Planet Explorer 13 - Azzorre - Day 5
Quarto giorno terza isola! Per la giornata di oggi abbiamo deciso di regalarci un’altra avventura e, dopo San Miguel e Terceira, è la volta di Pico. E’ sicuramente l’isola più conosciuta dell’arcipelago e anche la più visitata per l’omonimo vulcano che la domina e che oltretutto è anche la vetta più elevata non solo delle Azzorre ma del Portogallo peninsulare. Quindi Pico rappresenta in se un’isola, una montagna ed un vulcano, quel cono che svetta per 2.351 metri sopra le acque dell’oceano Atlantico e che è sicuramente una delle mete più ambite e più ardite da raggiungere.
Non è un trekking particolarmente impegnativo ma fra salita e discesa ci vogliono almeno 6/7 ore e la buona volontà di farlo. Solo 160 escursionisti alla volta sono ammessi e solamente 40 alla volta potranno accedere a Piquinho, il pinnacolo che sporge dalla caldera e che rappresenta il punto più alto del vulcano. Ma per chi non adori particolarmente le scalate ci sono ben altre cose da fare a Pico la prima, sempre per rimanere in tema di lava, può essere una visita ad Archos de Cachorro, una formazione rocciosa perforata da grotte e cunicoli dove l’acqua dell’oceano entra con tutta la sua forza ed il suo impeto.
Ma l’opera più bella a favore dell’uomo che la lava ha compiuto a Pico sono le Adeguas, un insieme di cantine e vigne vulcaniche dichiarate dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità e non distanti da Madalena. La particolarità di queste vigne è che crescono all’interno di piccole celle delimitate da muretti di pietra lavica che, oltre a proteggerle da vento a acqua, creano un microclima ideale per la crescita dei vitigni, tanto che il vino di Pico è conosciuto e particolarmente apprezzato anche all’estero. Spostandoci da Madalena verso Lajes, evitando il lungocosta ma scegliendo il percorso all’interno dell’isola, le strade sembrano disegnate per essere percorse in moto.
Traffico quasi inesistente, asfalto perfetto ed un mix di curve e panorami che meritano di essere visti e vissuti. Lagoa do Capitão è un laghetto di origine vulcanica, e le mucche sono quasi una presenza fissa di queste aree: anzi, un suggerimento è quello di non entrare troppo decisi in curva, perchè oltre ai bovini che pascolano liberamente fra prati e strada, vi sono centinaia di sterchi in terra che rendono l’asfalto pericolosamente scivoloso.
Lajes ha un passato fortemente legato alla caccia della balena, soprattutto dei giganteschi capidògli, e fortunatamente dal 1987 queste meravigliose creature non si cacciano più con l’arpione ma solamente con fotocamera e binocolo. E’ questo il punto di partenza per il whale watching più richiesto di tutto l’arcipelago, e sicuramente Aqua Azores è l’operatore più quotato e affidabile.
Gentilezza quasi imbarazzante del personale, esperienza dei biologi marini nell’identificare e nel descrivere le specie, e skipper in grado di seguire cetacei e odontoceti sempre rispettando il loro habitat marino, sono indiscutibili punti di forza. E fra tutte le scene vissute in 28 anni di viaggi in 144 Paesi documentando la natura e gli animali, non ricordo di aver mai provato un’emozione così grande quanto quella di ieri. Come dal niente, un branco di 60 delfini striati hanno iniziato a nuotare saltando fuori dall’acqua con tuffi di almeno mezzo metro. Sembrava una danza ritmica eseguita in un sincronismo perfetto, e con la sagoma di Pico sullo sfondo. Una favola durata venti secondi. Ho perso la parola, al punto di commuovermi.
Testo e foto di Luca Bracali
Video Laura Scatena