l'editoriale di nico

Nico Cereghini: “Dal fresco di oggi al gelo di ieri”

- Ottobre, il sole tiepido d’autunno invita ancora a qualche piega. E spuntano due foto che parlano delle prime gare per le derivate di serie. Gioie e dolori | N. Cereghini
Nico Cereghini: “Dal fresco di oggi al gelo di ieri”


Ciao a tutti! Questo primo fresco autunnale mi riporta indietro nel tempo, ad una trasferta di tanti anni fa per la mia prima vera gara in pista: 500 Chilometri di Vallelunga, coppia Belli-Cereghini. Eravamo entrambi ventiduenni milanesi e collaboravano con Motociclismo, e allora Ezio Bacchetti, il minore dei fratelli editori, ci prestò la sua Suzuki Titan 500: manubrio basso, via il faro, due espansioni e la moto era bell’e fatta. Il furgone 238 rosso, con la grande scritta Motociclismo bianca, dopo molte insistenze ci venne noleggiato dal Bacchetti maggiore che era, allora, piuttosto tirato.

Non avevamo mai visto la pista e la concorrenza era numerosa: 26 equipaggi della nostra classe (su Kawa, Suzuki, Honda ma anche Ducati e Aermacchi mono) e cinquanta nella classe 750. Si girava insieme a gente come Vittorio Brambilla sulla V7 Sport ufficiale, Pescucci con la SFC e GF Bonera con una Titan 500 meravigliosamente preparata: scarichi stretti sotto il motore, teste Daytona e freni Fontana; ed erano tanti gli esordienti come noi o come il collega Carlo Florenzano, con una Norton 750. Erano i primi anni delle maximoto. Noi cogliemmo il sesto tempo della 500, agitati dall’incidente mortale di Alex Spiaggia e sorpresi dal terzo tempo, con una Ducati 450, del romano Tommaso Piccirilli (che si sarebbe rivelato un gran talento e purtroppo sarebbe morto anche lui, a Imola pochi anni dopo). Brambilla con Cavalli si prese la pole nella 750 (Florenzano 46°).

Era il 24 ottobre del ’71, c’era il sole, faceva un bel freschetto che tonificava, la pista mi piaceva, i freni di serie scaldavano un po’ troppo ma le gomme K 81 tenevano parecchio ed era eccitante limare gli scarichi in tutte le curve. Ero un ragazzo, tutti quei guard-rail non mi facevano così impressione e ci davo dentro cercando di superare le 750 meno rapide. Il concessionario milanese Zabaglio, che era lì per Bonera (con tanti guai alla carburazione), faceva un po’ di assistenza anche a noi e ci diceva “avanti così che siete in testa”.

Finita la gara, caricai il povero Zabaglio sul furgone di Motociclismo e lo portai di corsa all’ospedale, a Roma, per una colica renale. Sarei tornato a notte fonda, non ero lì al circuito quando uscì la prima classifica generale, poi una seconda, forse anche una terza. I cronometristi erano andati in tilt, finì tutto in rissa, volarono anche i pugni e la FMI annullò la gara. Ricordo che il mio compagno di

Si correva con pochi soldi e le moto erano proprio belle, e questo era unico, era eccezionale

avventura Gianni Belli mi disse che ci avevano tolto il primo posto di classe: saremmo usciti dai box, dopo un rifornimento, con il semaforo rosso. A me non risultava. Comunque, secondi ufficiosi.

Erano tempi così. Si correva con pochi soldi e le moto erano proprio belle, e questo era unico, era eccezionale. Ma le piste erano micidiali, le tute e i caschi ti proteggevano per modo di dire, le organizzazioni erano dilettantesche, la federazione faceva pena e troppi aspiranti piloti spezzarono lì la loro vita. Quelli della mia classe? La verità è che siamo dei sopravvissuti, e tentiamo di ricordare soltanto le cose belle ma ne abbiamo viste di bruttissime.
 

  • barbasaki
    barbasaki, Volterra (PI)

    Puntine e carburatori.

    Io nel 71 non ero nemmeno nato, le prime moto che la mia memoria di bambino si ricorda sono di quindici anni dopo, eppure provo per le moto degli anni '70 un'inguaribile attrazione. Quelle erano moto con motori grandi e ruote piccole, in cui ogni componente era messo in mostra nella sua semplicità, potenti al punto giusto per divertire e con tante carenze ciclistiche da poter veramente vedere il frutto delle modifiche che ci facevi. Montavi una coppia di ammortizzatori, un doppio disco e sentivi la differenza, oggi è tutto uguale, a meno di non essere un alieno il limite della moto non lo trovi mai........non ho vissuto di persona quell'epoca, ahimè, ma per riviverla oggi corro nei meeting fmi, con un guzzone che dopo vent'anni di servizio in polizia è passato dall'altra parte, mi ci diverto molto più che con una moderna, e mi sembra di correre nel tempo oltre che in pista. A volte penso come doveva essere correre davvero con quelle moto, sui circuiti di allora perlopiù stradali oppure permanenti senza un minimo spazio di fuga........nelle gare di oggi per le moto d'epoca il pericolo più grande in fondo in fondo è quello di perdere dell'olio...per il resto le piste sono quasi totalmente sicure, pensate come sono per mezzi molto più potenti e leggeri. Forse non sono le moto ad essere pericolose ma il contesto in cui vengono usate, e le piste di quarant'anni fa non erano certo quelle di oggi. Questo grazie a chi ha rischiato ed è volato via quando correre in moto era davvero una pazzia dettata dalla passione. Oggi è tutto più semplice ma anche molto più banale, mi resta la consolazione di accendere il mio Guzzi e di potermelo godere con molti meno rischi e senza troppi pensieri, grazie anche e soprattutto a quei sopravvissuti di cui non ho potuto fare parte ma verso i quali provo una leggera invidia ed una immensa gratitudine.
  • username__242322
    username__242322, Guidizzolo (MN)

    Moto di serie Caspita!

    Questo è il bello. Poche modifiche per correre: giu i fari specchietti e frecce, cambio Carene, tubi freno in treccia ant e post (gli originali in gomma telata si cuociono dopo 15 min) Silenziatore aperto , un paio di gomme race e via. Non tutta l' inutile esagerazione tecnica che c' è oggi!
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