Una Yamaha con forcellone anteriore alla 8 ore di Suzuka (nel 1985)
A metà degli anni 80 le competizioni erano molto diverse da quelle di oggi. Il Giappone era in pieno boom economico, con la recessione degli anni 90 ancora di là da venire, e il motomondiale era teatro di sperimentazioni tecniche oggi improponibili. Oggi sponsor e consigli d'amministrazione pretendono risultati subito, e i reparti tecnici di conseguenza cercano nei meandri di regolamenti sempre più restrittivi soluzioni indubbiamente sofisticate ma difficilmente rivoluzionarie.
Era il motomondiale in cui Elf si permetteva di sviluppare brevetti su sospensioni non convenzionali, fra cui quello sul forcellone monobraccio che Honda poi acquistò per utilizzarlo sulla sua RC30. Ed era il Giappone in cui la vittoria nella 8 Ore di Suzuka "valeva un titolo mondiale in 500", per usare le parole di Youichi Oguma, allora capo dell'HRC, e nella classica nipponica correvano prototipi a quattro tempi che da soli costavano quanto le intere operazioni delle Case giapponesi nel motomondiale.
Capita che a distanza di anni tornino fuori immagini dell'epoca, che a volte raccontano qualche storia misconosciuta. E' il caso delle foto che vi presentiamo qui riscoperte da Toshi Araki, storico capotecnico di Noriyuki Haga arrivato al Mondiale - pensate un po' - lavorando sulle Suzuki di Marco Lucchinelli.
In queste foto si vede un bellissimo prototipo con sospensioni non convenzionali - forcellone monobraccio tanto al retrotreno quanto all'avantreno, con cerchi semi-lenticolari - che ricordano molto (nella sostanza quanto nello stile) quelle che utilizzava Elf sulle sue 500 motorizzate Honda e portate in gara da Ron Haslam.
La moto era incredibilmente allestita in forma completamente privata da un concessionario; l'avventura non fu troppo fortunata, visto che la moto numero 27 non riuscì a qualificarsi, ma l'iniziativa resta notevole. Da notare come Yamaha proprio in quel periodo iniziasse i suoi studi sulle ciclistiche progettate dallo statunitense James Parker, autore delle RADD e RATZ con avantreni non convenzionali, che sviluppati dalla Casa di Iwata fecero nascere la rivoluzionaria (ma sfortunata commercialmente) GTS1000 di inizio anni 90.
Dal momento che la soluzione utilizzata da Parker, sostanzialmente diversa da quella di questo prototipo, fu solo una delle candidate prese in esame dalla Casa di Iwata, viene spontaneo sospettare che l'operazione del concessionario non sia del tutto scollegata dagli studi Yamaha sulle sospensioni anteriori alternative. Un po' di approfondimento invece conferma come l'iniziativa fosse esclusivamente privata, e del tutto scollegata da operazioni ufficiali della Casa madre. Altri tempi, altro fermento tecnico.
GTS 1000: grande tecnica ma qualche problema
Dal punto di vista estetico (per l'epoca, 1995) era una scultura su due ruote, e anche tecnicamente era all'avanguardia: ABS, iniezione elettronica, motore 20 valvole, catalizzatore, disco anteriore da 320mm autoventilato con pinza a 6 pistoncini, forcellone monobraccio anteriore, telaio "Omega" (perimetrale).
Il monobraccio e la relativa sospensione davano grande sicurezza in frenata perche' la moto si "accucciava" invece di impuntarsi.
La contropartita era il precoce consumo della gomma anteriore, fra l'altro di misura inusuale (130/60 ZR17) e difficile da cambiare (per farlo era praticamente necessario smontare l'avantreno).
La geometria del monobraccio, inoltre, complicava le manovre da fermo per l'estrema pesantezza dello sterzo, fare inversione era un incubo.
Era comunque una moto da turismo veloce piuttosto riuscita, protettiva, potente (74 KW), comoda per pilota e passeggero e fornita a richiesta di borse Krauser dedicate da 46 litri.
A distanza di anni non la rimpiango ma all'epoca c'era poco sul mercato di cosi' avanzato tecnicamente.
egregio sig licciardello
Sono però strafelice di aver vissuto buona parte di quel periodo!