Nico Cereghini: "Il mio Apollo 11? Un'astronave a quattro cilindri dalle finiture spaziali"
Sì, la sera del 20 luglio 1969 ero davanti alla televisione per seguire lo sbarco sulla Luna, ma devo dire che non mi sentivo così coinvolto. Sarà perché avevo 20 anni e altre cose per la testa.
Ricordo che su Rai 1, intorno alle 22, due famosi giornalisti discutevano animatamente. Erano Ruggero Orlando dagli USA e Tito Stagno da qui: la navicella ha toccato, no che non ha toccato, invece sì. Molto caotica, la trasmissione, le immagini erano confuse e in bianco e nero, ma c'era dappertutto un grande entusiasmo, dopo la Luna l'uomo sarebbe sbarcato su Marte e chissà dove saremmo arrivati. Ma poi alla fine è cambiato poco o niente.
La conquista della Luna rappresentava davvero, in quel momento, una tappa fondamentale per l'umanità: mentre Apollo 11 si appoggiava senza danni sul satellite della Terra, e i due astronauti americani potevano addirittura passeggiare sulla superficie lunare, si realizzava un sogno antico quanto l'uomo. Un grande sogno legato alla sete di conoscenza, alla curiosità di spingersi oltre, Ulisse e Marco Polo. Ma nello stesso momento, cosa ancora più importante, gli Stati Uniti vincevano la sfida tecnologica e politica con gli URSS.
Dovete capire che si era in piena guerra fredda e la minaccia di una guerra atomica aleggiava su tutti noi; i russi erano stati i primi a spedire un uomo nello spazio, Yuri Gagarin, fin dal 1961, ma la loro tecnologia era arretrata, i loro razzi viaggiavano con un carburante a base di cherosene, quando gli americani già utilizzavano l'idrogeno liquido.
In qualche modo, dopo che la bandiera a stelle e strisce fu piantata sulla Luna da Armstrong e Aldrin, venne sancita la sproporzione tra le due forze, l'America avrebbe governato il mondo, l'umanità si sentì meno in pericolo.
Qui in Italia, nella primavera del '69 veniva presentata in pompa magna la 128, io stavo pagando le rate di una Fiat 500 L gialla, la moto italiana più avanzata era la Guzzi V7 Special, una delle più ammirate la Ducati Scrambler nelle tre cilindrate, 250, 350 e 450.
La moto dei miei sogni però era una sportiva, la Ducati Desmo 250 che allora era considerata una media cilindrata: ma intanto piegavo come un pazzo, senza il casco come tutti, con il mio Corsaro 125 Morini.
Avevo appena iniziato la collaborazione con il mensile Motociclismo, che poi era l'unico giornale di moto dell'epoca, e per il momento mi toccava provare al massimo le 125 perché in redazione c'erano giornalisti più esperti di me. Ero al primo anno di università, avevo in testa solo le moto, correvo a Monza appena possibile, giravo in pista con qualsiasi cosa mi capitasse tra le mani, anche con le gomme tassellate.
Agostini dominava 350 e 500, ma il mio pilota era Santiago Herrero con la Ossa 250. Per me, e per tanti appassionati come me, il veicolo spaziale più straordinario di quel 1969 non fu affatto Apollo 11. Fu la Honda CB 750 Four presentata a novembre al Salone di Milano.
Andare sulla Luna non ci ha giovato più di tanto. Gli americani ci sono tornati sei volte tra il '69 e il '72 con dodici astronauti, correndo rischi enormi, in seguito giudicati eccessivi. E quindi lo stop.
A luglio del 1969 si guardava al futuro con sfrenato ottimismo, al progresso non si ponevano limiti, si pensava che nel Duemila avremmo tutti viaggiato su automobili volanti. Sì, ciao.
Soltanto la CB 750 Four ha davvero cambiato il mondo. Quella era una vera astronave. Quattro cilindri, freno a disco, avviamento elettrico, finiture spaziali.
Da quel momento il motociclismo non è più stato lo stesso, dalla V7 Special siamo saltati in un lampo alla V7 Sport, dalla Laverda GT alla SFC, dai piloti strizzati dentro la tuta in pelle nera da 700 grammi alle tute colorate della 200 Miglia con le prime protezioni.
Che meraviglia, quel decennio iniziato nel 1969!
All'epoca avevo 18 anni e la voglia di moto c'era bella e forte.
Purtroppo come per tanti altri all'epoca la moto per "giocare" era un sogno e basta.
Pure con i cinquantini dovetti fare un compromesso e fui "costretto" a prendere un Vespino.
Poi la prima automobilina perché serviva e solo in seguito una Moto B, la prima motocicletta in assoluto, poi solo giapponesi e alla fine fine, solo Honda
Quando comparve nella mia città la prima Honda 750 Four (1969/70) fu in contemporanea con un Kawasaki 500: ricordo solo loro 2 per lungo tempo.
Noi li guardavamo passare avanti indietro per le strade del centro.
Onestamente all'epoca rimasi più folgorato dalla 2 tempi in quanto la consideravo più avanzata, più novità insomma, non eravamo abituati a moto di grossa cilindrata a 2 tempi con tanti cilindri, nemmeno a 4 tempi per la verità ma le moto di media/grossa cilindrata dell'epoca erano tutte a 4 tempi.
Il suono che emanava era un qualcosa di veramente mai sentito prima, lasciava di stucco.
Provai pure a comprarne una più avanti, la provai ma alla fine la lasciai dov'era.
La Honda 750 Four quasi non la consideravo tanto era "spaziale" come se si trattasse di un qualcosa di irreale, un qualcosa di finto tanto era perfetta.
Valentino Masini
Ma vale la pena ricordare che la vera perfezione di queste astronavi è stata aggiunta del genio italiano di Tamburini e Segoni. Moto fatte da artigiani geniali, pionieri delle ciclistiche moderne.