NH78, la seconda vita di una Yamaha GTS 1000
Sotto il termine "special" si raccolgono tante tipologie di moto: diverse interpretazioni, afferenti più o meno alle classificazioni che tutti abbiamo imparato a conoscere nel corso degli anni, che prevedono una base tipicamente un po' vecchiotta sulla quale vengono riviste diverse componenti, alcune sostituite con pezzi come si suol dire off-the-shelf, ovvero l'aftermarket di serie, altre realizzate in pezzo unico per lo scopo.
Più raramente si vedono special come questa NH78 - NH sta per Night Hawk, nome già usato per tutt'altro genere di moto da Honda negli anni 80 - nata nella forma di una Yamaha GTS 1000 del 1993 su cui il papà, l'architetto Rodney Serra, ha lavorato per sottrazione, rimuovendo praticamente tutte le sovrastrutture per lasciare a vista le soluzioni tecniche dell'atipica tourer della Casa di Iwata.
Andiamo con ordine: la GTS 1000 nacque dalla collaborazione fra Yamaha e lo statunitense James Parker, che con il suo progetto Radical Racer a fine anni 80 creò una moto da corsa spinta dal bicilindrico a due tempi Yamaha da GP con diverse soluzioni molto innovative. Soluzioni fra le quali spiccavano il radiatore sotto il codone (ripreso poi da Benelli per la Tornado) per minimizzare la sezione frontale, ma anche e soprattutto la sospensione anteriore monobraccio che disaccoppiava lo sterzo dall'azione ammortizzante. Schema che poi, rivisto per adattarla all'impiego stradale, ha trovato sbocco appunto sulla GTS.
La tourer Yamaha era avantissimo per i tempi: alla sospensione anteriore non convenzionale univa il monobraccio posteriore e un telaio a Omega non dissimile da quello della Bimota Tesi. Tutti elementi che Serra (architetto del tutto a digiuno di preparazione motociclistica, ma d'altra parte anche quel genio di John Britten, per restare in tema, era un autodidatta...) ha voluto mettere appunto a vista, rimuovendo praticamente tutte le sovrastrutture originali e sostituendo anche componenti tecniche come il monobraccio posteriore - quello che vedete è inconfondibilmente quello della Honda VFR, adattato al nuovo impiego - e alcune parti del telaio. Il quadricilindrico della FZR 1000 EXUP è invece rimasto praticamente inalterato.
Il risultato lo vedete da voi: sugli attacchi originali della carrozzeria, una struttura in tubi arancione irrigidisce la ciclistica e fa da raccordo con il coperchio in alluminio che nasconde il serbatoio. Il codino è un'unità autoportante. L'insieme, un po' per la colorazione e un po' per le linee tese e taglienti, ricorda molto... una supernaked austriaca. Che dite?
Eh... lo so, gli spigoli vanno di moda, ma poco male. Chissà quanto pesa ora...