Honda CX500 Café Racer
La Guzzi giapponese veniva chiamata, non senza una punta di snobismo quando non proprio di disprezzo, la Honda CX. Arrivò nel 1977, con il suo V2 di 80° raffreddato a liquido, quando le sue concorrenti europee erano appunto la Guzzi V50 e la BMW R45. E' stata una moto relativamente apprezzata - tanto qui in Italia quanto all'estero, anche se ebbe più fortuna in Paesi più pragmatici come Germania e Francia - in tutte le sue declinazioni, finanche quella Turbo che dovette arrivare a 650 cc per convincere ma che non seppe trovare una sua identità nonostante la raffinatezza tecnica invidiabile.
E' quindi abbastanza inconsueto trovarne una come base di partenza per una Café Racer. Ancora più insolito trovarne una tanto riuscita, perché crediamo che basti guardare le foto per riconoscere in questa CX una moto dall'estetica davvero riuscita. E pensare che Noah Blum, l'autore di questa special, l'aveva comprata come mezzo non funzionante, datato 1980, venduto per ricambi. L'idea iniziale era quella di usarla come mezzo di trasporto economico, ma pian piano la voglia di metterci le mani ha preso il sopravvento.
Una cosa tira l'altra - con l'arrivo dell'avantreno di una CBR600RR praticamente immacolato, Noah ha pensato che il resto della moto era davvero troppo vecchio ed arrugginito. Ed è partito il progetto di ricostruzione completa, salvando però il telaio (tanto bistrattato a suo tempo ma rivalutato dall'autore) che gli ha permesso di nascondere nel sottosella praticamente tutto l'impianto elettrico, batteria compresa. E di aggiungere diversi dettagli realizzati in proprio - supporti faro, pedane, ma anche i silenziatori in alluminio, accordati all'aspirazione attraverso l'impiego di due carburatori Mikuni VM34.
Il serbatoio è un'unità proveiente da una CX Deluxe, mentre il codino è realizzato artigianalmente partendo dalle due metà di un vecchio serbatoio (sempre di provenienza CX, ma nell'allestimento Custom) tagliate e risaldate. Noah non amava il look dei cerchi Comstar utilizzati e ha quindi provveduto ad adattare cerchi a raggi DID in alluminio nelle misure da 19 e 17 pollici, utilizzando il mozzo posteriore di una GL1000 (la prima Goldwing, a quattro cilindri boxer) accoppiata alla trasmissione cardanica.
Fonte: BikeEXIF
sarebbe una figata
A mio parere quella parte sarebbe da rivedere.
Per il resto... bella davvero!
Veramente..