Motori degli altri: direzione Bologna
Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio del decennio successivo la tedesca MZ si è imposta prepotentemente alla attenzione mondiale grazie alle straordinarie prestazioni dei suoi motori da competizione e ha mostrato la strada a tutti i costruttori di motori a due tempi.
In breve tempo tutti quelli da corsa sono stati tutti dotati di disco rotante per il controllo della aspirazione e di camera di espansione allo scarico. A mostrare quali risultati si potevano ottenere grazie a questi dispositivi erano state proprio le MZ da GP progettate dall’ing. Kaaden (autentico padre dei due tempi moderni).
Pure i modelli di serie della MZ andavano molto bene e venivano prodotti in numeri considerevoli. Finivano però tutti nei paesi dell’est europeo, anche se qualcuno si cominciava a vedere in nazioni occidentali come l’Inghilterra. Da noi però queste moto non arrivavano.
La loro validità non poteva sfuggire al dinamico Leopoldo Tartarini che infatti stipulò un contratto con la casa tedesca per la fornitura di motori sciolti, da installare in ciclistiche costruite in Italia. Come c’era riuscito nonostante la cortina di ferro e in un clima di piena guerra fredda lo sapeva soltanto lui.
È nata così, nel 1960, l’Italemmezeta che ha ben presto cominciato a produrre una bella 125, proposta in tre versioni ma venduta in numeri piuttosto modesti. La mano dell’imprenditore bolognese, validissimo ex-pilota e ora anche eccellente stilista, già era evidente.
Parallelamente Tartarini però stava iniziando ad affermarsi alla grande nel settore dei ciclomotori che costruiva nel suo stabilimento di San Lazzaro di Savena.
Nella seconda metà degli anni Sessanta l’americano Floyd Clymer, che poco tempo prima aveva acquisito lo storico e glorioso marchio Indian, ha pensato di rilanciarlo utilizzando motori di case che avevano cessato l’attività o che stavano per farlo e montandoli su una parte ciclistica ed estetica realizzata da Tartarini, con il quale aveva già stretti rapporti. L’Italjet infatti stava producendo per lui dei ciclomotori che venivano venduti in numeri considerevoli sul mercato americano, dove erano chiamati Papoose.
Clymer era un grande appassionato e un formidabile esperto che era diventato famoso nel settore della editoria specializzata con i suoi eccellenti manuali tecnici, oltre che con una importante rivista e alcuni libri di notevole interesse.
Su sue specifiche richieste l’Italjet realizzò tre Indian dotate rispettivamente di motori bicilindrici Royal Enfield di 736 cm3 e Horex di 600 cm3 e di un monocilindrico Velocette di 500 cm3, i prototipi delle quali vennero allestiti nel 1967-1968.
La casa tedesca aveva chiuso i battenti nel 1959 ma nel suo stabilimento era rimasto un certo numero di motori bicilindrici con distribuzione monoalbero di 440 cm3 (prodotti per la versione export, ultima evoluzione del modello Imperator), che erano stati acquisiti da Munch, il quale avrebbe dovuto trasformarli in 600 tramite aumento dell’alesaggio e installazione di un nuovo blocco cilindri in lega leggera. In effetti delle Indian con questi motori sono stati realizzati solo alcuni prototipi. Il modello dotato del bicilindrico Royal Enfield, accreditato di ben 52 cavalli a 6500 giri/min, è stato prodotto, ma in numeri molto ridotti (una cinquantina di esemplari soltanto, pare).
Per la sua Indian di 500 cm3 Clymer ha optato per il monocilindrico Velocette, più che valido in fatto di robustezza e di prestazioni anche un poco datato in quanto ad aspetto e tecnica.
Uno stock di motori era ancora disponibile presso l’agonizzante casa inglese e quindi alla fine del 1968 venne avviata la produzione di questo modello. La ciclistica, con telaio a doppia culla continua e ottima componentistica italiana, era superba, come del resto lo styling by Tartarini. In tutto sono state prodotte circa 250 (ma alcune fonti affermano che fossero 150) di queste “Indian-Velo”.
La Royal Enfield ha cessato la fabbricazione di moto nel 1970 (ma la Bullet ha continuato ad essere costruita su licenza in India) e la Velocette è fallita nel 1971, dopo che aveva in effetti cessato ogni attività produttiva da oltre un anno.
Floyd Clymer è improvvisamente deceduto nel 1970 e i suoi programmi sono morti con lui.
Una delle più interessanti novità del salone di Milano del 1965 è stata la Italjet Grifo 500 con motore bicilindrico Triumph. Si trattava di una bella bicilindrica sportiva con la quale la casa bolognese si apprestava ad entrare nel nascente settore delle “maximoto”.
La commercializzazione di questo modello, che nel frattempo aveva mutato la sua denominazione in Grifon ed era stato dotato di un motore di 650 cm3, è iniziata nel 1967. Già l’anno successivo ha fatto la sua comparsa la seconda serie, riveduta sia a livello di ciclistica che di estetica. Il bicilindrico inglese, con distribuzione ad aste e bilancieri e cilindri in ghisa, erogava poco più di 40 cavalli a 7200 giri/min.
Gli ultimi esemplari di questa 650 sono stati venduti nel 1970-71.
All’inizio degli anni Settanta Tartarini ha stretto solidi contatti con la Yamaha, della quale è anche diventato importatore (fino a tutto il 1976).
La collaborazione ha rapidamente portato alla realizzazione di una bella 125 costruita in Italia ma con un brillante motore bicilindrico a due tempi della casa giapponese. È nato così il Buccaneer, che abbinava una estetica moderna e accattivante a prestazioni molto elevate in relazione alla cilindrata. Non per nulla questa moto, debitamente preparata e adattata per l’impiego in pista, si è imposta in tre campionati juniores consecutivi, tra il 1973 e il 1975.
Il motore aveva misure caratteristiche perfettamente quadre (alesaggio x corsa = 43 x 43 mm) e nella versione di serie erogava 15 CV, ben presto portati a 18. Questa bicilindrica, che alla fine del 1975 è stata dotata di freno anteriore a disco, è rimasta in listino fino al 1979.
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mauromoto, Treppo Grande (UD)La 125 "Junior" con motore MZ, la mia prima moto. Ricordo benissimo quelle due finestrelle hai lati del cilindro, previste per pulire le luci di travaso. Due solo le colorazioni, Rossa oppure Verde.
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PaoloB3, Mantova (MN)Bella quella Italjet col motore della Bonneville ... e dei freni!