Triumph Thruxton R
Primavera 1958, novità Triumph dell'anno è la la Bonneville T120. Con una T120 praticamente di serie, l'allora semi sconosciuto diciottenne Mike Hailwood, in coppia con Dan Shorey, vince sulla pista inglese di Thruxton la prima edizione dell'omonima 500 Miglia. Nel 1965 a Meriden vengono allestiti alcuni esemplari denominati Thruxton Bonneville, con specifiche un po' più sportive rispetto alla Bonneville standard; e quelle moto tornano a vincere nelle gare di durata, e non solo. Al TT del 1969 una di queste Triumph sarà la prima moto della sua categoria a infrangere il muro delle cento miglia di velocità media in un giro del Mountain.
Il nome Thruxton compare però su una moto di serie soltanto nel 2004, quando Triumph presenta la versione café-racer della nuova Bonneville lanciata tre anni prima.
Primavera 2016, arrivano in vendita le nuove Bonneville che rivoluzionano la serie delle modern classics di casa Triumph. Tre modelli, per cinque versioni che ruotano attorno all'inedito motore bicilindrico parallelo, raffreddato a liquido e proposto nelle cilindrate 900 e 1200: sono la Street Twin, le Bonneville T120 e T120 Black, la Thruxton e la Thruxton R.
Dopo avervi proposto le prove di Street Twin e Bonneville T120 Black, eccoci ora a parlare della Thruxton R.
Una e trina
La nuova serie Bonneville è basata su una piattaforma comune per motore e telaio. La parte meccanica è quella che ha subito i cambiamenti più profondi rispetto alla precedente serie 900, perché sono stati fondamentali il passaggio al raffreddamento a liquido - e a una gestione elettronica più raffinata - in funzione del superamento della normativa di omologazione Euro 4. Ma è stata strategica anche la maggiorazione di cilindrata, per offrire prestazioni superiori e ampliare la gamma. E poi, non da ultimo, era necessario rinforzare l'immagine dei modelli oltre che il loro design personale. I tempi evolvono, e la Bonneville è cambiata e migliorata di conseguenza.
La Thruxton R, che Triumph ci ha invitato a testare in un percorso stradale nei dintorni di Lisbona, è la versione più pregiata, performante e costosa dell'intera nuova serie Bonneville. Rispetto alla Thruxton base, beneficia di un allestimento ciclistico più sportivo e di alcune differenze estetiche, ma la struttura è la medesima. La forbice nel prezzo è di duemila euro - la Thruxton costa 12.900 euro e la Thruxton R 14.900 - e le vendite inizieranno in aprile.
La versione R è anche esteticamente più intrigante della base, ancora di più se – come nel caso della moto che abbiamo guidato e che compare nelle nostre foto – è impreziosita delle sella con codino e relativo coprisella verniciato in tinta, al posto dell'opzione sella doppia.
Estetica di riferimento
L'aspetto da pura café-racer ha l'atout della tradizione Triumph in questo segmento, e ciò conta quando si gioca con il fascino degli anni Sessanta, come fanno la Thruxton o la Bonneville.
I designer hanno lavorato sapientemente, mescolando con giochi d'equilibrismo le forme e le finiture superficiali del passato, vedi il tappo del serbatoio tipo Monza o la piastra di sterzo old style, con le componenti ultramoderne quali l'impianto frenante Brembo o la forcella Showa a steli rovesciati. Una commistione fra classico e attuale che potrà non piacere a tutti, ma che alla fine è la forza di una classica in chiave café-racer. Il serbatoio lungo e con la fascia superiore di fermo (che sulla versione base manca) è una citazione alle forme del passato, e così il cruscotto con gli strumenti rotondi dalla cornice cromata. Cruscotto peraltro attuale nella ricchezza di informazioni visto che spie e i due display digitali inseriti negli elementi analogici informano anche su riding mode, marcia inserita, livello carburante, autonomia residua, conta km parziali, manutenzione, funzione Abs e controllo di trazione.
In optional si possono montare le manopole riscaldabili e il cruise control, mentre sotto la sella è presente una presa di ricarica Usb, e la chiave di contatto integra l'immobilizer. Altro tocco di modernità è dato dalla luce diurna a Led, ben inserita nel classico faro tondo. E anche la luce posteriore è a Led.
I richiami vintage sono importanti, e fanno lo stile di una moto del genere. Quindi sono inevitabili le ruote a raggi (che montano sì pneumatici tubeless, ma con camera d'aria), ci sono la finitura spazzolata per i due lunghi silenziatori di scarico (invece cromati sulla Thruxton), le fiancatine forate e con reticella, i semimanubri clip on di alluminio, come i retrovisori café-racer, che sono montati alle estremità delle manopole. Al pari della T120, i carter motore hanno superficie lucidata e con dettagli dorati. Il carterino copricatena (la linea del basamento dal lato trasmissione ricorda i vecchi bicilindrici pre-unit, quelli con il cambio separato) ha invece una forma differente rispetto alla T120, mentre sono confermati i due corpi farfallati dell'iniezione disegnati come se fossero dei vecchi carburatori a valvola tonda, e con annessi copri filtro dell'aria cromati. Chiudiamo il quadro estetico ricordando che il raffreddamento a liquido del motore non ne ha penalizzato l'immagine classica, visto che il radiatore quasi non si nota, che i tubi del circuito refrigerante sono ridotti al minimo e quasi invisibili, e che su cilindri e testa sono rimaste le tradizionali alette di raffreddamento. Non inquina la linea nemmeno la presenza del catalizzatore, ben nascosto sotto al motore senza sporcare la linearità dei condotti di scarico. Le varianti cromatiche proposte per la Thruxton R sono tre: rosso, argento e nero opaco.
La personalizzazione è un passaggio per molti irrinunciabile e inevitabile, quando si ha in garage una moto del genere. Triumph ha preparato per la Thruxton una serie di oltre 160 accessori tecnici ed estetici, ha approntato una linea di abbigliamento con Barbour International, stretto un accordo di collaborazione con l'americana Vance & Hines per quanto riguarda gli impianti di scarico, e ha allestito tre kit: Track Racer, Café Racer e Performance Race Kit, quest'ultimo dedicato alla pista. Potete vederli montati sulle moto nelle foto qui sopra.
Classico fuori, attuale dentro
Se il nuovo 1.200 cc è stato chiamato High Torque sulla T120, ha invece ricevuto la denominazione High Power per la Thruxton. Giusto per sottolinearne la diversa personalità.
Il bicilindrico parallelo che Triumph ha progettato per la nuova piattaforma Bonneville ha distribuzione monoalbero e quattro valvole per cilindro, imbiellaggio a 270° e corsa che misura 80 mm. Sulla versione 900 ha cambio a cinque marce, che diventa a sei sulla 1200, versione che ha solamente l'alesaggio aumentato a 97,6 mm per ottenere la maggiore cubatura. Rispetto al motore della T120, quello della Thruxton ha l'albero motore alleggerito e quindi con un minore momento di inerzia (per accelerare e decelerare più rapidamente); cambiano poi le camme, il rapporto di compressione, l'air box e le tarature di iniezione e accensione. In questo modo, la potenza sale dagli 80 cv a 6.550 giri della Bonneville T120 a 97 cv a 6.750 giri della Thruxton. Meno accentuata la crescita della coppia massima, salita da 105 Nm (a 3.100 giri), a 112 Nm al regime però di 4.950 giri.
Dilatati gli interventi di manutenzione, con frequenza che passa da 10.000 a 16.000 km, e ridotti i consumi: la casa dichiara un taglio dell'11% rispetto al vecchio motore 900, la cui cilindrata effettiva era 865 cc.
L'arrivo dell'acceleratore ride by wire introduce anche la possibilità di poter scegliere su tre riding mode: road, rain e sport (quest'ultimo manca sulla T120). Variandoli non si sentono differenze nella potenza, che non è tagliata nella rain, cambia invece la risposta al richiamo dell'acceleratore, che è ovviamente più pronta nell'opzione sport e più morbida in quella rain. Con la nuova elettronica di gestione diventa disponibile anche il controllo di trazione, che utilizza i medesimi sensori dell'impianto Abs, non è regolabile nel suo intervento ma può essere escluso, e la stessa operazione è possibile anche per l'Abs. Tutte queste caratteristiche sono comuni alle due versioni Thruxton.
"R" significa ciclistica raffinata
Passando alla ciclistica, va detto che c'è stato anche in questo caso un passo avanti importante rispetto alla Thruxton 900. Modificate le quote generali e ridotta la misura dell'interasse, sul nuovo modello spiccano il doppio freno a disco e la ruota anteriore da 17 pollici al posto del disco singolo e del cerchio da 18. Ma tutto il resto è cambiato, a partire dal telaio, che ha sempre disegno a doppia culla ed è in tubi tondi di acciaio, ma ha disegno e resistenze riviste.
La Thruxton R si distingue fortemente dalla base, che da parte sua ha diverse componenti in comune con la T120 in tema di freni e sospensioni. Sulla R compare un forcellone in lega di alluminio, invece che in trafilato di acciaio. La forcella è una Showa BPF rovesciata da 43 mm, l'impianto frenante Brembo anteriore ha dischi flottanti da 310 e pinze radiali monoblocco. La base ha invece forcella Kayaba tradizionale non regolabile con steli da 41 mm, e impianto frenante Nissin con pinze a due pistoncini. Al retrotreno, la R sfoggia poi una coppia di ammortizzatori Öhlins, con serbatoio separato e completamente regolabili, in luogo dei Kayaba regolabili solo nel precarico molla della Thruxton. Fra le due versioni cambiano poi le gomme: Pirelli Angel GT per la base e Diablo Rosso Corsa per la R sono montate sulle stesse ruote a 32 raggi e con cerchi di alluminio, e hanno sezione 120/70 e 160/60. Il peso della moto, dichiarato a secco, è di 203 kg. Due chili meno della vecchia 900 e tre in meno rispetto alla Thruxton base attuale, contro i 224 della nuova Bonneville T120.
Bella da guidare
Il fascino café-racer va bene, ma da solo naturalmente non basta. La vecchia Thruxton ha conquistato un buon numero di appassionati, e se è piaciuta lo si deve soprattutto al suo aspetto personale. La nuova Thruxton R rappresenta un deciso salto in avanti in tutte le direzioni: immagine estetica, impostazione ergonomica, qualità tecnica, livello prestazionale e soddisfazione nella guida. C'è anche un'importante differenza di prezzo fra ieri e oggi, è vero, ma le due edizioni non sono comparabili sotto questo aspetto. La R non costa poco, è indubbio, ma è pur vero che la sua rivale più vicina, la BMW R nineT, costa un migliaio di euro in più e dal punto di vista della costruzione la qualità di questa Triumph è molto buona.
Anche le differenze con la T120 sono enormi nonostante la base di partenza sia la medesima, lo stacco fra le due versioni è molto più marcato che in passato.
Sulla Thruxton si trova un assetto moderatamente caricato sul manubrio (che è un filo largo), il che dà un buon controllo dello sterzo senza che la posizione di guida sia scomoda. L'altezza della sella maggiore, rispetto alla T120, è comunque contenuta e alla portata di tutti (810 mm da terra), il serbatoio è stretto fra le ginocchia e le pedane sono arretrate il giusto per non essere scomode alla lunga.
Il motore vibra un po' di più rispetto alla Bonneville T120, specialmente sopra ai 5.000 giri, ma si tratta di vibrazioni vitali e mai fastidiose. Com'è intuibile, il comfort risente della mancanza di una minima protezione aerodinamica, per cui anche un piccolo cupolino – ce ne sono almeno un paio fra gli optional originali - è decisamente consigliabile se l'autostrada la frequentate spesso.
La guida della Thruxton R è una piacevole sorpresa. La moto non dà la sensazione di essere pesante, al di là dei chili sulla bilancia che non paiono comunque essere molti; inoltre ha un interasse parecchio inferiore alla vecchia 900 (da 1.490 a 1.415 mm) e la forcella è meno inclinata rispetto alla T120. Per cui alla fine c'è una buona maneggevolezza anche nello stretto. La moto non è rapida quanto una naked sportiva, non è così reattiva, in compenso non è nervosa e sfodera anzi una piacevolissima armonia di comportamento che sfocia in una bella guida rotonda e fluida: tanto efficace da convincere anche gli sportivi.
Tanto più che la forcella Showa ha un comportamento preciso, le Pirelli Diablo Corsa si rivelano ancora una volta perfette per grip e profilo, e l'impianto Brembo anteriore convince in fatto di potenza e gradualità d'intervento; bene anche l'Abs, che non interviene prima del necessario. Gli Öhlins posteriori non raggiungono il rendimento di una buona sospensione progressiva, però conservano un buon livello di comfort, e mantengono stabile la guida nei veloci cambi di direzione. Naturale che sui fondi sconnessi ci sia un po' di rigidità di risposta, ma questo non significa che la R sia scomoda anche in quel frangente, anzi.
Spinge con gusto
L'aumento di potenza rispetto alla T120 è sensibile - da 80 a 97 cavalli come dicevamo - ma ancora di più lo è il cambio di erogazione. La T120 ha il suo punto di forza nella coppia ai bassi e medi, il picco di oltre 10 kgm è fra i 3.000 e i 3.500 giri, ma poi sale lenta. La Thruxton rinuncia a un filo di elasticità ai regimi più bassi, nella ripresa a meno di duemila giri per intenderci; la sua coppia si sente dai 3.000 giri, ma spinge forte fra i 4.000 e i 6.000, allungando con costanza anche agli alti, dove la T120 è invece pigra. Ci è piaciuto anche il cambio, con innesti molto fluidi e precisi, e la frizione che ha un comando leggero.
Questo motore ha una bella voce di scarico, più viva rispetto alla T120, e l'imbiellaggio a 270° dà carattere rispetto a un tradizionale bicilindrico parallelo. Una novantina di sani cavalli bastano per questa moto, e paiono anche di più grazie alla pienezza di erogazione. Il vecchio 865 cc girava a un regime superiore, ma ovviamente era più vuoto rispetto al nuovo 1.200 e ancora una volta vale il vecchio detto americano che ricorda come nulla sia più utile dell'aumento di cilindrata... La spinta è insomma vigorosa, e si prolunga oltre i 7.000 giri. Ce n'è per andare a spasso accarezzando il gas e per divertirsi spalancandolo fra le curve, con una bella coppia che dà buone sensazioni. E' quello che serve, per completare una moto bella da guardare e da guidare.
Maggiori informazioni:
Moto: Triumph Thruxton R
Meteo: Sereno, 15°
Luogo: Cascais, Portogallo
Terreno: Misto lento e medio, extraurbano
Foto: Alessio Barbanti, Matteo Cavadini, Paul Barshon, Friedemann Kirn
Sono stati utilizzati:
Casco: X-Lite X-702 GT
Giubbotto: Ixon
Guanti: Alpinestars
Calzature: TCX
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anonym_4397114Approfittando della tappa cittadina del Triumph Tour di sabato scorso ho provato la Thruxton nella versione base e l'impressione che ne ho avuto è quella di una gran bella classica sportiva, anche troppo sportiva per i miei personali gusti e per il mio modo di intendere l'andare in motocicletta. E devo dire che, almeno per quanto riguarda i miei problemi alla schiena, è anche un pochino scomoda non tanto per la sella che tutto sommato accoglie bene il pilota quanto invece per il fatto che, pur consentendo di potersene andare in giro a passeggio senza forzare l'andatura (ma con un mezzo del genere viene istintivo), alla lunga la postura in avanti sui semi manubri sebbene non sia troppo accentuata come sulle SS e più o meno simile a quella del VFR 800 in termini di tempo e di percorrenza può chiedere pegno. In ogni caso la moto si presenta molto bene esteticamente nel suo aspetto tendenzialmente retrò e piace per la particolare cura nell'assemblaggio e nelle ottime finiture e già appena metti in moto si nota la sostanziale differenza di impostazione rispetto alla sorella T120, perché il rombo è più cupo e possente ed invita spudoratamente ad aprire il gas. Al primo approccio occorre comunque un minimo di attenzione perché è vero che il drive by wire facilita la gestione ma ho notato che la manopola è particolarmente sensibile ai movimenti delle dita. Il peso, che già da ferma non si sente affatto, scompare del tutto in movimento e non influisce sull'impostazione delle traiettorie e sui cambi di direzione anche se il retrotreno ogni tanto tende a "scodinzolare". Sicuramente la versione R per via della migliore dotazione che la distingue sarà ancora più godibile ma ritengo che anche la base sia già ben dotata e a chi piace il genere può dare grosse soddisfazioni.
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Luca_Brg, Legnago (VR)Un settore che non è più una nicchia, e che potrebbe essere occupato anche da Ducati, che lo ha abbandonato troppo presto, non credendoci abbastanza.