Sante Mazzarolo di Alpinestars, un grande uomo
La notizia della scomparsa di Sante Mazzarolo, il fondatore della Alpinestars, mi ha molto rattristato e mi ha riportato indietro nel tempo, quando lo conobbi nel lontano 1974. I ricordi sono ancora nitidi perché fu un incontro particolare.
Allora lavoravo al Pilota Moto, quindicinale milanese, e intanto progettavo di correre il campionato junior classe 250 con una Suzuki bicilindrica. Fu l’amica Teresa Stuto, storica collaboratrice sul motocross, che mi accompagnò a Coste di Maser: l’Alpinestars, fortissima negli stivali per il cross e già campione del mondo con De Coster, stava per lanciare una nuova linea stradale e sportiva.
Sante Mazzarolo mi accolse con calore; era un signore poco oltre la quarantina e molto vivace, gli occhi curiosi e il sorriso aperto; si capiva subito che era appassionatissimo del suo lavoro, mi raccontò che era partito dagli scarponi di montagna, un’attività artigianale, con orgoglio mi mostrò la fabbrica, aveva mani grandi e forti. Ci accordammo per un milione di lire, che era più o meno il valore di acquisto della moto. Io mi sentivo così sicuro del fatto mio che, da perfetto “baùscia” milanese assicurai: “se non vinco il titolo le restituisco la cifra”.
Fu un gran lavoro, realizzare a mano gli adesivi con la spirale e la scritta Alpinestars nella misura giusta per la carenatura della Suzuki. E però nel campionato 1974 fui giustamente punito dal genovese Pisanelli su Benelli: lo battei a Casale e a Misano, le presi a Grosseto e ancora a Misano, caddi come un pollo nella gara decisiva. Ma Sante Mazzarolo si fece una gran risata e il milione non lo volle indietro.
In seguito lo incontrai diverse volte, a Coste di Maser. L’azienda cresceva in fretta, Kenny Roberts vinceva i mondiali con gli stivali Alpinestars, conobbi anche la moglie e i tre figli, Gabriele e le due ragazze; poi Gabriele andò negli States, in California, per poi tornare e prendere le redini dell’azienda di famiglia. Abbraccio idealmente con affetto tutti loro.
Mi aveva colpito un fatto. Sante, molto cattolico e generoso con chi è svantaggiato, mi aveva confidato il suo grande progetto: quando sarebbe andato in pensione, intendeva trasferire in Africa parte dei suoi macchinari per insegnare ai locali come produrre le scarpe. Dalle scarpe era partito e con le scarpe avrebbe voluto chiudere la sua esistenza. Purtroppo non sarebbe riuscito a realizzare il suo sogno, soffocato dalla burocrazia e dalla politica. Se n’è andato dopo una lunga malattia proprio nel giorno della festa dei lavoratori. La sua festa.
Arrivò con il suo abito spezzato e la cravatta. Era già un imprenditore affermato e di successo e come tale si presupponeva di temere una figura simile. Tutto svanì al suo primo sorriso. Da lì 3 ore di poesia fatte nel raccontare la sua storia correlata anche da spiegazioni pratiche... Via la giacca e maniche della camicia arrotolate per farci vedere come si tagliava la pelle. Questa fu solo una delle cose che mi aveva colpito ma ce ne sarebbero molte altre da raccontare ... Non l'ho più rivisto da quel lontano 1995 ma l'ho sempre pensato ed il suo entusiasmo per me é stato un motore per non arrendermi mai e conseguire i risultati professionali che mi ero prefissato. Sono sicuro che molti di quel corso che oggi sono manager di successo hanno attinto dallo stesso entusiasmo. Quindi anche a nome loro Grazie Sante. Che la terra Le sia lieve.