Nico Cereghini: "Alla base della nostra passione"
Ciao a tutti! Giorni fa mi sono sentito fare una di quelle domande che ciascuno di noi conosce benissimo: la tua passione per la moto, è stato qualcuno in particolare a trasmettertela o è nata da sé? Ho raccontato che io sono grato a uno zio, uno zio che non era nemmeno un motociclista, uno che mi faceva salire sulla Lambretta D, roba preistorica. Andavo all’asilo e avrò fatto dieci chilometri in tutto, in piedi sulla pedana e con il manubrio serrato tra le manine, ma le sensazioni e gli odori di quella buffa motoretta sono registrati nella mia memoria; una vera folgorazione, più che sufficiente per fare scattare la scintilla originale.
Però se devo indicare la persona che più ha influito sulla mia vita di motociclista allora tiro fuori una fotografia e faccio un nome solo: Stefano Rizzitelli. Il nome dice poco a quasi tutti voi e sorprenderà anche il diretto interessato, che non sento da tanti anni. Era la primavera del ’72, e il mio amico Adalberto Falletta (il solo tra noi con i quattrini) si era finalmente deciso ad acquistare una Laverda SFC 750 per farci insieme le 500 Chilometri. Da collaboratori di Motociclismo ottenemmo un po’ di sconto e una moto curata, io andai a ritirare la bomba direttamente a Breganze con il Fiat 238 rosso della Edisport, e il 16 aprile eravamo a Modena per la prima gara dell’anno. La seconda gara della mia vita. Massimo Laverda, che schierava tre moto ufficiali, dirottò uno dei suoi tecnici per assisterci, ed ecco comparire il collaudatore Rizzitelli, uno bravo e intelligente, che aveva corso con le Laverda 75, le 100, e addirittura le 750 nelle 24 Ore.
Meteo asciutto per le prove (quindicesimi su 73 equipaggi partenti, con lo stesso tempo di gente come Toracca
o Chiavolini), pioggia battente per la gara sui 500 chilometri. Falletta si perse d’animo, il bagnato gli garbava poco, mentre io mi trovai benissimo e mi battei alla pari con i migliori, impegnando a lungo anche il vincitore Roberto Gallina con la SFC. Finimmo addirittura quarti assoluti e primi tra le coppie juniores, a due giri dai terzi classificati Chiavolini e Dabiankov con la Honda Four. E Stefano Rizzitelli -che aveva tenuto i conti dei consumi, che segnalava con la lavagna quando era il momento del pit-stop, che aveva provveduto personalmente al rifornimento con la tanica e l’imbuto- dopo la corsa non mi disse nulla di speciale. Fece di più: mi raccomandò a Massimo Laverda, sostenne che lo studente barbuto era già pronto per la moto ufficiale, che era veloce, guidava bene e consumava poca benzina. Grazie a lui divenni pilota Laverda, prima nelle 500 chilometri e poi nelle 24 Ore.
Adesso Stefano dovrebbe avere sugli ottantacinque anni, so che vive ancora a Breganze con la moglie, e so che i figli hanno fatto tanta strada. Come il papà, del resto, con le Laverda di tutte le cilindrate. Grazie Stefano! E voi, avete un nome da fare?
Claudio ''er pistola''...
Grazie a tutto il resto che non è moto.
Non dico che non avevo amici, ma sempre pochi, ben selezionati e che anche adesso da me non pretendono quella goliardia tipica dell'amicone, mi capiscono e mi accettano così.
Quando mi hanno prestato per la prima volta in SI piaggio in una località estiva, dimenticata da DIO, ho realizzato che il mezzo a motore poteva essere il vettore per raggiungere quel lato di me, che richiedeva solitudine, la possibilità di isolarmi dal mondo che mi circondava e che a volte mi opprimeva: un mondo che non sempre era alla velocità dei miei pensieri.
La passione per la moto si fusa con il mio carattere, spesso stento a capire dove incominci uno e l'altro finisca. Le prestazioni della moto raggiungo e sorpassano quelle della mente regalandomi una concreta forma mentale, una sorte di assolutezza con ciò che mi circonda, quasi uno stato mentale vicino a quello indotto da sostanza psicotrofiche.
Ringrazio la moto per avermi tenuto lontano dalle droghe tipiche della giovinezza. ma pensandoci bene le ho sostituite con un altra:
LA MOTO