l'editoriale di nico

Nico Cereghini: “Naufraghi con la moto”

- Un’avventura di qualche anno fa, per fortuna finita bene. Sarà capitato magari anche a voi di cacciarvi nei guai e ritrovarvi, completamente soli, a maledire la superficialità di certe decisioni | N. Cereghini
Nico Cereghini: “Naufraghi con la moto”


Ciao a tutti! Vi ringrazio per le tante proposte sul tema delle regole future e possibili della MotoGP, molte sono interessanti ed originali, voglio fare un po’ d’ordine e poi tornare presto in argomento. Intanto passo ad altro, al di là anche di Jerez che è l’argomento del giorno. E parlo di passione che ci porta talvolta oltre, fino agli episodi più assurdi della nostra carriera. La mia è lunga, ormai. Ho fatto il naufrago solitario con un wind-surf al largo delle coste calabre, e non conta; ma ho naufragato anche con la moto e questo vale: completamente solo, a terra, con 230 chili di moto su una gamba. Tre ore disperate. Ve le racconto senza vantarmene, con la speranza che l’esperienza altrui possa servire.

Era il lontano maggio 1973. Dopo quattro mesi di gesso, finalmente ritrovo la mia gamba sinistra e la mia SF 750 Laverda rossa con il manubrio basso. Dove vado? A Monza, è chiaro: qualcuno girerà. Girano le MV con

Metto giù il piede sinistro per aiutarmi, la gamba cede e vado giù quasi da fermo. Ahi!

Ago e Read, resto un po’ alla Parabolica con altri motociclisti, poi decido di andare al curvone. Per arrivarci, occorre fare un viottolo in terra battuta, nel bosco interno alla curva Nord. E tra gli alberi c’è qualche radice, qualche buca, metto giù il piede sinistro per aiutarmi, la gamba cede e vado giù quasi da fermo. Ahi! Il problema è che non faccio in tempo a togliere la gamba, che è un po’ lenta; e il pantalone sinistro (a zampa d’elefante come usava) resta impigliato sotto la pedana. Sono illeso però prigioniero, e non passa nessuno. Prima impreco e mi dispero per un po’, ma non serve; poi mi ingegno: il piede destro per fortuna è libero e riesce ad infilarsi tra il terreno e il carter laterale. Facendo leva, come insegnava Archimede, forse posso cercare di sollevare la SF quel tanto che basta a disincagliare l’altro pantalone.

Non è come dirlo. La 750 Laverda era un macigno e io in cattiva forma. A guardarmi (ma non c’era nessuno nei paraggi, diversamente avrei avuto almeno un aiuto) sarò sembrato una specie di verme che si divincolava disperatamente nella polvere. Fatiche immani per sfilare ‘sta gamba, un millimetro alla volta, dopo innumerevoli tentativi; quindi il sollievo, ce la faccio, mi alzo; poi altri sforzi bestiali per tirare su la moto e poter ripartire.

Morale della storia? Troppe volte ho agito senza pensare alle conseguenze, per quella maledetta abitudine di dare l’esito per scontato: ci so fare, dunque faccio. Sarà capitato anche a voi, no? E però la sorte qualche volta ci fa lo sgambetto, tanto per vedere come ce la caviamo da soli, naufraghi con la moto. E allora è già bello poterlo raccontare.
 

  • hondadolda
    hondadolda, Ravenna (RA)

    salisburgo

    ciao Nico, il mio naufragio fu a salisburgo dopo un gp. Avevo una Katana 750 (ex Bruno Casanova) e non collegando il cervello ,prima di partire non la feci controllare. Cmq incredibilmente si ruppe il filo del gas!! Nonostante di centauri ce ne fossero a migliaia nessuno pote' aiutarmi. Si fece quasi notte e da un bidone del rusco dietro ad un benzinaio (chiuso) riuscii a cavar fuori un filo da freno di una bicicletta. Lo montai non so come e ripartii. il massimo è che con quel filo ci girai finchè non rivendetti la moto. Beata gioventu'......................
  • francesco.peruzzi
    francesco.peruzzi, Carmignano (PO)

    la rampa del garage

    una domenica mattina come sempre, prendo la moto per il solito giro settimanale. Facendo la rampa del garage con la moto ancora fredda
    questa si spenge e io ci finisco con la gamba sotto.
    La botta e il rumore fu tanto che si svegliarono diversi vicini, pero' io che avevo la gamba incastrata, per non fare una figura di merda ,rimasi diversi minuti in silenzio finche lo schiamazzo e le urla dei vicini non si calmarono. dopo un centimetro alla volta ed in silenzio tirai fuori la gamba, tirai su la moto ed partii senza che nessuno abbia mai saputo quello che era successo quella mattina.
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