Yamaha XT 660z Special MCh2r-First Element
Simone Tozzi è un nostro lettore, dotato di una certa dose di passione – la foto che vedete in apertura dovrebbe essere sufficiente per capire di non essere davanti ad un motociclista casual, se capite cosa vogliamo dire. Chi s’imbarca in un’impresa come quella che ha appena compiuto lui – grazie all’aiuto di un abile meccanico – deve avere una passione forte per la moto.
Una passione che porta a creare oggetti come la Yamaha xt660z che vedete nelle foto, e anche a stringere amicizie (solitamente molto durature) con quelle persone con cui si condivide la lucida follia necessaria per pensare e compiere imprese del genere.
Sarebbe facile limitarsi a citare le modifiche effettuate e i pezzi creati allo scopo, come si fa per le altre special, ma lo stesso Simone ci ha tenuto a raccontarci passo dopo passo la nascita della sua “First Element”. Una genesi che va di pari passo con la nascita della sua amicizia con Chris, il meccanico che lo ha supportato nell’impresa. Abbiamo quindi pensato di cedere la parola a lui, perché ci raccontasse com’è andata.
Sappiamo tutti cosa succede al motociclista quando è costretto con la moto in garage. Inizia ad elucubrare, pensa a modifiche e miglioramenti passando il tempo libero su Internet alla ricerca di gadget e suggerimenti. Ma non sappiamo cosa succederebbe se lo stesso motociclista sapesse che esiste un posto dove ogni idea, ogni miglioramento diventa realtà superando l'immaginifico. Un luogo mistico sconosciuto anche a Tolkien del Signore degli Anelli: le miniere bovesane.
Se pensate che stia esagerando, datemi un momento e capirete che non è così, ma andiamo con ordine. Sono un neofita, endurista per vocazione con la fissa dell'home made. Non sono un patito degli accessori blasonati, preferisco di gran lunga l'artigianato, il fai da te da cantina. Inoltre non mi piace l'estetica fine a se stessa tant'è che impazzisco per gli oggetti ingegnosamente utili.
La mia fissazione del momento era quella d'imparare a usare la vetro resina per autocostruirmi pezzi di ricambio. Galeotto fu il Forum del Club Ténéré Italia dove chiesi aiuto. Tra i tanti mi rispose un certo Chris2 che oltre a prodigarsi in consigli, mi disse "...se ti va, potresti venire nella mia officina, mi piacerebbe vedere bene un xt660z perché avrei una mezza idea di costruire una monocarena dakariana".
Perspicace come una faina pensai "figo, un altro cantinaro". Non avevo capito niente.
Fu così che il primo dicembre del 2013 mi sparai 100km sotto la neve per andare in quel di Boves, paesino in provincia di Cuneo. L'accoglienza è stata come quella di un vecchio amico ritrovato dopo tanto nonostante fosse la prima volta che ci vedevamo. Giusto il tempo di recuperare la sensibilità del corpo e di prendere un caffè caldo che Chris iniziò subito a girare intorno al mio XT.
Nel frattempo iniziai orgogliosamente a mostrare tutte le modifiche da me apportate e le parti autocostruite. Complici la curiosità e le domande non mi accorsi nemmeno che non mi trovavo di fronte ad un "cantinaro" fin quando mi disse "dai vieni che ti faccio vedere le mie moto". Fu in quel preciso momento che mi resi conto di trovarmi di fronte ad un extraterrestre (ma non diteglielo perché vi manda a quel paese) ma che con straordinaria sorpresa parlava il "cantinese" mostrando le sue creature. Orgoglioso di quello che aveva fatto ma senza presunzione, anzi, con un pizzico di timore che potessero non piacere.
A volte è solo una questione di pelle e con Chris mi ci ritrovai subito.
Senza ulteriori indugi iniziammo a mettere a nudo la Tenerella. Da subito escludemmo di mettere mano al motore, consapevoli che l'ormai collaudato Minarelli è stato fatto per macinare chilometri e non per performance enduristiche. Quindi evitammo di buttarci nella smania di ridurre peso, un non senso su una moto da 200 kg nata per viaggiare per il mondo e considerato il mio scarso manico.
L'idea di base era quella di costruire una monocarena dakariana che partisse dal cupolino per arrivare a coprire anche il serbatoio. In completo stile rally. Da subito sono iniziate le dolenti note, in quanto l'imponenza del serbatoio da circa 24 litri non permetteva di avere una bella linea. Un po' sconfortati decidemmo di affogare i pensieri in un buon kebab.
Complici le spezie e le cipolle decidemmo di rincominciare da zero partendo dal cupolino, "chissà, magari per i fianchetti la soluzione arriverà strada facendo" pensammo.
Decidemmo di mantenere il gruppo faro e il portastrumentazione originale; essendo minimale e robusto crearne uno nuovo in alluminio non avrebbe comportato vantaggi particolari in quanto la differenza di peso sarebbe stata poca a scapito di costi aggiuntivi superflui. Pertanto si stabilì la strada da perseguire, ovvero, di inventarsi qualcosa di particolare e accattivante ma con l'enorme vincolo di non modificare strutturalmente il mezzo e di usare i punti di ancoraggio esistenti: una sorta di kit che ognuno avrebbe potuto personalizzare e montare. Il primo per l'XT660Z Ténéré.
Chris, cicca alla mano, rincominciò a girare intorno alla moto ed è lì che vidi l'inizio della magia; mentre prese a sciorinare idee, analizzare problemi, trovare possibili soluzioni recuperò un foglio di alluminio e nel giro di 1/2 ora mi mise tra le mani un abbozzo di monocarena già di misura e potenzialmente montabile. Neanche con la carta riuscirei a creare qualcosa con tanta rapidità. Chris fa sculture in alluminio. Ci rendemmo conto che la strada era quella giusta, restava da decidere quanto farlo alto e che forma dargli discostandolo dall'originale ma rispettando le linee della moto.
Decidemmo di non usare plexiglass ma di fare il cupolino pieno e di aumentarlo di 5 cm rispetto all'originale in modo da avere una protezione migliore dai flussi d'aria anche nella guida in piedi. Nel rispetto delle linee sono stati creati spigoli arrotondati (come quelli del serbatoio) e data una curvatura che a partire dal faro si protende leggermente verso l'avantreno. Avrebbe inglobato anche le frecce, in una unica monocarena appoggiando solidalmente al serbatoio e sfruttando i punti d'ancoraggio esistenti.
L'estetica era stata trovata rimaneva la cosa più importante da valutare ovvero la sicurezza. "Fratello, per quanto mi possa piacere, se non ritengo sicuro il pezzo per me non esce dall'officina" mi disse Chris "e così com'è non va bene, immagina di prendere una mela e senza imprimere troppa forza capire se si incastrerebbe sul bordo superiore del cupolino. Ecco, se fosse la tua testa?". Sono sbigottito. Capisco che troppo spesso l'estetica ha la meglio su parametri ben più importanti, ma non qui.
Il minatore bovesano sapeva già cosa doveva fare e realizzò un bordo rientrante di qualche millimetro su tutta la cornice del cupolino e per diminuire le turbolenze s'inventò due aperture, una per lato, poco sopra le frecce. Due chicche che rendono ancora più accattivante la nuova monocarena, ma che hanno comportato ulteriori fatiche nella creazione dello stampo. Ma le cose devono essere fatte per bene.
Sono felice come un bambino in un negozio di caramelle, ma a Chris rimane un grande cruccio, quello di creare delle fiancatine laterali. I tentativi sono stati molti ma tutti mai completamente soddisfacenti. Serbatoio maledetto. Inoltre non si trovava il senso pratico nel costruire pezzi particolari nel punto di maggior contatto in caso di caduta.
Passarono mesi prima di decidersi a lasciar perdere e mantenere le fiancatine originali, tanto da sentirmi dire a casa "la Cappella Sistina come procede?" Anche se, in effetti, la precisione maniacale e l'attenzione al dettaglio di Chris trovarono in me un giusto alleato.
La monocarena era pressoché fatta ora potevamo dedicarci al parafango anteriore; il minatore bovesano aveva le idee chiare e in pochi minuti trovò la soluzione migliore. Mantenendo la linea dell'originale, accorciare la parte posteriore di alcuni centimetri creando nella parte anteriore un punto di giunzione tra parafango e parasteli con una apertura a goccia, in puro stile racing.
Le idee scorrevano a fiumi e l'entusiasmo che provavo nel vedere realizzato quello che pensavo mi mandava in estasi. La mano di Chris è più veloce del pensiero, come Lucky Luke con la sua ombra.
Questo è il paese delle meraviglie e me ne rendo conto quando mi viene mostrato come fare il paramotore. "...dovrà essere avvolgente, sfrutterà i punti di ancoraggio originali ma dovrà avere la possibilità di essere montato e smontato rapidamente. Proteggerà pompa dell'acqua e regolatore di tensione. Avrà delle aperture per convogliare l'aria al motore e ai collettori. Dovrà essere esteticamente solidale alla moto, come se fosse da sempre stato lì ma nel contempo attirare l'attenzione. Tutto in 3 mm di spessore. Sarà in tutto e per tutto il mio marchio di fabbrica."
Il risultato parla da se, ma averlo visto creare a partire da un foglio di alluminio è stato sbalorditivo. La costruzione delle dime necessarie, la scelta di seguire l'estetica delle attuali dakariane con pieghe specifiche per dare la giusta robustezza con il minimo peso. È forse il pezzo creato da Chris che sono più orgoglioso di avere; c'è concentrata tutta l'abilità e l'esperienza di un grande artigiano. Gran parte del lavoro era fatto, la monocarena, il parafango anteriore ed il paramotore ma ciononostante appena avevo una mezza giornata libera mi fiondavo subito all'officina, era diventata una necessità. "Tesoro" dicevo a mia moglie "devo andare dal mio terapeuta".
Nel frattempo iniziai a pensare alla colorazione che, di base, sarebbe stata bianca con rosso e nero a seguire, in puro stile Ténéré. Ma decisi subito di non voler mettere adesivi di marche e pubblicità, questa Tenerella avrebbe parlato di me, dei miei amici e dei miei viaggi.
Erano trascorsi circa sei mesi da quando misi piede per la prima volta nelle miniere bovesane quando la Cappella Sistina dovette subire un arresto. "Guarda Simo, ti chiedo scusa ma sarebbe un problema se per qualche giorno lasciassi perdere la tua Tenerella? Mi è stato proposto di fare assistenza all'Hellas Rally e dovrei preparare un Super Ténéré per David Fretigné" (pluri iridato pilota francese). Strabuzzai gli occhi, proprio come state facendo voi ora.
Da quella esperienza è nata una splendida 1200, straordinariamente recensita su riviste di mezzo mondo e che ha concorso all'ultima Africa Eco Race 2015. Ma questa è un'altra storia.
Una volta ritornato ci dedicammo ad alcune piccole migliorie. Le prime furono porta targa e luci posteriori.
Sebbene il mio fosse già la metà dell'originale perché spezzato durante una gita in off, decisi di fare un portatarga minimal con luce posteriori a led. "Aspetta un momento" mi disse Chris andando a prendere un sacco da cui iniziò a tirare fuori alcuni codini, "questo potrebbe andare bene, certo è un po' rovinato e non ho idea di che marca sia. Se non ricordo male era sulla moto di Botturi usata al Rally di Dubai, può andarti bene?" MIO!!! Questa moto ha già così tanto da raccontare e non è ancora uscita dall'officina...
Dopo il gruppo luci Chris sostituì la batteria con quella del 1200 adattandone l'alloggiamento, migliorò la scatola porta attrezzi che mi ero costruito e che avevo posizionato nello spazio ricavato tra gli scarichi con accesso dal sotto sella, adattò un cruna catena, allargò il piede del cavalletto, recuperò dei paramani in alluminio di quando correva motard per poi adattarli al manubrio della 660 e modificò, riducendole di peso, le due valigette porta attrezzi "Titanox" (così chiamate dal nome della scatola del ferro da stiro usata per creare il modellino), ubicate sotto gli scarichi Leovince agganciate all'interno del telaio portaborse.
A questo punto avremmo potuto tranquillamente berci una bella birra fresca soddisfatti e compiaciuti ma Chris è astemio e quindi gli ingranaggi del minatore ricominciarono a girare.
Chi fa spesso off è orgoglioso di parcheggiare la moto infangata in garage sporca di terra, guarda poco la ruggine e le righe sono cicatrici di guerra, però anche il cinghiale di quando in quando si gratta sugli alberi per scrollarsi il fango. Così, nei rally, ogni giorno il pilota spreme la moto ma al mattino riparte con il mezzo bello, pulito ed efficiente, tutto, grazie al meccanico. Un sogno. Provate ad immaginare, quindi, cosa potreste fare se dovesse arrivarvi un whatsapp che vi dice "...ah senti spero non ti dispiaccia ma ti ho pulito gli scarichi ed i collettori ora ha un'erogazione pulita e regolare". A queste notizie anche all'uomo più rude si righerebbe il viso con una lacrima.
La nuova xt660z Ténéré MCh2r era finita. La prima, la First-Element.
Non stavo più nella pelle ma ero combattuto perché se da un lato non vedevo l'ora di godermi la creatura dall'altra mi rattristava che tutto ciò finisse. Andare in officina era come da bambino quando aspettavo mio papà per giocare con le macchinine. Man mano i lavori da fare si riducevano c'inventavamo qualcosa. Molte sono state le migliorie fatte, oltre ai pezzi creati, tanto che l'unico modo per sdebitarmi sarebbe un vitalizio di kebab e souvlaki (ma senza insalata).
Le due ruote avevano creato un'amicizia e mi inorgoglisce sapere che sotto le sapienti mani di Chris sono passate tante prestigiose moto e che la mia sia una di quelle, ma in quel di Boves non si sta con le mani in mano e il vuoto lasciato dalla mia XT fu presto colmato da un Super Ténéré 750, ex DAQ, di tutto rispetto.
Ma questa è ancora un'altra storia, una delle tante delle miniere bovesane.
Io mi chiamo Alessandro Saglietti 338.3543953 o su FB (in foto sono con il tenerè)
Ciao