ISDE 2019 Portugal. Day 5. E venne il giorno di Garcia
Portimao, Portogallo, 15 Novembre. Giorno 5. Ci penso da 24 ore. Mi viene da piangere. Sport, divertimento, svago. Dovrebbero essere le leggi di un porto franco dove non si pagano mai le tasse. Dove non succede nulla che possa interrompere il flusso di energie positive che attraversano quel genere di sospensione dalla routine alimentate dalla passione.
Piccole o grandi cose che stanno nel cuore, non si misurano con il senso della vita e non possono entrare nel conto del giusto e sbagliato. Sono così, leggere e reali, forti di carica prepotentemente umana. Non conoscevo Pierluigi Mattioli, ma immagino facilmente cosa muovesse la sua passione. È come se me lo avesse detto lui.
Pierluigi come molti di noi, penso, come tutti quelli che si lasciano trasportare da un piacere leggero e potente senza attribuirgli particolari valori se non quello della partecipazione alle cose belle della vita. Ecco che quando la vita viene meno, e quel flusso si interrompe bruscamente, si è sopraffatti da una sorta di rimorso collettivo, quasi disposti a ritirare la mano dallo scenario della disgrazia per non sostenerne l’insopportabile peso emotivo. Pierluigi era come noi, è andato avanti sulla mulattiera dell’infinito. Ci lascia indietro, dispiaciuti e stretti nel cuore.
Sia chiaro. La Sei Giorni portoghese non rimarrà scolpita nel cuore degli appassionati. Sì, partecipare è sempre una medaglia della memoria, ma questa non è un’edizione memorabile. Un po’ approssimativa, molto da migliorare, qualcosa di storto e anche di molto sfortunato, qualcosa che non farà rinnegare il volo di ritorno.
È pur sempre la Sei Giorni Internazionale di Enduro, spessore, cuore, agonismo e sofferenza, impegno massimo e stress infinito. È l’Olimpiade dell’Enduro, il massimo del suo genere. Quanto basta, in ogni caso per ripromettersi di rimetterla sui binari della leggenda ultra centenaria. Questo è un obbligo.
Si tirano i remi in barca. Il rischio è più alto del vantaggio da andare a cercare. La situazione generale è abbastanza stabile da inibire sortite avventurose. Si incrociano più le dita che le lame. Ormai è… se tutto va bene. Sì, perché entra prepotentemente in gioco, e sale alla mente, l’affidabilità dei mezzi, il fatto che manca poco e il più è fatto, ma quel che resta può sempre essere troppo.
Si è fermato Andrea Verona. È il condottiero della formazione azzurra del Trofeo Junior. Erano terzi. La moto di Andrea non è partita, e la sua quinta giornata di gara non è neanche iniziata. Fine dell’avventura, dopo una notte insonne passata ad aspettarselo.
Accade dopo che è successo a molti altri, casi sconosciuti e importanti, come Espinasse o Cavallo. Certo, il regolamento della Sei Giorni è abbastanza severo, e curioso, proprio con chi di solito è trattato con maggiore indulgenza, i giovani. Si vede che devono farsi le ossa e vedere in faccia la nuda realtà quanto prima.
L’Italia del Vaso d’Argento scivola via, la Squadra ora è solo la prima della ista delle forfettizzate. In testa, saldamente in termini di vantaggio, ancora gli australiani di Snodgrass davanti agli americani di Baylor e, adesso, gli spagnoli di Navarro.
Anche la situazione del Trofeo Mondiale è stabile. Agli americani manca solo la giornata di Motocross per raddoppiare il successo del 2016. Sanders non può, da solo, ribaltare la situazione e recuperare due minuti, e sul cielo dell’Australia arriva un’altra delle spade di Damocle della Six Days. Matthew Phillips è caduto ed è stato evacuato. Niente di rotto, niente di niente, ma è out e la sua Squadra, alla quale aveva portato pochino, in verità, non può più permettersi di sbagliare.
Esattamente quello che succede all’Italia, terza ma priva dell’apporto di Cavallo, che trattiene il fiato seguendo nell’ennesima bella giornata dell’infallibile Guarneri. Moroni e Oldrati se la giocano, si sente la mancanza di papà Salvini.
In effetti la quinta giornata di gara ha portato una piccola novità. l’infallibilità di Daniel Sanders è venuta meno con la vittoria di Josep Garcia. Lo spagnolo inseguiva almeno questo autografo dall’inizio della Sei Giorni portoghese. Sanders era imprendibile i primi giorni sul terreno sabbioso, ma Garcia era rimasto un minuto intrappolato nel filo di ferro, proprio quando sembrava poter ribaltare la situazione, almeno per un giorno.
Finalmente ce l’ha fatta. Non è indicativo il fatto che Sanders possa aver deciso di diminuire la pressione sulla Gara. In fondo l’australiano ne è il mattatore assoluto, ma lo spagnolo è colui che, unico in grado di sostenere il duello, ne mette in risalto il livello.
Bellissima, ricca, intensa la gara del Trofeo Vintage. Una quantità di purosangue di una lunga epoca. Moto da strofinarsi gli occhi, Campioni da farsi venire la pelle d’oca. Quelli dell’Enduro sono Campioni tra la gente, prerogativa lussuosa di una specialità pura, sono la gente. E vanno forte. Si era già visto in altre occasioni, per esempio a Rovetta in occasione del Mondiale. Gli eroi dell’'epoca' hanno dato vita a una delle gare più emozionanti, più intense.
In Portogallo portiamo lo show della nostra migliore compagnia di teatranti. E non fanno teatro, non soltanto. Rinaldi, Sala, Casartelli, Passeri. In ordine di classifica, primo, secondo, terzo, quarto. Fate voi. Le loro moto, riflessi del desiderio di decenni, magari ancora capaci di frenare, certo non più di stare sulle sospensioni come quelle di oggi. Eppure i Sala, i Rinaldi, le fanno volare. Il vero show è il talento, insieme a quel modo di essere.
Rinaldi e Sala sono in testa alla rispettiva sub-classifica basata sulla carta d’identità, Rinaldi in testa anche all’assoluta, ed è quella spina nel fianco che Sala non rinuncia a cercare di togliersi. Come ai vecchi tempi. Sono separati da pochi secondi. tutto può ancora essere. Intanto è che si divertono, fanno divertire, emozionare.
Un giorno alla fine. Motocross.
Foto: Dario Agrati