Nico Cereghini: "Ogni tanto è bello ricordare"
Ciao a tutti! Se i tempi sono grami, se mi guardo intorno e vedo soltanto disastri, allora mi guardo indietro. Alle mie spalle, giusto dietro alla testa, ho tre coppe sulla mensola della libreria. Sono le superstiti di una ventina di trofei, poca roba che arrugginiva in cantina. Sapete, ho buttato via quasi tutto, conservo pochi oggetti, ma queste tre coppe le tengo in ordine: sono piccole, valgono niente, ma sono rare. Quella al centro premia il secondo posto nella 24 Ore di Spa-Francorchamps.
Gli anni Settanta sono stati speciali, per la moto: il mercato cresceva, spuntavano novità a raffica, nuove formule di gara, nasceva il motociclismo moderno. Quella volta andammo in Belgio con la macchina di Giglio Lucchinelli, il papà di Marco. C’era anche la sua mamma, che passò tutta la notte sulla terrazza dell’albergo “La Source”, a bordo pista. Erano bella gente, i genitori di Marco, stavano per conto loro, guardavano, sorridevano e tacevano. Con le Laverda 1000 tre cilindri ufficiali, Marco faceva coppia con un francese mentre il mio compagno era il mitico Roberto Gallina, un pilota professionista, uno veloce.
Diluviò per venti ore, poi il sole d’agosto. Io con l’acqua mi divertivo proprio, si girava di notte a 170 di media
sui 14 km di Spa, Roberto ebbe un problema con gli occhi e col buio vedeva poco. Sul podio, noi secondi dietro alla Honda-Japauto e l’altro equipaggio Laverda terzo, Roberto mi guardava sorridendo; era la prima gara che facevamo insieme e dopotutto ero soltanto un giornalista, ricordo che mi disse “non credevo che tu avessi due palle così, la coppa tienila tu”. Perché c’era una sola coppa per due, proprio quella che tengo sulla libreria.
Alla Gazzetta era Allievi, allora, che seguiva le moto. Non era certo venuto fino a Spa, però il lunedì un trafiletto di dieci righe lo scrisse. Pino è un amico ma è anche perfido: non voleva che corressi in moto, diceva che un giornalista fa il giornalista. Era un po’ invidioso? Conservo ancora da qualche parte anche quel trafiletto, l’occhiello è: impresa delle Laverda in Belgio, il titolo: “Gallina secondo alla 24 ore di Spa”. Allievi l’ho perdonato dopo qualche anno.
Perché vi racconto queste cose? L’ho anticipato, perché quando la realtà un po’ ti deprime, è bello chiudersi un po’ in se stessi e lasciarsi andare ai migliori ricordi. Piuttosto che guardare quella nave inclinata di fronte al Giglio, o le prime pagine con i tonfi della finanza, o le statistiche della disoccupazione, preferisco rivedere i vecchi film di motociclismo. E lo so che magari passo per un vecchio trombone, ma ugualmente lo raccomando ai più giovani: non fate come me, conservate gli oggetti significativi, ogni cosa diventerà una testimonianza. Perché quello che conta sta accadendo adesso, non domani.
braviiii