Il rapporto fra Casa e concessionario, tavola rotonda ADD15
Dell'interessante ricerca DealerSTAT condotta da Quintegia e presentata all'appuntamento ADD15, ovvero l'Automotive Dealer Day svolto a Verona dal 21 al 23 aprile, vi abbiamo mostrato i risultati e scritto quali sono state le marche premiate dai rispettivi concessionari. Ritorniamo al forum “Mercato moto e aree di miglioramento nella relazione tra Case e concessionari” per approfondire i temi discussi nella tavola rotonda moderata dal nostro Nico Cereghini e che ha visto confrontarsi Stefano Ronzoni (Direttore della divisione italiana di BMW Motorrad) e Christophe Couet, Direttore generale di Triumph Italia.
BMW è stata premiata dai concessionari italiani come la prima marca migliore nel rapporto fra Casa e rete di vendita. I motociclisti conoscono la cura che trovano nelle vostre concessionarie e gli stessi dealer hanno espresso un giudizio eccellente sul punto vendita. Questa cura per l'immagine e lo stile vengono dal mondo auto? È una sinergia fra i due mondi o cosa altro?
Stefano Ronzoni «Per noi è una fortuna avere una parentela stretta con il mondo auto, ma un'altra fortuna è l'autonomia. La corporate identity non è una imposizione, fa parte della nostra cultura creare un ambiente dove il cliente si sente a casa propria e in qualsiasi punto italiano si trovi».
Guardando alla ricerca DealerSTAT sembra esserci un equilibrio fra chi manterrebbe l'attuale mandato (il 42% terrebbe la marca con la quale lavora) e chi cambierebbe il mandato in futuro (sempre il 42%): che effetto vi fa questo dato? E quali sono i punti di forza della vostra marca?
Ronzoni «Potremmo leggere questa risposta anche in chiave diversa, magari alcuni concessionari terrebbero il marchio attuale e ne aggiungerebbero uno nuovo. Per quanto riguarda BMW, i punti di forza sono essenzialmente una rete molto stabile, tanto che nei meeting – ne facciamo tre all'anno - vediamo sempre gli stessi volti. Abbiamo sviluppato nel corso di questi ultimi anni una buona cultura aziendale. I tedeschi dicono che la cultura aziendale mangia la strategia a colazione, insomma condividere i valori con i concessionari è fondamentale. Ci sono stati momenti difficile e più semplici. Ci ricordiamo tutti il 2009: è stato un anno commercialmente difficilissimo per le moto, ma ci siamo stretti a coorte perché abbiamo una chiara strategia comune e una cultura condivisa».
Christophe Couet «Notare che il 42% cambierebbe il proprio mandato non mi stupisce, bisogna pensare che da sei anni il mondo delle due ruote è molto calato ed è ovvio che ci siano dubbi sulla tenuta della struttura, come ci sono difficoltà con le banche. Come Triumph abbiamo attualmente 45 concessionarie, prima ne avevamo 65. Ho voluto questa riduzione perché il mercato non richiede una capillarità così grande e poi il business che proponiamo alla rete deve essere bilanciati fra le nostre richieste e quelle della rete».
Parliamo di branding spirit. Una volta bastava guardare le riviste di settore, oggi il cliente bisogna cercarlo e affascinarlo, quali sono le vostre strategia a riguardo?
Ronzoni «Giusta osservazione, ora è più complesso rispetto al passato. Nel 2006 il mercato valeva circa 136.000 moto nei nostri segmenti di riferimenti: nel 2014 sono state 43.000. In passato il cliente andava in concessionaria mediamente 5 volte per un acquisto, ora ci va 1,6 volte. Quando il cliente arriva noi dobbiamo già averlo coccolato e dobbiamo averne ravvivato la passione per la moto. Un tempo eravamo più settoriali nel nostro mondo, oggi ci sono motociclisti che hanno bisogno di vivere la moto in modo diverso».
In quale ambito si può migliorare. Dall'osservatorio di Moto.it ci rendiamo conto che c'è molto da fare
Ronzoni «Per cultura non siamo mai contenti, diciamo va bene ma non benissimo. Stiamo usando tantissimo il mondo web, il cliente giovane frequenta tantissimo quel canale, il mondo è cambiato e continua a cambiare: quello che abbiamo fatto bene ieri oggi non basta più».
Couet «Il percorso di acquisto del cliente è cambiato da quando c'è internet, e si è diffuso negli ultimi dieci anni. Per questa ragione il numero di visite dal concessionario è calato. Succede che la clientela arriva quando ha fatto la sua ricerca su internet, o sui social media per i più giovani – ed entrambe le aree devono vederci presenti al massimo – per capire e conoscere il valore del marchio oltre che della moto. Una volta che il cliente entra nel negozio dobbiamo soddisfarlo subito, è finito il tempo dei parolai: chi entra in negozio non viene per fare una passeggiata: ha già le idee abbastanza chiare. A quel punto dobbiamo dimostrare di essere competenti e appassionati, visto che chi compra una moto vive di passione. Dobbiamo essere più professionali».
La redditività è stata affrontata nei questionario DealerSTAT e una delle aree critiche emerse in quest'ambito è la vendita dell'usato, che oggi si sta spostando verso lo scambio diretto fra i privati. Come intervenite su questa che pare una spina nel fianco dei concessionari?
Couet «E' una spina nel fianco sì e no. Noi al momento non abbiamo ancora un programma di usato certificato come ha per esempio BMW, ma lo stiamo avviando. Aggiungo che la regola dei due anni di garanzia sull'usato che vige in Italia non aiuta la gestione, perché il rischio per il concessionario con scadenze così lunghe c'è e questo lo spaventa soprattutto se sono in ballo cifre relative e margini modesti. Una volta l'usato era visto come un problema. Ora è una vera opportunità e dobbiamo dare più spazio a questa attività, a prescindere dai marchi trattati».
Ronzoni «Condivido sul fatto che l'usato sia un'opportunità di business e che è un'area che deve essere ulteriormente sviluppata. Grazie anche alla vicinanza con i cugini delle auto, abbiamo un programma di certificazione sia di gestione per il concessionario sia di assicurazione dell'usato (Premium Selection). Ora lo stock dell'usato è sotto controllo, ma l'usato non gestito bene significa immobilizzazione finanziaria. Occorre conoscere bene il mercato e garantire una buona rotazione. Occorre aiutare i concessionari ad applicare gli strumenti giusti».
Normalmente nelle indagini è il prodotto l'area più apprezzata, invece qui viene premiato il servizio post vendita. Guardando ai tre asset (nuovo, usato e post vendita) come si compone la torta?
Ronzoni «Fatto 100 il fatturato, ora abbiamo 50% nel nuovo, 25% nell'usato e 25% nel post vendita. Siamo contenti che il servizio sia preferito al prodotto. Sarebbe da approfondire, ma forse è perché i concessionari moto, a differenza dell'auto, sono già appassionati del prodotto che vendono».
Couet «Noi registriamo un 60-65% sul nuovo, il 10-15% del giro d'affari sull'usato e il resto come attività di post vendita. Non è una sorpresa che venga fuori così bene la voce post vendita. Perché prima della crisi di vendita che abbiamo conosciuto, il post vendita era visto quasi come un male necessario. Ora il concessionario ha capito che quella è diventata un'area di business. Abbiamo svolto vari programmi sulla post vendita e ora questa attività dà una real redditività».