Triumph Sicilia in Tour, c'eravamo anche noi.
Ma diciamoci pure la verità: chi vuole leggere un altro report su quanto sia stato imperdibile e figo un raduno di motorette?
Nulla è più innaturale dell'ovvio: più qualcosa è abituale, più diventa difficile raccontarla; così passano le settimane, passa pure EICMA, l'elenco delle cose da scrivere si contorce e strizza per evitare l'ennesima cronaca.
Sinceramente: di fronte ad argomenti come questi potremmo svignarcela e riempire quattromila caratteri con luoghi comuni, dare la notizia e chiudere l'articolo certi di aver fatto un lavoro dignitoso.
La notizia è che a metà ottobre c'è stato un raduno, il Triumph Sicilia in Tour: due giorni a zonzo per il centro dell'isola percorrendo strade storte fino al Castello di Sperlinga e Sant'Angelo Muxaro, finendo all'Autodromo della Valle dei Templi per il battesimo in pista (con parata iniziale annessa) di chi senza questa - veramente lodevole e, anzi, coraggiosa - iniziativa di Triumph Sicilia non avrebbe mai portato la propria inglesina tra i cordoli. Bizzarrie del caso, chi scrive è anche stato il prescelto per fare da apripista.
Detto tra noi, immaginarmi cicerone in circuito mi faceva un po' specie – a Moto.it non mancano piloti decisamente più qualificati rispetto a chi è bravo soltanto a divertirsi – ma ogni esperienza è un capitolo di vita da mettere sullo scaffale: a fine turno, lo sguardo emozionato e incredulo dei cinque intrepidi dei quali ho avuto l'onore di celebrare il battesimo della pista, è stato il ricco bottino che ha compensato il non aver potuto strapazzare la mia Speed Twin in rodaggio e di aver dovuto subire, nel rettilineo in salita - sottolineo: in rettilineo -, sorpassi che ancora oggi gridano vendetta.
Malgrado io ne parli male, amo i raduni e non posso fare a meno di divertirmi quando li seguo, ne apprezzo sempre la generosità delle storie che strisciano sotto le ruote, talvolta banali, talvolta ovvie e difficili da raccontare, e mi stupisce ogni volta di più la facilità con la quale la motocicletta riesce a federare personaggi che su due piedi non avrebbero nulla in comune, me per primo.
Ogni raduno è bello a modo proprio, nonostante il fatto che - dichiaro apertamente per lasciare a casa i dubbi - quando già i radunanti raggiungono il numero di tre mi sento di fronte ad una folla; quattro e si parla di popolazione, cinque una moltitudine incontrollabile, e solo l'irrazionale passione per la moto e l'assenza di qualsiasi freno alla mia voglia di fare chilometri mi tiene lì col motore al minimo, tra le moto degli altri, in attesa di partire. So di non essere l'unico, ed è proprio quest'alchimia tra demofobia e desiderio di condividere la propria passione con persone affini il trucco che rende i raduni qualcosa di cui non si capisce mai bene quanto siano liturgia e quanto supplizio, quanto tortura di dover andare pianissimo e in gruppo e quanto, invece, delizia di un senso di appartenenza.
Com'è andata? Benissimo, una sessantina di moto, gente mai banale, strade scelte con un occhio al divertimento e l'altro al paesaggio, e il report potrebbe pure finire qui, nella laconicità della sintesi portata alle sue estreme conseguenze.
Potrei aggiungere qualcosa sulla forza del gruppo messo insieme da Triumph Sicilia con la complicità di Mass, l'azienda parlermitana produttrice di impianti di scarico, che ha approfittato dell'occasione per mostrare le sue novità dedicate alle moto inglesi, oppure potrei dedicare qualche riga alla trasversale euforia dei tanti amanti delle moto di Hinckley accorsi anche da oltre lo Stretto per unirsi al tour, ma sarebbe difficile non essere retorici: i triumphisti non lo meritano, la retorica banalizza e manda tutto decisamente in vacca.
Quindi, perdonatemi, il Triumph Sicilia in Tour ve lo racconto così, con le stesse parole stupide che dedichiamo agli incontri piacevoli e alle scoperte impensate, perché spesso si fatica a parlare di ciò che si ama, ammutoliti dalla soddisfazione di avere vissuto qualcosa di memorabile. La colpa è del ritorno, ed è una cosa alla quale non si fa sempre caso; il ritorno da un giro in moto scioglie i ricordi in rivoli, abbassa la soglia di percezione della straordinarietà di quello che si è vissuto: forse presi dalla fretta, forse perché la mente è già proiettata al prossimo raduno o al prossimo giro: il resto sono soltanto pose da storie di Instagram che durano il tempo di un sospiro.
Il ritorno da un viaggio, è la prospettiva zero dell'esperienza motociclistica; l'ovvia bellezza dei chilometri lasciati alle spalle resta ben annidata in chi l'ha vissuta, e a volerla raccontare si resta vaghi; nel mio caso mi accorgo di avere vissuto due giorni in sella assalito da una velleitaria foga di raccogliere immagini e materiale da pubblicare, come i giapponesi in coda per le foto alla Gioconda negli anni '90, e di averci poi messo due mesi per scriverne.
Di quei due giorni ho dei ricordi, alcuni ritagli. Ma sono pochi. Spero bastino.
Foto:
Gerlando Sciortino
Sofia Privitera
Antonio Privitera