Paton S1R Lightweight: la regina del TT
Quante volte si sente dire di una moto che sia “una moto da corsa con targa e fari”? Tante, tantissime. Sicuramente molte più volte di quante non siano le moto effettivamente coerenti con questa affermazione. Ecco, la Paton S1R Lightweight è una notevole eccezione, perché – almeno a memoria – non ricordiamo in tempi recenti un’altra moto che possa incarnare con tanta fedeltà filologica la locuzione di cui sopra.
La moto in vendita, quella oggetto della nostra prova, è a tutti gli effetti la stessa (al netto di qualche dettaglio sul motore, la carenatura stradale e ovviamente il mostruoso scarico libero) che Stefano Bonetti e Michael Rutter hanno portato in gara al TT, ottenendo rispettivamente pole position e vittoria. Una moto racing come poche altre – e lo si scopre subito, salendo in sella – capace di regalare grandi soddisfazioni ai fortunati, e facoltosi, appassionati che possono permettersela, perché, appunto, come detto sopra si tratta di una moto non solo liberamente in vendita, ma anche omologata e targata per circolare su strada. Andiamo a vedere com’è fatta.
Artigianalità allo stato puro
L’unica componente che abbia una derivazione dalla grande serie è il propulsore Kawasaki della famiglia ER-6, ovvero il motore unico de facto per la categoria Lightweight britannica. Il bicilindrico parallelo da 649 cc (alesaggio e corsa misurano rispettivamente 83 x 60 mm) riceve qualche adeguamento a livello di airbox e scarico – naturalmente una meravigliosa unità SC-Project, completamente in titanio – per erogare qualcosa di più rispetto all’unità di serie, anche se i valori dichiarati non si discostano da quelli Kawasaki.
Tutto il resto viene realizzato in proprio da Paton, oppure commissionato ai migliori specialisti del settore: la scheda tecnica è la lista della spesa da sogno di chiunque voglia confezionare una moto da pista. Il telaio è un traliccio in acciaio realizzato a mano e verniciato da Paton, così come il serbatoio in alluminio. Il forcellone, invece, viene prodotto da Febur su specifiche Paton. Semimanubri, piastre sterzo e pedane sono realizzati dallo specialista Valtermoto. La piastra di sterzo è personalizzata Paton.
Le carenature – definite “replica Tourist Trophy”, che in effetti si distinguono praticamente solo per i faretti poliellissoidali e la doppia luce posteriore – sono realizzate da Paton, così come la meravigliosa chiave d’accensione ricavata dal pieno. Specchietti, portatarga e indicatori di direzione sono invece messi a disposizione da Rizoma, e la sella (naturalmente personalizzata) è un’unità Race Seats.
Passando alla ciclistica, le sospensioni sono fra il top di gamma Öhlins, con una forcella FGRT 204 a steli rovesciati da 43 mm e un doppio ammortizzatore posteriore TTX30 con serbatoietto di compensazione a schema piggyback, il tutto naturalmente pluriregolabile.
I cerchi (che calzano pneumatici Metzeler Racetec RR nelle misure 120/70 all’anteriore a 180/55 al posteriore) sono unità forgiate OZ Racing di derivazione Moto2; stessa provenienza per quanto riguarda i dischi freno, prodotti da TK, mentre il resto dell’impianto frenante è prodotto da Brembo, con pinze radiali M4-108 e pompa radiale 19 RCS all’avantreno. Al posteriore si trova invece un disco singolo, con pinza P34C e pompa PS13.
In sella
Paul Gauguin disse: "Innanzi tutto, l'emozione. Soltanto dopo la comprensione". Ecco, con la Paton S1R bisogna essere pronti prima a vivere emozioni forti, quelle tipiche di una moto da gara, poi a capirla. Sappiate che, saliti in sella, bisogna adattarsi a una posizione di guida coerente con lo stile della moto. Lunga, bassa e piatta, la Paton fa sentire subito la sua natura old-style: rigida di sospensioni, impone una postura molto distesa e carica sui polsi, lontana anni luce da quelle raccolte e compatte di oggi. Solo le gambe sono molto raccolte, forse fin troppo, tanto che la S1R accoglie “comodamente” solo piloti alti al massimo 1,75. Se si è più dotati in statura, o si accetta di guidare un po' arretrati o le ginocchia finiranno inesorabilmente a fare cheek to cheek con il profilo della carenatura. Manubri caricati, pedane alte e un sellino racing, pensato per chi ha sempre sognato intraprendere una carriera da fachiro. Vuoi la struttura, vuoi la conformazione. Bastano un po' di chilometri in autostrada con dei pantaloni normali in luogo di una ben più imbottita tuta in pelle, per iniziare ad accusare dolori. A proposito di autostrada o di alte velocità: un plauso va alla protezione aerodinamica, davvero encomiabile. Una volta nascosti dietro al cupolino, ci si sente protetti non solo a livello di capo e collo, ma anche di spalle e tronco.
Impacciata nelle manovre a bassa velocità, con un raggio di sterzo impegnativo, non è sicuramente la moto migliore per andare a farsi il classico aperitivo in centro città: allontanarsi dal tessuto urbano è un imperativo categorico per liberare l’anima della Paton.
Liberarne l’anima, ma anche la meravigliosa voce di scarico. Pur se omologata, la S1R tuona come una vera moto da corsa (ma se non l’avete mai sentita, vi garantiamo che la voce di “quella vera” fa drizzare i peli…), e ci si trova a giocare con l’acceleratore per il puro gusto di sentirne la voce di scarico. E il risucchio d’aspirazione, magari in galleria…
Leggera ma rigida, ma non così fulminea in ingresso curva come ci si aspetterebbe da una Lightweight, e con quote ciclistiche pensate per la stabilità sui rettilinei e i curvoni del Mountain Circuit. La Paton S1R Lightweight, come dicevamo, richiede un certo impegno fisico per inserirsi in curva. Si lavora sia di corpo che di manubrio, ripagati però da una precisione e un’imperturbabilità in traiettoria che permettono di sfruttare possibilità di piega notevoli e la trazione offerta dal mix ciclistica/motore. Dicevamo: l'ingresso in curva! La Paton si guida come una moto d'altri tempi, con il fisico che fa da traino a un avantreno duro, lento, ma estremamente rassicurante.
Una volta inserita, prende lei il comando e si può spalancare con decisione, avendo cura di “tenerla giù” per contrastare solo una larvata tendenza al sottosterzo. Sottosterzo che forse viene generato anche dalla sua conformazione fisica, così piatta, forse quasi più sbilanciata dietro che davanti. Raggiunta la corda si può spalancare con estrema disinvoltura, anche perché in fondo al rettilineo la frenata è di quelle che fanno schizzare fuori i bulbi oculari, forti di una forcella assolutamente perfetta e di un impianto frenante capace di gestire agevolmente prestazioni e masse più che doppie. Stile di guida retrò, dicevamo. Tanto è vero che sulla S1R non vi è nemmeno l'ABS.
L’unico reale limite alla sua sfruttabilità su strada viene dall’assetto, con una rigidità pensata per le corse stradali, dove non ci si può permettere di condurre una moto con sospensioni morbide che inneschino movimenti poi difficilmente controllabili nel copiare avvallamenti o deformità dell'asfalto. Sensazione confermata dallo stesso Bonetti, che ci ha spiegato come nell’uso in pista il team usi infatti sospensioni tarate ben più morbide. La rigidità dell'insieme è sicuramente aggravata dalla soluzione a doppio ammortizzatore, che presenta qualche limite in quanto a progressività, nel copiare le asperità. Vero, viste le infinite regolazioni delle unità ammortizzanti basta lavorare un po’ sui registri, ma nella nostra presa di contatto abbiamo preferito non intervenire sull’assetto.
Insomma: riassumendo. La Paton S1R è una moto che non va tanto per il sottile, nata e cresciuta per correre. “Come immaginabile”, direte voi, ma quello che c'è da sapere è che, qualsiasi altra cosa le chiederete, lei risponderà un po' annoiata. Se non le va di fare una cosa, non la fa. Punto.
La S1R, in due parole, ha un motore moderno, linee retrò, e una componentistica ciclistica attuale ma che lavora “alla vecchia maniera”.
Infine, attenzione alle uscite notturne: i due faretti polielissoidali offrono una scarsissima illuminazione, anche con gli abbaglianti inseriti. Insomma: l'ultima nata di casa Paton è per i duri e puri della manetta d'altri tempi.
Per chi è la Paton S1R Lightweight?
Forse per pochi, sicuramente non per tutti. E non ci riferiamo tanto al prezzo, comunque sicuramente elevato come qualunque mezzo artigianale, quanto alla sua personalità dura e pura. La S1R è una moto da corsa vera, e come tale non serve ad altro se non a correre, o comunque a regalare emozioni vere, viscerali e forti nella guida sportiva.
E’ sicuramente una moto appetibile per i collezionisti, grazie ad un pedigree di primissimo piano, alla rarità congenita alla sua natura artigianale, e alla sua (riuscitissima) estetica di sintesi fra retrò e moderno. C'è da dire che Paton è ben più di un artigiano, un customizer, ma è un costruttore di moto con un glorioso passato. Ed ecco allora che alcune sviste sulle rifiniture lasciano un po' l'amaro in bocca, ma c'è anche da dire che la moto che abbiamo avuto il privilegio di testare era un esemplare di pre-serie, quindi se ne riparlerà alla prima versione definitiva.
In ogni caso, questa Paton è anche estremamente affascinante e gratificante nella guida, se sfruttata nel posto giusto. Dura, spigolosa nel carattere e difficile da interpretare, risulta frustrante nell’uso disimpegnato – impensabile usarla per una passeggiata cittadina o fuoriporta – ma sa ripagare chiunque abbia gli attributi necessari e sia disposto a lavorare duro nella guida.
Una moto vera e verace, lontana dall’asettica efficienza delle sportive odierne, ma capace di regalare emozioni dimenticate a chi sia disposto ad adeguarsi al suo standard. Astenersi perditempo.
Maggiori info:
Moto: Paton S1R Lightweight
Meteo: sole 18°
Luogo: Passo del Penice
Terreno: Extraurbano
Foto: Massimo di Trapani
Video: Fabrizio Partel - Moto.it
Sono stati utilizzati:
Casco AGV Corsa
Giubbotto Dainese Super Speed D1
provate ad ascoltare quello della benelli 500 o 300 per fare un esempio.
Ma questo però Paton non può farci nulla...
De Gustibus