Suzuki GSX-R1000 e GSX-1000R 2017 ad Intermot 2016: foto e dati
Ce l’aspettavamo già dallo scorso anno, quando ad EICMA è arrivato il concept che ci ha prefigurato – in maniera abbastanza precisa – come sarebbe stata la nuova Superbike Suzuki. Qui al Salone di Colonia Intermot 2016 arriva finalmente la nuova Suzuki GSX-R 1000 (o meglio, le nuove GSX-R, visto che parliamo di due versioni) con cui finalmente la Casa di Hamamatsu torna a colpire duro nel segmento delle Superbike. Durante il nostro viaggio in Giappone abbiamo avuto modo di conoscerla bene, in attesa finalmente di provarla, e possiamo quindi finalmente raccontarvi tutto nei minimi dettagli.
La nuova GSX-R 1000 è figlia di un progetto nato sette anni fa, parallelamente all’evoluzione del modello attuale nato appunto nel 2009 ed aggiornato nel 2011. Un lavoro che inizia con la definizione tecnologica e delle architetture generiche del modello, rallentato purtroppo dall’arrivo della crisi economica mondiale e di un terremoto che hanno portato ad uscire in netto ritardo rispetto a quanto pianificato, con un processo che vi racconteremo nel dettaglio in un prossimo articolo, a breve, per addolcirvi l’attesa da qui alla consegna. A questo proposito, le due GSX-R arriveranno in primavera: prima la versione standard e poi la R, con prezzi che verranno annunciati appena prima della commercializzazione.
Motore: arriva la fasatura variabile
La GSX-R 1000 2017 è una moto completamente nuova, figlia di una progettazione integrata con grandi interdipendenze fra motore e ciclistica, fra cui è impossibile trovare una star unica. Il propulsore però si presenta con la grande novità – una prima assoluta per la categoria – della distribuzione a fasatura variabile, grazie ad una soluzione molto intelligente (che Suzuki utilizza sulla sua MotoGP già dai tempi della 800) in grado di cambiare il posizionamento della camma d’aspirazione.
Fasatura e verso di rotazione dell’albero motore sono invece diverse rispetto alla GSX-RR impegnata in MotoGP per una serie di motivazioni. La fasatura a scoppi ravvicinati utilizzata sulla MotoGP Suzuki offre sicuramente grandi benefici in termini di trazione e relativo feeling nell’impiego estremo tipico della GP, con angoli di piega elevatissimi e la trazione offerta dalle gomme utilizzate, ma porta a a tutta una serie di compromessi su una moto stradale che in Suzuki non hanno voluto accettare. L’albero si appesantisce e si allunga, la larghezza del carter aumenta e così fanno le vibrazioni, rendendo pressoché obbligata l’adozione di un contralbero. Tutte soluzioni che appesantiscono la moto, rubano potenza e la rendono più soggetta ad inerzia giroscopica, motivi per cui ad Hamamatsu hanno scelto una fasatura regolare per gli scoppi. Tanto più che il tiro ai medi regimi viene ottenuto con il comando della distribuzione sopra citato.
Altra sostanziale differenza è appunto il verso di rotazione dell’albero, per motivi molto simili a quelli sopra citati: se l’albero è controrotante è necessario inserire un altro ingranaggio (che aumenta le dimensioni e porta a perdite meccaniche) aumentando le dimensioni dell’albero, il peso e penalizzando il feeling sull’avantreno. Tutti fattori in contrasto con la filosofia Suzuki, secondo cui “la moto volta grazie allo schema motoristico, e accelera grazie a quello ciclistico”, che conferma le forti interdipendenze fra i vari aspetti della dinamica della moto. A questo proposito, il motore più compatto e ruotato all’indietro di 6° permette di arretrare la forcella (20mm) e allungare il forcellone (+ 40mm), e il carico del propulsore stesso si sposta in avanti gravando sull’avantreno. Risultato: migliorano agilità e trazione.
L’architettura del motore è variata, con misure caratteristiche tornate a spostarsi verso uno schema a corsa corta (senza raggungere i livelli più estremi di BMW e Kawasaki) invertendo la tendenza inaugurata con la versione K7. E’ aumentato il rapporto di compressione, e naturalmente il sistema di alimentazione SDTV, con doppio corpo farfallato a gestione mista acceleratore/centralina è stato sostituito da un impianto completamente Ride-by-wire con iniettore secondario nell’airbox (il cui volume è rimasto praticamente invariato) e primario sottofarfalla, migliorando ulteriormente atomizzazione e pulizia della combustione rispetto al sistema precedente. E’ stato eliminato il contralbero, presente sulla versione precedente (migliorando così la rapidità a prendere giri) e la linea rossa è stata innalzata.
L’aspetto più innovativo del propulsore, dicevamo, è però il comando della distribuzione denominato Suzuki Racing VVT, che per inciso ora conta su un comando finale a dito SRF (Suzuki Racing Follower) e non a bicchierino. Un sistema meccanico (e non idraulico perché vietato dal regolamento del motomondiale) brevettato da Suzuki in uso già dal 2008 sulla MotoGP, semplice – e quindi estremamente affidabile, visto che non ha mai fatto registrare alcuna rottura nell’uso in gara – ma estremamente efficace, basato su un sistema vincolato all'ingranaggio di comando della distribuzione calettato llestremità dell’asse a camme che, per effetto della forza centrifuga, porta una serie di sferette a muoversi verso l’esterno all’interno di solchi e a comandare una rotazione delle camme sull’albero determinando quindi una fasatura più aggressiva della distribuzione agli alti regimi. Il risultato è poter contare così sul meglio dei due mondi: un tiro corposo ai bassi e ai medi regimi e tanta potenza in alto.
Un’altra importante differenza sta nei sistemi di aspirazione e scarico, con cornetti differenziati fra i cilindri esterni ed interni: i cilindri 1 e 4, in particolare, godono di cornetti stacked (ovvero sovrapposti) che con il mutare della pressione in aspirazione, agli alti regimi, aspirano anche in configurazione corta. E’ stata invece scartata la soluzione di un controllo elettronico per la penalizzazione in termini di peso, complessità e volumi. Allo scarico ci sono due valvole a farfalla a comando elettronico SET-A (chiuse ai bassi, aperte agli alti regimi) fra gli scarichi 1 e 4 e 2 e 3, per migliorare il tiro a tutti i regimi. Intervalli di manutenzione? Gli stessi di tutte le Suzuki “normali”: un primo tagliando a 1.000km, poi ogni 12.000 km o un anno.
La gestione elettronica
L’aspetto che forse brillava per assenza nella scheda tecnica della precedente GSX-R era la gestione elettronica che diamo ormai per scontata su tutte le supersportive. Il modello 2017 pone ovviamente rimedio con un sistema allo stato dell’arte, basato su una piattaforma inerziale a tre assi e sei direzioni. Il controllo di trazione è in grado di agire sia sull’anticipo che sulle farfalle; valuta velocità delle ruote, posizione dell’acceleratore, delle farfalle, posizione albero, marcia inserita e poi lavora in primo luogo sull’anticipo e dopo sull’apertura delle farfalle per ridurre le perdite d’aderenza.
Il sistema si chiama Motion Track TCS, ed agisce su 10 livelli. I livelli 1-4 sono riservati all’uso in pista, dal 5 all’8 per il misto oppure la guida disimpegnata e i livelli 9-10 sono pensati per il bagnato. Il sistema è disinseribile e di fatto funge anche da anti-impennata: i maniaci delle acrobazie saranno costretti a disabilitarlo, perché anche nelle tarature meno invasive il sistema (non pensato per discriminare fra un’impennata innescata dal pilota e quella derivante dall’accelerazione) consente un po’ di sollevamento dell’avantreno ma poi taglia la potenza.
Viene naturalmente mantenuto il sistema S-DMS, sempre con tre mappature: A per pista e misto, B più dolce ed adatta anche alla guida in città e C, per il bagnato e i momenti in cui si vuole davvero guidare senza pensieri. Da notare come la potenza massima resti invariata, ma cambi invece la progressione, e come non vi sia correlazione fra S-DMS e traction control, selezionabili in maniera del tutto indipendente.
Arriva anche il quickshifter bidirezionale (ovvero con blipper in scalata) anche se solo sulla GSX-R 1000R. Per gli amanti della pista che vogliono utilizzare un cambio rovesciato, è sufficiente invertire il leveraggio perché il sistema continua a funzionare in maniera impeccabile. E c’è anche il launch control, che lascia al pilota la sola gestione della frizione: il sistema mantiene il motore a regime costante e frena impennate e qualunque altro eccesso di entusiasmo che possa penalizzare la massima accelerazione.
Avvicinandoci ai margini della gestione elettronica vale comunque la pena di far notare la presenza dell’avviamento servoassistito già visto sulla GSX-S, ma anche della gestione partenza con sistema Low RPM assist come sull’SV 650, che al rilascio della frizione agisce sulle farfalle per impedire di far spegnere inavvertitamente il motore.
Per quanto riguarda il cruscotto è presente una raffinata unità a LED; stessa tecnologia per il faro anteriore più compatto e leggero che inverte la tendenza stilistica diventando più piccolo e riavvicinandosi alle linee del modello K3. Anche il faro posteriore è a LED, più compatto (pesa e ingombra quasi metà che rispetto ad un’unità convenzionale e, prima assoluta per Suzuki, luce targa a LED. Indovinate come sono le frecce? A LED…
La ciclistica
Sotto il piano ciclistico tutto è cambiato, come si nota già dalle misure caratteristiche che vedono un interasse esteso nonostante avancorsa e inclinazione cannotto immutati. Il telaio, naturalmente un doppio trave in alluminio, è più sottile rispetto al vecchio, più leggero del 10% ed ottimizzato nella rigidità, con un passaggio più stretto nella zona serbatoio (-20mm nel punto più largo) rispetto al modello precedente. E lasciatecelo dire, finalmente!
Arriva anche un nuovo forcellone, mentre il serbatoio si abbassa di 21mm (con un ritorno alla tradizione stilistica delle prime GSX-R, contraddistinte da serbatoi molto schiacciati) per migliorare la presa degli avambracci in pista e rendere più semplice l’adottare una posizione raccolta. La capienza cala di 1,5 litri, passando dai 17,5 attuali ai 16 litri del modello nuovo.
Le sospensioni – almeno nella versione GSX-R 1000R sono le nuove Showa BFF/BFRC con forcella pressurizzata, caratterizzate da un’azione più lineare e un minor effetto di “stiction”, ovvero di attrito iniziale, rispetto alle soluzioni convenzionali grazie ad una maggiore equalizzazione della pressione fra le varie camere idrauliche. Niente sospensioni semiattive, una scelta che i tecnici ritengono perdente al momento attuale in termini di prestazioni idrauliche e meccaniche delle componenti. Su una sportiva è una scelta più sensata, perché non serve grande flessibilità in termini di tarature né variazioni tanto istantanee.
L’impianto frenante è completamente Brembo, con dischi a soluzione mista convenzionale/T-Drive con maggior superficie di contatto fra dischi e flange per migliorare la frenata senza dare origine a fenomeni di vibrazione. Restano invece i raccordi in gomma e non in treccia aeronautica, ma con diversi materiali per ridurre la dilatazione: secondo Suzuki la soluzione con raccordi a treccia metallica presenta problemi sulla produzione di serie in termini di regolarità dell’usura e di affidabilità intesa come durata: l’acciaio viene aggredito dal liquido frenante e a lungo andare presenta fenomeni di corrosione.
Trovando una correlazione fra elettronica e ciclistica, vale la pena di segnalare l’adozione di ABS Continental con gestione legata alla piattaforma inerziale – sostanzialmente un Cornering ABS, che Suzuki ha però scelto di non chiamare così per questioni legali. L’ABS non è regolabile né disinseribile (come previsto dalle norme Euro4) a meno di non adottare il kit racing, una scelta condivisa da Suzuki che spiega come l’efficacia dei moderni sistemi venga meno solo in casi in cui comunque sarebbe auspicabile l’impiego del kit racing, nell’uso estremo in circuito e con pneumatici dal grip elevatissimo.
Restando in tema di pneumatici, va segnalata l’adozione delle nuove Bridgestone RS10 in luogo delle precedenti S20 con pneumatico posteriore 190/55. Cambiano anche i cerchi, con unità a 6 razze al posto delle tre precedenti, soluzione che permette di mantenere la stessa rigidità complessiva del cerchio rendendo più omogeneo il contatto sul terreno e migliorando quindi la trazione e il feeling, riducendo al contempo il peso sul bordo del cerchio e ottenendo così unità più performanti in accelerazione e frenata.
La carenatura
Le linee della nuova GSX-R 1000 sono sensibilmente più affusolate ed aerodinamiche dell’attuale, giunonica superbike di Hamamatsu. A parte quello che potete vedere da voi, vale la pena di evidenziare il nuovo percorso del sistema di aspirazione SRAD, che porta l’aria all’airbox con un percorso più breve e diretto, ma anche soluzioni aerodinamiche come la leva freno anteriore più affusolata (che riduce la pressione dell’aria e quindi la possibilità di agire involontariamente sulle pinze alle velocità elevatissime) ma anche specchietti anteriori più aerodinamici che non inglobano più i lampeggiatori per offrire una maggior compattezza. Naturalmente disponibile come optional il coprisella monoposto.
Due versioni
Come dicevamo in apertura, arriveranno due versioni della nuova Suzuki GSX-R, con la GSXR-R dotata di quickshifter e launch control, raffinate sospensioni Showa con forcella pressurizzata, luci di posizione a LED, batteria e piastra sterzo alleggerite nonché una configurazione inversa colori della strumentazione anch’essa a LED. In Italia arriverà prima la standard, poi la R, con tempistiche e prezzi ancora da definire.
Fatti per favorire il mercato degli scarichi aftermarket.