Can-Am Spyder F3-S
Sarò sincero: il Can-Am Spyder, curioso e possente “triciclo” a due ruote anteriori prodotto dal colosso canadese BRP, lo avevo elegantemente dribblato fin da quando, nel 2007, ne apparve la prima versione spinta dal celebre V2 Rotax da 998 cc, ovvero lo stesso validissimo bicilindrico che pulsava anche sotto le Aprilia RSV e Tuono 1000. Solo che le moto hanno manubrio e due ruote, come tutti ben sappiamo, mentre lo Spyder ha sì il manubrio, ma di ruote ne ha tre, con un avantreno prettamente automobilistico, o quantomeno da quad.
Nulla a che vedere, insomma, con i diffusissimi tripodi inclinabili che scorrazzano agilmente nelle nostre città, che in effetti si guidano come normali scooter. Proprio come capita col sidecar, invece, anche sul Can-Am se piove la si prende come in moto, e ci si beccano le code, come in macchina.
“Niente da fare, grazie”, ho sempre educatamente risposto ogniqualvolta mi veniva proposto di provare uno Spyder, che peraltro sapevo essere un mezzo molto comodo. Tuttavia, il fatto di avere un manubrio tra le mani ma una sorta di quad monco sotto al sedere, quindi senza alcuna possibilità di piegare, non mi è mai andata giù. E così è stato fino a poche settimane fa.
Già, perché dopo che i rappresentanti dell’importatore BRP Italia sono venuti a farci visita dalla sede di Pero, vicina all’Expo milanese, per proporci di provare la nuova versione del grintoso ordigno presentata l’anno scorso, qualcosa è cambiato. E infatti eccomi qui a parlarvi di un tipo di veicolo certamente non pensato per le nostre strade né per i nostri gusti, mentre già al di là dei confini nazionali, in Svizzera e in Austria per esempio, gode di una buona accoglienza.
Il modello propostoci è l’F3-S, praticamente una sorta di naked sportiva a tre ruote, dal look decisamente più grintoso e attraente del predecessore. Ma il bello è che una volta premuto il pulsante di avviamento ne è uscito un arrapante suono rauco da brividi, non certo da bicilindrico: si perché, beata ignoranza, ignoravo che la nuova gamma Spyder montasse un poderoso tricilindrico in linea, il cui terminale Akrapovic esalta quella voce baritonale in grado di mandare letteralmente in estasi chi, come il sottoscritto, ha sempre visceralmente amato i motori di questo tipo (unitamente ai V4).
Beh, alla fine galeotto fu il motore, oltretutto dotato di un rapidissimo cambio elettronico a 6 marce azionato da pollice ed indice sinistri, e con tanto di retromarcia in aggiunta. Insomma, il ghiaccio si stava pian piano sciogliendo tra me e il grintoso interlocutore meccanico, anche se onestamente temevo qualche facile distrazione nella guida in mezzo al traffico, nell’abituarsi alle dimensioni di un avantreno largo esattamente un metro e mezzo ai fianchi esterni delle gomme: insomma, se tutto l’anno sei abituato a muoverti in moto, hai un manubrio tra le mani, vedi un varco apparentemente facile e cedi all’istinto rischi facilmente il patatrac! Fortunatamente, invece, tutto è filato alla perfezione, tant’è che dopo un paio di settimane di divertente convivenza (ore di punta a parte, naturalmente) mi è perfino spiaciuto renderlo, quel dannato Spyder che più lo maltratti e più ti diverti. E che, tra l'altro, è utilizzabile sia dai detentori di patente A che B.
Chi è BRP?
Ma vediamo un po’ con chi abbiamo a che fare, parlando di BRP, acronimo che sta per Bombardier Recreational Products Inc. Stiamo dunque parlando del colosso canadese che prende il nome dal suo fondatore, Joseph-Armand Bombardier. Un tipetto, costui, che già nel 1922 all’età di 15 anni (!), costruì il suo primo “snow vehicle”, ovvero un veicolo in grado di trasportare persone sui territori innevati del Quebec canadese. La consacrazione del suo progetto arrivò però nel 1937, con una vera snowmobile denominata B7: una specie di auto cingolata posteriormente e con gli sci davanti, capace di ospitare 7 persone. Praticamente il primo “gatto delle nevi”. Orbene, non possiamo certo raccontarvi come il signor Bombardier riuscì a portare la sua azienda al livello dove si trova oggi, partendo da quel veicolo che, nel suo evolversi, divenne Auto-Neige Bombardier e si diffuse parecchio negli anni quaranta. In quegli anni, Bombardier iniziò ad occuparsi anche di altri veicoli da trasporto, tant’è che nel ’59 nacque la prima motoslitta Ski-Doo, motorizzata dalla Rotax-Werk AG, la nota azienda azienda austriaca produttrice di motori a due e quattro tempi per moto, kart, ultraleggeri, che nel 1970 sarebbe diventata Bombardier-Rotax GmbH, ed oggi figura come BRP-Powertrain.
Nel 1966, purtroppo, Joseph-Armand venne a mancare, lasciando l’azienda al genero Laurent Baeaudoin, che ne diventò Presidente iniziando una nuova era di diversificazione, proprio come avrebbe voluto il suocero. L’ascesa dell’azienda canadese la portò nel 1971 ad entrare nel business delle ferrovie, acquisendo nuove tecnologie ed esperienze in merito: nel ’73, la crisi petrolifera portò la Bombardier a dimezzare i suoi fatturati nel campo delle snowmobile, mentre salivano sempre più quelli legati al trasporto ferroviario, tanto che nel ’74 vennero fornite più di 400 carrozze alla metropolitana di Montreal, fino a diventare leader in quel settore già nel 1982. Nell’86 iniziò l’espansione in Europa, mentre nell’86 iniziò la rincorsa ai cieli, e quindi alla tecnologia aeronautica ed aerospaziale, con l’acquisizione della Canadair, nota costruttrice di idrovolanti, per poi passare in fretta a costruire anche velivoli a reazione, sempre per uso trasporto: settore che attualmente vede la Bombardier tra i quattro leader mondiali.
Nell’88 nacquero le celebri moto d’acqua See-Doo, che segnarono l’ingresso nel campo ricreativo, mentre l’89 non solo iniziò l’attacco al mercato francese, ma gli interessi degli arrembanti canadesi si estesero anche nel campo aerospaziale europeo. Il felice percorso in salita portò la creatura di Joseph-Armand sempre più in alto, tra acquisizioni a raffica, mezzi anfibi, veicoli da lavoro di ogni genere, trivelle, rompighiaccio. E poi l’arrivo dei veicoli ATV– vedi quad – nel 1998. I decenni successivi hanno registrato numerose altre espansioni ed acquisizioni (ma anche cessioni dei rami meno redditizi), tra le quali figurano Johnson ed Evinrude (motori marini), il trasferimento del quartier generale a Berlino, l’aumento esponenziale del fatturato aeronautico e ferroviario, l’arrivo del super treno veloce Zefiro. E, nel 2007, ecco spuntare il primo Can-Am Spyder Roadster, evidentemente ispirato ad una motoslitta e progenitore del nostro F3 e tutt’oggi in listino in due versioni: RS ed ST.
Modelli e prezzi
La nuova gamma Can-Am Spyder a tre cilindri conta su 6 modelli suddivisi in due famiglie: la sportiva F3 e la granturistica RT. L’F3 base costa 19.399 euro, mentre le due versioni F3-S spaziano dai 21.899 ai a 22.399 del modello da noi provato. La gamma RT invece è chiaramente allestita in veste “luxury tourer”, quindi con carrozzeria abbondantemente protettiva anteriormente, e costituita posteriormente da un lussuoso trittico di borse e bauletto, per una capacità totale di 155 litri: qui, naturalmente, il passeggero può godere di un’ospitalità decisamente faraonica, seppur con prezzi variabili da 25.499 a 32.599 euro.
Gli accessori
Manco a dirlo, il catalogo BRP consta di oltre un centinaio di accessori per i suoi Spyder, molti dei quali atti a rendere più confortevoli anche gli F3. Il lungo elenco comprende vari manubri di fogge e colori differenti per utenti di tutte le taglie; e poi alcuni tipi di poggiaschiena per passeggero e per lo stesso pilota. Poi abbiamo plexiglas di taglio sportivo, e vari tipi di ampie pedane piatte anteriori e posteriori; selle Cannonball con imbottitura più generosa, anche monoposto, con guscio rigido posteriore; borse laterali morbide e semi-rigide. Ma anche terminali Akrapovic, ammortizzatori anteriori Fox 1.5 Podium R anteriori ed RC2 posteriore, e vari tipi di cerchi in lega, tra i quali gli Shamrock neri presenti sull’F3-S da noi utilizzato.
Certamente non mancano le manopole termiche (il minimo sindacale, in Canada...), il navigatore e relativi attacchi, i faretti aggiuntivi, la presa di corrente a 12 Volt, un paio di teli protettivi, parziale e totale. Ma chi avrà voglia di curiosare nel catalogo online di BRP, troverà anche numerose aste di alluminio di lunghezze differenti: dato che le pedane del pilota sono astutamente montate sui tubi inferiori del telaio tramite slitte a morsetti, in modo da regolarne l’avanzamento o l’arretramento a piacimento a favore della migliore ergonomia del pilota, è chiaro che il pedale del freno, una volta spostato dalla posizione standard, necessiti dell’asta giusta per azionare la pompa che comanda simultaneamente tutte e tre le pinze.
Questa utile possibilità di regolazione, unitamente alla facoltà di cambiare il manubrio per poter guidare sentendosi perfettamente a proprio agio, viene denominata “sistema Ufit”. Comunque sia, esistono anche differenti “pacchetti” di allestimento destinati agli F3, e denominati Touring ed Escape (improntati al turismo), Muscle Attitude (estetica e componentistica sportivi) e Urban Nights: quest’ultimo è praticamente praticamente riferibile all’F3-S da noi provato, al quale però manca l’appiglio corto per il passeggero.
Stile e sostanza
Inutile sottolineare che chiunque monti in sella ad un Can-Am Spyder non farà tempo a contare fino a 10 prima di sentirsi rivolgere una o più domande sull’originale veicolo sconosciuto ai più. A cominciare dal classico quanto insulso “ma che roba è”, per poi passare a “quanto costa”, “quanto fa...”, e via così. E’ davvero impossibile passare inosservati, in sella al Can-Am, che effettivamente ha una grinta non indifferente, a maggior ragione sottolineata dai goduriosi, rapidissimi cambi di marcia in punta di dita senza che il motore perda troppi giri. Un mezzo che attira l’attenzione come pochi, insomma, in effetti, vuoi perché in giro se ne vedono pochi, ma senz’altro anche per quel suo ghigno arrogante.
L’F3-S, in particolare, è certamente più aggressivo da vedere del pacioso RT (S o Limited che sia), che certamente è più vicino ad un’Harley Electra Glide piuttosto che ad una Goldwing nell’ispirare sontuosa placidità al suo passaggio. Una grinta che del resto deriva anche dall’elegante livrea nero-argento con telaio e forcellone in tubi rosso fuoco, con l’Akrapovic che brilla, la coda corta e quella boccaccia anteriore che sembra ansiosa di mangiarsi l’asfalto. Ed è anche costruito e rifinito con molta cura in ogni particolare. Tra l’altro, l’F3-S gode anche di cruise control, parafanghi anteriori con luci a led incorporate, e sedile in camoscio nero ed eleganti cuciture rosse. Eleganti quanto efficaci i retrovisori fissati sulla carrozzeria, con “frecce” a led incorporate.
Da notare che lo Spyder dispone di un discreto vano anteriore da 24,4 litri capace di contenere un integrale, ricavato nel musetto e col “cofano” sbloccabile direttamente dal blocchetto di accensione, girando la chiave di avviamento, abbinata al sistema antifurto elettronico D.E.S.S. Con lo stesso metodo è possibile sbloccare le selle: la posteriore cela uno spazio di servizio uno spazio di servizio capace di contenere al massimo dei documenti; sotto la sella del pilota, invece, trovano spazio gli attrezzi di bordo e il manuale d’uso, quest’ultimo maniacalmente completo di istruzioni e raccomandazioni, compresi parecchi schemi relativi all’apprendistato d’uso del veicolo: vengono infatti riportati vari tracciati disegnati tramite i classici birilli, in modo che l’utente possa abituarsi al tipo di guida e alle reazioni del veicolo; inoltre, viene fornito anche un DVD esplicativo! La carrozzeria è comprende alcuni pannelli rapidamente amovibili per motivi di manutenzione, tra i quali due anteriori, che permettono di accedere al liquido refrigerante e ad una presa USB, alla quale collegare un tester o un PC per un’eventuale diagnosi dell’elettronica di bordo.
Bello anche il cruscotto simmetrico analogico/digitale - con possibilità di scelta tra km e miglia - con display LCD centrale fiancheggiato da tachimetro (a sinistra) e contagiri, le cui lancette salgono rispettivamente in senso orario ed anti-orario fino a quota 200 e 10.000. Sparse nel loro interno figurano le numerose spie di controllo, compresa quella della retromarcia inserita. Le informazioni digitali riguardano invece chilometraggio totale, temperature ambientale e del motore e livello carburante, con spia della riserva; inoltre viene segnalata la marcia inserita, con relativa freccetta che consiglia l’eventuale cambio marcia viaggiando in modalità ECO. Anche il display però fornisce la velocità istantanea, ed è curioso il fatto che vi sia un divario tra il dato analogico e il digitale: rispetto alla rilevazione GPS, infatti, i 130 km effettivi corrispondono esattamente all’indicazione della lancetta, mentre il display lcd ne indica 135. Alla base del display vengono mostrati l’orario, due trip e i consumi istantaneo e medio.
Molto curati e “affollati” anche i blocchetti elettrici, specie il sinistro, dove figurano anche le “palette” anteriore e posteriore del cambio elettro-assistito, e un “joystick” a 6 pulsanti: il primo in alto comanda l’inserimento dell’ECO mode (la cui spia è nel tachimetro), mentre gli altri gestiscono le funzioni del display. Sempre sul blocchetto sinistro figurano anche i pulsanti di attivazione e sblocco del freno elettrico di stazionamento, ed il pulsante “R” che, premuto assieme alla paletta anteriore del cambio mentre si aziona il pedale del freno (naturalmente a veicolo fermo e con motore in folle), inserisce la retromarcia. L’inserimento è spesso rumoroso, ma se effettuato senza fretta può anche rivelarsi quasi inavvertibile.
Molto più semplice il blocchetto destro, che ospita il pulsante di l’avviamento, l’interruttore di spegnimento d’emergenza, il cruise control e il pulsante del’hazard, che aziona contemporaneamente le 4 frecce. Per concludere con la logistica di bordo, dietro il blocchetto di avviamento spicca naturalmente il tappo in alluminio per rifornire il serbatoio da ben 27 litri, 4,5 dei quali di riserva.
La tecnica del Can-Am Spyder
Come anticipato, il particolare veicolo canadese, in questa versione presentata lo scorso anno, è spinto da un poderoso motore tricilindrico Rotax 1.330 ACE, ovviamente raffreddato a liquido e alimentato tramite iniezione elettronica, con acceleratore ride-by-wire, mappa con modalità ECO (e relativa spia) per una guida più parsimoniosa, un controllo di trazione che, sulla serie F3, concede qualche libertà in più rispetto a quello studiato per i modelli RT, e un sofisticato sistema di controllo elettronico della stabilità. Inoltre, la gestione dello sterzo è affidata al sistema di sterzo assistito progressivo DPS, gestito da un motore elettrico.
Il Rotax ACE, fasato a 120° e dotato di contralbero di bilanciamento comandato a catena, vanta 115 cv (86 kW) a 7.250 giri, potenza decisamente interessante in termini di prestazioni, tant’è che i 200 orari sono a portata di mano. Ma soprattutto, da buon tricilindrico (con pistoni 84 mm e corsa di 80), gode di una generosa coppia motrice che culmina in 13,3 kgm (130 Nm) al regime di 5.000 giri. Il che, abbinato al rapido cambio manuale semiautomatico SE6 ed alla lunga cinghia di trasmissione, garantisce un feeling davvero entusiasmante. Una cinghia per la quale il costruttore non prevede sostituzioni a breve termine, bensì un’ispezione ad intervalli di 15.000 km, oppure una volta l’anno. La sostituzione va effettuata, ovviamente, solamente quando la cinghie mostri evidenti segni di usura.
Il “Tre in linea” Rotax è ingabbiato in un robusto telaio definito “ad Y”, per via del disegno laterale formato dai suoi grossi tubi tondi in acciaio. Altrettanto bello e dal solido aspetto è il forcellone posteriore, sempre in tubi tondi e con capriata inferiore di irrigidimento, che regge anche la struttura porta-targa aderente alla ruota motrice.
A gestire l’avantreno il manubrio che, asservito da servosterzo dinamico elettronico, controlla una struttura di tipo automobilistico denominata A-arm, con barra anti-ribaltamento, asservita da ammortizzatori Fox in alluminio, con escursione ruote di 129 mm, comuni agli Spyder F3. L’ammortizzatore posteriore invece è un Sachs, con escursione di 132,4 mm. L’elettronica di bordo vanta anche un sofisticato sistema di controllo della stabilità, in grado di rilevare la direzione presa dal pilota determinando la corretta reazione del veicolo: l’elettronica interviene su ciascuna ruota indipendentemente, e/o riduce ad hoc la coppia motrice fino a correggere la possibile perdita di controllo.
Quanto all’impianto frenante con ripartitore elettronico della frenata, azionato da un unico pedale, è composto anteriormente da due dischi rigidi Brembo da 270 mm, con pinze monoblocco pure Brembo, a 4 pistoncini e 2 pastiglie; anche il disco posteriore è da 270, ma con pinze a singolo pistoncino, una delle quali riservata al freno di stazionamento integrato, ad azionamento elettromeccanico. L’impianto frenante logicamente è dotato di ABS fornito da Bosch, anch’esso funzionante indipendentemente su ogni singola ruota.
Quanto alle ruote, davanti abbiamo due cerchi da 381x127 mm con pneumatici Kenda KR31 da 125/65x15”; il cerchio posteriore invece è da 381x178, con pneumatico KR21 da 225/50x15”; le rispettive pressioni di esercizio consigliate sono molto basse: tra 1/1,2 bar le anteriori e 1,9/2,1 la posteriore.
Quanto a dimensioni e peso, lo Spyder F3-S è lungo 2.642, largo 1.497 e alto 1.099 mm, con un interasse di 1.709; mentre la luce a terra è di 115 mm. Il piano sella invece è a soli 675 mm dal suolo. Quanto al peso dichiarato, siamo a quota 386 kg a secco, che col pieno diventano circa 406.
In sella al “mostro”
La definizione, sia chiaro, non vuol esser certo dispregiativa dello Spyder F3-S. Semmai, potrebbe essere l’esclamazione dell’automobilista, o dello stesso motociclista, che si vedono piombare alle spalle uno strano veicolo ancor più tonante di una Triumph Rocket III…Detto ciò, in sella al “mostro” si sta da pascià, col manubrio abbondante e le gambe mediamente avanzate. Un assetto che ho subito gradito, senza nemmeno pensare se sarebbe stato meglio spostare le pedane o meno.
Questo tuttavia non mi ha certo evitato di percorrere i primissimi metri con il mezzo in modo a dir poco guardingo, anche perché in effetti andando piano lo sterzo servoassistito è molto sensibile, e tenere correttamente la linea non viene così istintivo ma richiede qualche chilometro di apprendistato. Tuttavia, appena avviato il motore per la prima volta, ed effettuata una rassicurante sgasatina con l’acceleratore morbidissimo, col piede sul freno per inserire (rumorosamente) la prima, son partito a razzo in uscita dal parcheggio in controsterzo con ruota motrice che pattinava furiosamente! Eh già: anche perché avendo appena guardato alcuni video di una prova effettuata da colleghi yankee, ho visto che il traction control effettivamente lo consentiva, e non sono riuscito a trattenermi! Il che, in effetti, ha avuto anche un certo effetto rilassante e tranquillizzante per il prosieguo della mia convivenza con lo Spyder, pur dovendo effettivamente abituarmi all’ingombro del suo frontale, che nel traffico lo rende praticamente una via di mezzo tra una Smart e una moto (più Smart, però).
Il motore è favoloso, mi è piaciuto fin da subito (ma va?...), ha grinta e forza, ma anche dolcezza, e non trasmette vibrazioni se non leggermente in rilascio o nei transitori, attorno ai 4.000 giri circa. Anche se parrebbe che in realtà si tratti di vibrazioni indotte dalla cinghia di trasmissione, che sotto sforzo qualche sibilo effettivamente lo emette. E che dire, poi, del libidinoso cambio “a dita”, rapido e silenzioso, se non che ambirei davvero averlo sulla mia vecchia Smartina….assieme al motore, però!
Ho percorso qualche centinaio di chilometri con lo Spyder, e devo dire che con la consuetudine l’ho apprezzato sempre più - chiaramente in relazione al tipo di mezzo, sia chiaro – soprattutto usandolo po’alla garibaldina, mettendolo alla frusta in curva, e forzando controsterzi e derapate su qualche strada extraurbana poco frequentata e piena di rotonde più o meno ampie. La guida del tryke canadese è certamente definibile fisica, anche se naturalmente cambia molto dall’andarci tranquillamente a spasso all’aggredire sportivamente un bel percorso misto: cosa, quest’ultima, caldamente consigliabile solo dopo aver assimilato molto bene le reazioni del grosso “triciclo”, in particolare nei cambi rapidi di direzione.
In entrambi i casi si guida di corpo e ovviamente di manubrio, ma la guida turistica richiede di accompagnare leggermente il veicolo spostando un po’ il corpo all’interno. Il comfort di bordo, nell’uso utilitario, è accentuato dall’assenza di vibrazioni e dalla dolcezza degli ammortizzatori Fox anteriori; il Sachs posteriore è un po’ più secco, ma lo si avverte più che altro sullo sconnesso un po’ marcato. Ovviamente, un pur piccolo parabrezza diverrà necessario per chi vorrà percorrere chilometraggi impegnativi, con lunghi tratti autostradali. Nella guida più tosta, da divertimento, ci si troverà invece a lottare letteralmente col torello meccanico (finché dura, perché dopo un po’ di chilometri di curve e controcurve le braccia si faranno sentire…), col busto all’interno e spingendo forte sulla pedana esterna alla curva, per tenerlo in traiettoria laddove invece lui voglia allargare, piuttosto che a cercare il sovrasterzo giocando col gas, con la ruota anteriore interna che tende a sollevarsi di pochi centimetri nelle curve strette, nei tornanti, nelle appetitose rotonde. Naturalmente, più si guida con decisione, mettendo alla frusta il mezzo, più è importante l’aiuto dello sterzo, anche a livello di sforzo fisico.
Chi conosce i quad riconoscerà certamente in queste note dinamiche di guida molto simili, specie a parità di gomme stradali: lo Spyder però sembra offrire più garanzie di stabilità, specialmente nella guida sportiva, vuoi per il suo baricentro molto più favorevole, per la carreggiata più importante, e per l’efficace sistema di controllo di stabilità. E anche la frenata, affidata al solo pedale, è davvero efficace e robusta, con un buon lavoro dell’ABS. Anche il passeggero gode di una postura comoda, ma per non rischiare di perderlo durante qualche gitarella allegra, oltre ad usufruire dei maniglioni laterali già presenti avrà certamente bisogno anche di un buon poggia schiena, se non di un bauletto, che torna sempre utile.
Non abbiamo provato a spingere al massimo il tryke Can-Am, ma solo qualche esaltante allungo in accelerazione, giusto per gustarci quel bel motorone che a 4.500 giri lo spinge a 130 km/h orari effettivi. Però ne abbiamo rilevato il consumo medio lungo il nostro percorso tipo, risultato di 16 km/litro.
Maggiori informazioni
Mezzo: Can-Am Spyder 1330 F3-S
Luogo: città e percorsi extraurbani
Meteo: 30°, sole
Tester: Maurizio Tanca
Foto di Claudio Crose
Sono stati utilizzati
Casco: GiVi Tourer HPS X.01
Giacca: REV’IT!
Guanti: REV’IT!
Tolta l'estetica (comunque de gustibus) e il dato assoluto delle prestazioni motoristiche (e anche lì ci sarebbe molto da dire) per il resto è un fenomeno inspiegabile.
Se tanto mi dà tanto avrei più di qualche dubbio su questo coso. Poi per chi sente il bisogno di passare per stravagante potrebbe essere interessante.