Nico Cereghini: "Easy Rider, cosa resta della nostra libertà?"
Ciao a tutti! Ho provato tenerezza per Peter Fonda: la notizia della sua morte, anche se non mi ha sorpreso perché sapevo che era anziano e non stava bene, me lo ha riportato davanti agli occhi sulla sua Harley nel sud ovest americano, grandi spazi e i sogni di libertà di quel periodo così speciale. Per i giovani della mia generazione e di quelle immediatamente successive, Easy Rider è stato un film epocale: la ribellione al conformismo era il cuore del movimento esploso alla fine degli anni Sessanta, e le moto in viaggio erano perfette per raccontarlo.
Le Harley del film furono per noi una scoperta secondaria. Le americane ancora non facevano parte del nostro immaginario motociclistico, che allora era alimentato dalle moto inglesi, Triumph, BSA e Norton e dalle primissime "motopesanti" italiane.
Non dico che eravamo figli della Guzzi Falcone o della Gilera 300, quella era la generazione precedente, ma sognare una 650 Bonneville o una Spitfire era il top per me e per i miei amici, e intanto si viaggiava con la Morini Corsaro 125 o l'Ala Verde 250 dell'Aermacchi.
Lì nacque anche il mito dell'Harley-Davidson che ancora resiste benissimo.
Libertà e spazi aperti. L'aria addosso e quella meravigliosa sensazione di leggerezza nello spazio che soltanto la moto - noi appassionati lo sappiamo benissimo - è in grado di trasmettere.
Guardo le foto di Peter Fonda con i suoi occhialetti e i capelli al vento, accanto al suo amico Dennis Hopper che almeno un cappello lo portava, e mi chiedo: quanto ci resta di quella libertà? Mi riferisco proprio a noi sulla moto e alle emozioni che riusciamo a godere.
Intendiamoci, io sono quello del "casco in testa ben allacciato" e non rimpiango certamente i tempi della testa nuda. Sono e siamo vivi per miracolo, questa è la semplice verità. Oggi per fortuna o per cultura abbiamo ben altra consapevolezza dei rischi e della sicurezza, io viaggio con la giacca tecnica e tutte le protezioni, non confondo la libertà con la stupidità.
Però sono i vincoli esterni ad essere sempre più stretti, limiti di velocità qualche volta volta assurdi e strade trafficate e pericoli di ogni tipo, dalle buche fino agli utilizzatori compulsivi dello smartphone mentre guidano.
In questa giungla che è diventata la strada, riusciamo ancora a sentirci liberi?
È questa la domanda e sono molto curioso di leggere le vostre risposte. Adesso che agosto sta ormai finendo, e finiscono anche le vacanze per la maggior parte di noi, se avete fatto un viaggio in moto mi piacerebbe chiedervi: c'è stato almeno un giorno, o un pezzetto di giorno, nel quale vi siete sentiti autenticamente liberi?
Vi è successo insomma di vivere ancora quel sogno di libertà che fin da ragazzini avete certamente, anche voi, identificato proprio nella moto? E se vi è capitato, ci raccontate il dove il come e il quando?
Questo è l'incipit di "Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta", è la sintesi estrema di ciò che mi dà gioia e mi fa sentire libero durante i miei viaggi in moto: si è "dentro il viaggio", ci si occupa di sé stessi, delle sensazioni che che dà la propria moto e di ciò che la giornata potrà serbare qualche centinaio km più in là. Nulla più.
Easy Rider una bibbia,Peter Fonda un mito.
Da non dimenticare,mai.
Sulle mie motociclette,piuttosto semplici e bellissime,io inseguo ancora il mito,annuso l'aria e inseguo la traccia,viaggio in moto.