Nico Cereghini: "Se i tedeschi ci colonizzassero di più"
Ciao a tutti! Per uno che ha visto la Ducati sull’orlo del baratro, alla fine degli anni Settanta costretta a produrre i motori diesel VM (e perfino qualche asfittico fuoribordo) per campare, questa dell’Audi che se la compra non è una notizia così brutta. Anzi, è bellissima. Qualcuno storce il naso? C’è chi parla di tramonto del made in Italy e di nuova colonizzazione? Averne, dico io, di colonizzatori così.
Dal ’48 in avanti la Ducati ha vissuto ben pochi giorni felici. Quando era a partecipazione statale -prima nell’EFIM, poi in Finmeccanica e infine anche nell’IRI- qualche sprazzo di luce ogni tanto si vedeva, ma soprattutto dominava il buio. Me le ricordo bene le conferenze stampa stile sovietico, senza novità, e i concessionari senza le moto da vendere; quelle poche che c’erano si disfacevano durante le prove su strada di Motociclismo ed ogni buon meccanico alzava gli occhi al cielo. Una volta perdevi il carburatore, l’altra
il freno. Poi arrivarono i fratelli Claudio e Gianfranco Castiglioni a salvarla, nell’85; diversamente Borgo Panigale oggi sarebbe, molto probabilmente, una fabbrica chiusa. Non è più italiana? Ma non è una novità: quando il gruppo Cagiva passò la mano, nel ’96, la proprietà passò al fondo Texas Pacific Group, che non mi pare sia di Milano. E tutt’ora, da che Andrea Bonomi la rilevò nel 2006 con la sua Investindustrial, una piccola quota era rimasta nelle mani dei fondi pensionistici americani.
Evviva l’Audi. Hanno applaudito il sindaco di Bologna, i sindacati, i dipendenti, quasi tutti. Per forza: nonostante la 1199 Panigale e la Multistrada e tutte le altre moto di successo, l’incertezza regnava sovrana. Belle moto le rosse di oggi, anzi bellissime, tra le più affascinanti del mercato mondiale; arrivo a dire che non ho mai visto in quarant’anni delle Ducati così avanzate e così riuscite. Eppure tutte le volte che andavo a Borgo Panigale tornavo a casa più confuso. Come mai tutta quella insoddisfazione? Perché in fabbrica c’era un'aria così pesante? Siamo in vendita, dicevano, e siccome c’erano debiti e all’orizzonte non si vedeva la fila dei compratori, ecco che la paura cresceva.
Vogliamo dire tutta la verità? Speriamo che adesso i tedeschi si comprino qualche altra fabbrica italiana. Salvando così l’occupazione, perché questo è il punto: con i maghi della finanza dalla crisi non si esce, mentre con le produzioni qualificate si può fare. Audi ha tecnologia, capitali, ha soprattutto entusiasmo, una dote che in Italia sta sparendo a velocità supersonica perché il futuro non si apre ed il presente mortifica. Del resto ho sentito dire da Ruperts Stadler, il presidente, che sarebbe possibile raddoppiare la produzione Ducati, e queste sono parole positive che da noi si sentono pronunciare sempre meno.
Che peccato però..
giacomo.cippitelli!
ne sono più che convinto!
e l'abbiamo già persa!
quando è appena cominciata!
perchè in questa guerra non puoi essere neutrale o entrarci anni dopo, ma ne vieni tirato dentro.
i morti?
permettimi con quello che può sembrare cinismo, ma in tempi di crisi i suicidi ci sono sempre stati:
a metà dell'800 Emile Durkheim opera "Il suicidio" quando il suicidio è da leggersi come "fatto sociale" e non individuale...
come dicevo la guerra noi l'abbiamo già persa,
sai perchè per quello che dicevo sopra:
se stiamo ancora con la testa nella terra dei campanili, dove vuoi andare?
quindi siamo in piena "terra di conquista".
ma questo è un fatto, e allora?
orami sto paese è morto, ma non lo vedi che sono tutti intenti a salvare il proprio orticello convinti che a loro non toccherà mai!
qual'è la tua soluzione!
ormai pure chi parla in faccia è un demagogo:
dico ma l'hai sentito Napolitano?
ma uno che dice una frase del genere, ma non è uno che sta difendendo il suo sistema?
ma n'do voi che annamo più!