Piero Taramasso, Michelin: “In MotoGP per sviluppare il prodotto di serie”
L’arrivo – o meglio, il ritorno – di Michelin in MotoGP è stato uno degli aspetti più interessanti di questo 2016. Uno scossone tecnico che ha cambiato in maniera piuttosto rilevante i valori in campo, anche se non nella maniera che molti si aspettavano.
Un debutto fatto di luci ed ombre, come del resto è naturale quando si affronta una sfida tanto impegnativa come sostituire Bridgestone che, al netto di qualche passo falso anche recente (ricordiamo Phillip Island 2013…) aveva raggiunto un livello eccelso con le proprie gomme per la MotoGP.
Un debutto comunque positivo, se è vero che i tempi sul giro sono già sui livelli dell’anno passato. La reale differenza è che con punti di forza quasi speculari rispetto a Bridgestone, per via di una filosofia agli opposti, la nuova gommatura ha richiesto un’evoluzione dello stile di guida di tutti i piloti. Ma se si pensa a quanto siano cambiate le MotoGP dal 2008 ad oggi – non c’è più nemmeno la cilindrata in comune – la rapidità nell’apprendistato di Michelin fa quasi spavento.
Piero Taramasso è il Responsabile del programma MotoGP Michelin. Abbiamo avuto modo di parlargli approfonditamente durante l’evento Michelin Formula Italia, dopo che lui stesso ci ha illustrato il percorso svolto dalla Casa del Bibendum negli ultimi due anni per rientrare nella serie regina dello sport a due ruote
Chiediamo a questo punto direttamente a lui di descriverci le principali differenze fra la gommatura Michelin e la Bridgestone in MotoGP.
«Mi piacerebbe saperlo!» sdrammatizza Taramasso «In realtà non conosco bene le gomme della concorrenza, ma sulla base del feedback dei piloti la differenza più grossa che ci veniva riportata all’inizio era che il nostro posteriore aveva molto più grip, almeno all’inizio, mentre il nostro anteriore offriva meno feeling, meno percezione del limite. Per questo il nostro lavoro di sviluppo, all’inizio, si è concentrato sull’anteriore: abbiamo portato molte evoluzioni di carcassa e di profili fino ad arrivare all’attuale, che sembra funzionare bene».
«Adesso ci dicono che siamo allo stesso livello del fornitore precedente come anteriore in termini di grip, mentre come posteriore siamo forse già superiori»
Una differenza che, come dicevamo, ha richiesto un cambio di stile di guida da parte dei piloti. A vostro giudizio, è stato un vantaggio aver già guidato con le Michelin – pensiamo a Rossi, Lorenzo, Pedrosa – oppure semplicemente sono stati i piloti contraddistinti da uno stile di guida più versatile ad essersi adattati più rapidamente?
«Prima i piloti in effetti erano abituati a frenare molto forte e molto sotto alla curva, tenendo molto il freno in mano anche a moto piegata, cosa che con le nostre gomme non è possibile. Fino all'anno scorso avevano quindi una guida più fluida, ora, con Michelin, devono spigolare un po’ di più: frenare forte con la moto dritta e buttarla dentro all’ultimo momento».
«Per quanto riguarda l’adattamento, io credevo che chi aveva già avuto modo di conoscere queste gomme si sarebbe trovato bene più rapidamente; per qualcuno è andata così, per altri no. Il fatto è che nel frattempo sono cambiate anche le moto, le loro ciclistiche, i circuiti, e alla fine chi va più forte è chi è capace di adattarsi più rapidamente. Ma se guardate gli ordini d’arrivo vedrete che chi andava forte l’anno scorso arriva davanti anche quest’anno: Marquez, Lorenzo, Rossi, Pedrosa. Si sono dette tante cose, ma i migliori sono rimasti i migliori»
Facciamo un po’ di polemica: come è maturata la decisione di Michelin di rientrare in MotoGP? Nel 2009 avevate dichiarato di non essere interessati a formule monogomma…
«Michelin non è mai stata favorevole ai campionati monomarca, perché crediamo che lo sviluppo proceda più rapidamente quando si è in competizione. Però abbiamo chiesto di poter cambiare la dimensione delle gomme, perché ci interessava tornare al 17” in quanto misura principe per l’uso stradale; Dorna non si è dichiarata contraria. La cosa ci serve per poter sviluppare più rapidamente la gomma, ed è quello che ci ha fatto prendere la decisione».
«Un altro aspetto è che la MotoGP è la competizione motociclistica più importante del mondo, è seguita ovunque e gode di visibilità enorme quindi per i nostri scopi risulta un investimento giustificato. Il terzo motivo è che Michelin è uno dei leader mondiali per quanto riguarda i pneumatici, la MotoGP è il top e ci sembrava brutto non esserci»
Fra 2003 e 2004, tra l’altro, era stata proprio Michelin a forzare il passaggio ai cerchi da 16,5” (anche in Superbike) abbandonando il 17” e creando il caso che poi spinse Ducati ad indirizzarsi verso Bridgestone. Ora il nostro rientro vede un ritorno ai 17”. Una scelta per utilizzare le linee di produzione della serie oppure dovuta ad altre motivazioni tecniche?
«La scelta del 17” per le gomme della MotoGP ci serve per trasferire in maniera più diretta le tecnologie sviluppate sulle gomme commerciali. Quando si cambia qualcosa sul pneumatico da 16,5” non sempre la stessa modifica sul 17” funziona, si tratta proprio di una questione strutturale legata alle dimensioni. Volevamo avere la stessa misura per poter trasferire più rapidamente la tecnologia: considerate che questo passaggio richiede normalmente un anno e mezzo/due anni. Se ci mettete anche la problematica della diversa misura è facile arrivare a tre o quattro».
Lo sviluppo in MotoGP ha sicuramente risvolti relativamente diretti sulla produzione racing, sulle slick destinate ai privati e sulle coperture “in mescola”, come in gergo si dice oggi. Più sulle mescole o più sulle carcasse? E soprattutto, pensate anche a ricadute sulla produzione di serie destinata all’uso stradale?
«Il trasferimento c’è sia per quanto riguarda le mescole che relativamente alle carcasse. E’ vero che il passaggio più rapido avviene verso la gamma hypersport, ovvero verso il nostro Power Slick Ultimate, ma questo passaggio avviene a caduta anche sulle altre, naturalmente per gli aspetti più rilevanti per i singoli scopi».
Questo vostro rientro sembra un po’ l’ultimo step di un programma più articolato due anni fa siete rientrati in forze nel CIV, ora in MotoGP… siete anche interessati ad una partecipazione nelle gare stradali?
«Quando ci siamo ritirati dalla MotoGP ci siamo rifocalizzati verso i campionati nazionali, dove c’era competizione contro i nostri concorrenti – siamo venuti qui in Italia dove al CIV c’erano Pirelli e Dunlop, e in Spagna per lo stesso motivo, per misurarci con i nostri concorrenti. Siamo rientrati nel Mondiale Endurance, sempre per continuare a lavorare e mantenere il nostro know-how. Sapevamo che in Italia il livello di moto e piloti era piuttosto elevato, che il mercato era interessante, quindi ci siamo impegnati fino al ripresentarsi dell’opportunità in MotoGP, che addirittura all’inizio non avevamo previsto. Ci sentivamo in grado di accettare la sfida… ed eccoci qui».
«Non vi nego che qualche soluzione da cui siamo partiti in MotoGP è nata da soluzioni che usavamo al CIV: per creare la base che abbiamo portato nel 2015 siamo partiti dalle nostre gomme del 2008 aggiungendo le esperienze dei campionati nazionali e del Mondiale Endurance».
Quindi lo sviluppo è un processo di travaso continuo, non di lavoro gerarchico in cui si porta qualcosa in MotoGP e se funziona, eventualmente lo si applica anche alle serie minori?
«Adesso si, è più o meno così, ma prima, per partire già ad un buon livello, siamo partiti dal basso per arrivare verso l’alto».
Pneumatici intermedi: servono davvero oppure una richiesta partita da condizioni limite? Si possono davvero usare o finirà come in SBK con Pirelli, con i piloti che non si fidano non avendole provate?
«Le intermedie sono nate da una richiesta Dorna, a cui abbiamo risposto positivamente perché ci crediamo. Diciamo che sono state fatte per lo spettacolo, per quelle condizioni miste in cui non si possono adoperare né le slick né le rain e gli spettatori in circuito, il venerdì o il sabato, non vedono girare nessun pilota. Vi faccio un esempio: al Mugello, nelle FP1, in condizioni miste grazie alle intermedie c’erano quattordici MotoGP in pista. Senza intermedie non avrebbe girato nessuno, e lo spettacolo ne avrebbe sofferto. Detto questo, crediamo che le intermedie siano una buona soluzione per le condizioni miste nelle prove libere o in qualifica; in gara o slick o rain, eventualmente cambiando con la sosta ai box».
come gli era saltato in testa?
solo per rompere le scatole alla concorrenza?