Honda CBR Fireblade. La storia di un grande successo
E’ difficile crederlo al giorno d’oggi, ma c’è stato un tempo in cui le uniche, vere, moto supersportive erano le 750; Pensare che una 1.000, o ancora peggio 1.100, potesse tenere il passo sul misto di una sette-e-mezzo a parità di pilota era pia illusione almeno fino alla fine del 1991. C’è voluta l’intuizione di Tadao Baba, team leader di quella che avrebbe dovuto essere la nuova Superbike Honda, per creare un modello capace di rivoluzionare completamente la storia delle supersportive. Non delle supersportive della Casa di Tokyo, badate bene: delle supersportive di tutto il mondo.
Alla fine del 1991 Honda presentò al Salone di Tokyo la CBR900RR Fireblade. Nata nella mente dei vertici di Tokyo come erede meno sofisticata (e costosa da produrre) della RC30, venne snaturata nel momento in cui gli stessi vertici decisero di continuare a seguire la strada del V4 deliberando il progetto RC45.
Baba-san non si fece scappare l’occasione: libero dai vincoli dei regolamenti sportivi fece lievitare la cilindrata della CBR fino a 853 cc e trasformò una supersportiva nervosa in una moto capace di fare i giri attorno alle 1.000 su strada e in pista ma con una coppia ai medi regimi che la rendeva ben più facile ed accessibile di una 750 dell’epoca.
Bellissima e velocissima anche da fermo – la carenatura traforata come sulle NSR 250 ufficiali, al di là della (dubbia) efficacia era roba da lasciarci gli occhi – aveva l’unico limite di un certo nervosismo per lo più legato alla curiosa scelta di Baba di proseguire sulla strada del cerchio anteriore da 16”
Il primo modello durò quattro anni, con lo step intermedio del 1994 che portò alla celebre colorazione tigrata (la grafica era denominata ufficialmente "Urban Tiger" sui mercati anglofoni) oltre a piccole revisioni estetiche - i fari carenati, con grande sollievo durante il lavaggio della moto per togliere i moscerini - e tecniche, fra cui misure ciclistiche leggermente riviste per aumentare la stabilità.
Nel 1996 arriva il primo vero modello nuovo, con cilindrata cresciuta fino ai 919 cc grazie ad un rialesaggio di 1 mm, che si portò dietro un rapporto di compressione leggermente aumentato, uno scarico dal diametro maggiorato, una frizione più robusta e il radiatore curvo - abbastanza per definire il motore come completamente rinnovato.
La ciclistica venne modificata rivedendo sostanziosamente gli spessori di telaio e forcellone per aumentarne la rigidità torsionale; la forcella venne completamente rivista nelle componenti interne e il perno forcellone alzato di 5 mm.
Dopo due anni solita revisione intermedia: la rigidità del telaio venne ricalibrata su valori più vicini alla moto originaria, le sospensioni riviste nelle tarature interne e la piastra di sterzo superiore modificata nell’offset (-5 mm, seguendo una modifica abbastanza diffusa all’epoca utilizzando componentistica aftermarket).
Migliorato l’impianto frenante (dischi maggiorati, pinze più prestanti), il motore venne evoluto in maniera abbastanza profonda pur senza cambiare molto sulla scheda tecnica, come da buona tradizione della Casa di Tokyo: l’80% delle componenti è stato rivisto per ridurre masse ed attriti, le camere di scoppio e i condotti sono stati ridisegnati.
La prima reale svolta si ha però due anni dopo, quando la cilindrata del rivoluzionario (per la Fireblade) modello 2000 cresce fino al limite dei 929 cc.
Arriva l’iniezione elettronica PGM-FI per la prima volta, la ciclistica adotta lo schema pivotless (il forcellone si infulcra sul motore senza che il perno venga abbracciato dal telaio) e debutta per la prima volta su una Honda stradale la forcella a steli rovesciati con il cerchio da 17”.
Nonostante tanti cambiamenti e un grande successo di vendita (dovuto anche ad una politica di sconti molto aggressiva ed inaudita per la Casa di Tokyo a fine 2002), il modello 929 non dura molto: già nel 2002 arriva la versione da 954cc (ancora una volta grazie ad un rialesaggio di 1 mm), ben più prestante, affilata e sportiva ma anche molto meno sfruttabile.
Il motore riceve nuovi iniettori a 12 fori per risolvere il problema di on-off riscontrato sulla precedente versione, l’iniezione viene completamente riprogrammata ma, soprattutto, la ciclistica viene irrigidita e rivista nella distribuzione dei pesi.
Le modifiche non piacquero a tutti, tanto che a breve Honda stessa offrì ai clienti la possibilità di sostituire la piastra inferiore di sterzo con quella del modello precedente, aumentando avancorsa e stabilità.
Nel 2004 la Fireblade cambia per sempre, abbandonando la cilindrata intermedia e formalizzando la sua crescita fino a 1000cc con la nuova denominazione di CBR1000RR. L’estetica riprende quella della 600, a sua volta mutuata dalla MotoGP RC211V che ha dominato con Valentino Rossi i primi due anni della nuova categoria.
Il propulsore è completamente nuovo, dotato di cambio estraibile e di iniezione a doppio stadio e scarico sottocodone. Completamente diversa anche la ciclistica, con sospensione posteriore Unit Pro-Link ed ammortizzatore di sterzo elettronico HESD.
Le vendite sono un grande successo, perché l’unico reale difetto sta in qualche chilo di troppo; il problema viene risolto nel 2006 con un modello più leggero, dotato di qualche cavallo in più (grazie per lo più ad un aumento della compressione e a una fasatura della distribuzione rivista) reso più brillante da una rapportatura finale più corta.
La ciclistica viene rivista con un alleggerimento generale e una distribuzione dei pesi più agile, nonché ovviamente a tarature differenti delle sospensioni.
Nel 2008 viene presentata una versione completamente nuova che, di fatto, costituisce la base per la CBR1000RR di oggi. Il telaio, più rigido e leggero, porta ad un’ulteriore centralizzazione delle masse. Il propulsore cambia nei valori di alesaggio e corsa (più corta) portando la cilindrata a 999 cc; tutti nuovi il blocco cilindri, le camere di scoppio, i pistoni e l’albero motore.
Diversi la centralina (più prestante e sofisticata), l’airbox, la distribuzione con valvole in titanio e la trasmissione, dotata ora di frizione antisaltellamento.
Rivisto anche l’ammortizzatore di sterzo HESD e l’impianto di scarico, che in nome della distribuzione del pesi passa dal posizionamento sottocodone a quella più tradizionale laterale. L'anno successivo arriva sul modello 2009 per la prima volta l’ABS sportivo, quel C-ABS che grazia ancora oggi la Fireblade. Nel 2010 la CBR cambia davvero di pochissimo – arriva un volano leggermente più pesante che ne migliora la regolarità ai bassi regimi.
Nel 2012 arriva la versione 20° anniversario, in cui diversi piccoli tocchi hanno all’atto pratico grandi differenze. Cambia il comparto sospensioni, con l’arrivo della forcella Showa Big Piston e il nuovo monoammortizzatore; cambia il telaio, rivisto nelle rigidità e nei pesi un po’ ovunque, e cambia anche il motore, alleggerito e raffinato anch’esso praticamente dappertutto.
Niente di sconvolgente – manca ancora la tanto attesa gestione elettronica con acceleratore Ride-by-Wire che nel frattempo ha debuttato nella CBR portata in pista nel Mondiale dal team Ten Kate – ma piccole modifiche determinano risultati di grande spessore dal punto di vista dinamico, con una moto che all'atto pratico si rivela sensibilmente migliorata rispetto all'edizione precedente.
Anche stavolta, dopo due anni arriva un'evoluzione della CBR1000RR con la versione SP, che avete potuto vedere ad EICMA ed abbiamo provato a Losail. In attesa che la CBR, fra due anni, cambi ancora sapendo rimanere come sempre sé stessa.
Consigli per Honda
Innegabile che delle ottime sospensioni settate correttamente portano più vantaggio che mille centraline, ma lo standard base percepito oggi non è uguale a quello del passato, i clienti di queste moto pagano e esigono un pacchetto elettronico almeno pari alla concorrenza.