria ma che è - e vuole essere - una moto moderna, che si guidi come tale. E dopo averla provata non possiamo che approvare la scelta Triumph.
La buona notizia è che questa modernizzazione non impone compromessi, perché i designer di Hinckley sono riusciti ad integrare molto bene – diciamocelo, a nascondere – le novità tecniche all’interno di una linea inconfondibilmente Bonneville. Anzi, questa modernizzazione ha dato vita ad una Bonnie più guidabile, efficace, sicura e piacevole. Come deve essere, del resto, la Bonneville del 2015.
La domanda di cui sopra trova risposta senza grosse difficoltà: è per tutti quelli a cui piaceva prima, e anche per qualcun’altro. Perché mantenendo tutti i suoi punti di forza precedenti ne ha guadagnato di nuovi. La Bonneville è morta? No. Secondo noi è sopravvissuta all’ennesimo colpo delle normative anti-inquinamento, uscendone ancora più gustosa e raffinata. Nel dubbio, viva la Bonneville. Anzi, la Street Twin.
Sono stati utilizzati:
Casco LS2 Bobber
Giubbotto Ixon Ninety-six
Pantaloni OJ
Stivali Ixon
Maggiori info:
Moto: Triumph Street Twin
Meteo: Sereno, 18°
Luogo: Valencia, Spagna
Terreno: Urbano, Extraurbano
Foto: Alessio Barbanti, Matteo Cavadini
Non c'è proprio paragone. Da una parte (sulla sponda Britannica) motore fintissimo (raffreddato a liquido ma con alette posticce)ruote in lega (su una Classic? Brrr!) e pezzi di plastica sparsi; tutte le frocerie moderne tipo ride-by-wire e nonostante questo (forse proprio per questo) un evidentissimo "scalino" di erogazione.
Sulla sponda Jap, una moto che è rimasta uguale a se stessa dal 1967, cambiando solo la cubatura 500-->650-->800, e solo per mantenere caratteristiche e prestazioni pur con la obbligatoria gestione elettronica (il corpo farfallato al posto del carburatore) e normative antipolluzione varie (catalizzatore).
Ma con distribuzione a coppie coniche che canta sommessa (sound ineguagliabile!), tamburo posteriore (che, sappiate, costa molto più di un disco!)acciaio, cromo e lamiera ovunque e senza risparmio, comodità da poltrona Frau.
Poi decidete con calma....