Nico Cereghini: “Riflessioni della montagna”
Ciao a tutti! Sabato scorso ero in vetta al Resegone, la cima lombarda di 1.825 metri che sta alle spalle di Lecco, rocce, pinnacoli di dolomia e una grande croce metallica alta dieci metri, piazzata nell’agosto 1925 sopra una massicciata di dodici quintali di cemento. Preciso i dettagli per sottolineare che noi motociclisti non siamo mica dei selvaggi e abbiamo una certa cultura. Non ci crederete ma persino lì sotto la croce mi è toccato contestare la “teoria del gommino”. Un simpatico e cordiale motociclista bergamasco, incrociandomi sul sentiero, se n’è uscito infatti con la fatidica frase: “a Rossi una gomma speciale non gliela negheranno di certo anche domani ad Austin”. Non era fuori zona, il bergamasco, perché il Resegone fa confine tra le due province (a Lecco è il Resegun e di là lo chiamano Rasgù), ma fuori tema sì: ormai lo sanno anche i sassi che la Michelin fa una gomma uguale per tutti.
Piuttosto, dopo la gara delle Americhe mi sono domandato se Valentino non abbia sviluppato, oltre alla nota sensibilità sulle gomme e tutto, anche un metodo per approcciare le gare. Un metodo un po’ diverso rispetto al passato, qualcosa che lo metta al riparo il più possibile dalle scivolate che alla sua età potrebbero comportare conseguenze antipatiche; perché naturalmente a trentotto anni non si ha più l’elasticità dei vent’anni: Marquez e Vinales sono due molle, Rossi un po’ meno. Colpisce tutti la capacità del Dottore di resuscitare la domenica per la gara, magari dopo prove tormentate e lente, e allora, forse, si può ipotizzare che non sia soltanto una questione legata all’indole (Rossi “animale da gara” come si dice spesso), ma anche a un lavoro programmato. Bisogna stare attenti a trattare questi temi (e capirò perfettamente i tifosi di Valentino se adesso si toccheranno), ma mi sento forte anche delle statistiche, quelle che dicono che nel 2016 Rossi è il pilota con meno cadute e Marquez quello con più cadute in stagione.
Tutti condividono la tesi che Marc prepari la gara con una grande dose di spavalderia e di coraggio, cercando il limite nelle prove anche a costo di qualche caduta di troppo; perché l’importante è non cadere in gara (e anche, aggiungo io, essere un gatto con sette vite come lui). Se è vero questo, allora può essere vero anche il contraltare: cioè che Rossi il venerdì e il sabato tenga da parte del margine, e abbia imparato a capire la direzione del settaggio anche senza avvicinare il limite. Più lento nelle prove insomma, qualche volta anche un po’ troppo lento, ma più sicuro e alla fine ugualmente pronto per la gara o quasi. Che ne dite? I conti vi tornano?
Oggi le moto sono più complesse, ma esistono anche programmi informatici che dovrebbero tirare fuori il settaggio quasi ideale per ogni pista, passibile di soli piccoli aggiustamenti da parte del pilota.
Non si riesce pertanto proprio a capire come un pilota possa passare due giorni a provare non si sa cosa per poi trovare la soluzione miracolosa soltanto alla domenica. La leggenda del "gommino" nasce proprio da questo.