Nico Cereghini: “I traversi meglio del trial”
Ciao a tutti! Sono certo che la frattura del mignolo della mano sinistra, se si tratta davvero soltanto di quello, non fermerà Marc Marquez a Jerez. Due cadute in pochi giorni devono aver fatto suonare qualche campanello di allarme in casa HRC, ma il campione del mondo è esuberante, ama il dirt-track quasi quanto la MotoGP, e del resto l’allenamento deve pur farlo. Lo aveva dichiarato Livio Suppo già dopo il famoso incidente del febbraio 2014: “Non si può tenerlo fermo, ed è importante che allenandosi lui si diverta”.
Il motocross e i traversi sono alla base dell’allenamento dei piloti moderni, e anche se cadute e fratture sono all’ordine del giorno e qualche volta hanno penalizzato stagioni intere o parte di esse, il fenomeno è costantemente in crescita; il Ranch di Valentino e la sua Accademy sono lì a sottolinearlo. E la domanda sorge spontanea ed è anche doppia: ne vale la pena? Non basta la palestra?
Una volta, direi fino a tutti gli anni Sessanta, i piloti del motomondiale non si allenavano affatto, e fu proprio Agostini il primo professionista del nostro sport a curare la dieta e l’allenamento fisico esattamente come un atleta. Ma soltanto negli anni Settanta si iniziò timidamente a deviare dall’asfalto all’off-road per migliorare la propria tecnica di guida. E prima del motocross, specialità lontanissima dai velocisti del tempo e giudicata troppo pericolosa da approcciare, venne il trial.
Ricordo bene gli inverni di quel periodo, almeno in alta Italia. Quasi tutti i piloti si procurarono una moto da trial e via, si andava sulle Prealpi con i Bonera e i Brambilla, abbigliamento naif e tanta voglia di far casino. Più che un trial, quello era un moto-alpinismo su mulattiere e pratoni (allora praticabili, che pacchia…), e le scarse attitudini personali erano compensate dalla facilità delle moto, leggere, piene di coppia e abbastanza lente. Si fece anche qualche garetta tra noi: ad Albavilla (Erba) in una specie di enduro a cronometro vinse Gianfranco Bonera, a Modena riuscii a battere Villa e Lusuardi con la mia Montesa Cota 247 “Karlsson replica” in una piazza gremita. In quattro o cinque arrivammo quasi in cima all’Etna nella neve. Ma non si faceva sul serio, restavamo piuttosto impacciati, e quando finalmente si passò al cross negli anni Ottanta attraverso il Motorshow, per vedere dei velocisti disinvolti con le gomme artigliate si dovette attendere parecchio.
I piloti di oggi sono migliori di quelli di ieri? I confronti a distanza sono improponibili, tutto è cambiato dalle piste alle moto, ma direi che su certi piani sì, sono migliori. Per controllo della moto, sensibilità, capacità di spostare i pesi dove occorre, rapidità dei movimenti -e naturalmente anche per la preparazione fisica- i piloti di oggi sono superiori anche a quelli di vent’anni fa. Insomma, per rispondere alla domanda doppia, credo proprio che motocross e traversi siano necessari e non basti la palestra.
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noveundici, Empoli (FI)per chi sembra aver travisato mi spiego: chi arriva dopo ha può sempre contare sull'esempio di chi lo ha preceduto (.... e anche quelli sbagliati servono.... a capire come non si deve fare)perchè come scrisse un tale di nome Isaac Newton « Se ho visto più lontano, è perché stavo sulle spalle di giganti ». 911
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gioel4579, Messina (ME)Serve eccome fare traversi specie se con un due tempi che ti obbliga a mantenere il gas sempre aperto per mancanza di coppia