Ducati Diavel 1260. Arriba arriba, El Diablo
Sono passati otto, lunghi anni da quando Ducati ha lasciato tutti a bocca aperta con la prima Diavel. Un modello che nessuno si aspettava dalla Casa bolognese, una sport cruiser – declinata appunto secondo i canoni sportivi tipici del mondo Ducati – che ha diviso nettamente il pubblico, anche perché nonostante a Bologna ci avessero ripetuto fino alla nausea trattarsi di una naked e non di una cruiser, l’estetica e la posizione di guida atipica, sulla carta, non ci avevano convinto.
I duri e puri del marchio di Borgo Panigale hanno storto il naso davanti a un mezzo così diverso, che strizzava l’occhio a un pubblico forse un po’ più fighetto e fino a quel momento lontanissimo dalle corde Ducati. I più aperti l’hanno accolta invece con curiosità e interesse, apprezzando la divagazione stilistica e le doti dinamiche della Diavel 1200. Modello che, tra l’altro, è stato apprezzatissimo negli Stati Uniti, che hanno assorbito gran parte dei circa 5.000 esemplari della prima produzione. Negli anni successivi, dal 2011 a oggi, Diavel conta circa 35.000 moto vendute nelle varie declinazioni: dalla base, passando per la S, fino alle più raffinate Carbon e Titanium, Cromo e – ricordo di un’epoca di diversi assetti aziendali – AMG Special Edition.
Dopo un aggiornamento di metà vita limitato ad un leggero restyling, per il 2019 la Ducati Diavel cambia molto più in profondità di quanto non sembri, guadagnando il propulsore 1260 già montato su XDiavel e Multistrada,ma anche (e tanto) nella ciclistica, dove pur mantenendo l’impronta estetica della prima versione, quasi nulla è rimasto come prima. Ed eccoci a Marbella, in Spagna, per provarla sulle stesse strade in cui abbiamo scoperto la prima Diavel e capire quanto sia migliorata la naked cruiser Ducati.
Com'è fatta?
Naked, sport cruiser, power cruiser, chiamatela come volete: per noi è solo la Diavel 1260. Anzi, come per il Monster, c’è da pensare all’uso del maschile anche perché, filologicamente, il dialetto bolognese vorrebbe che fosse al Diavel, quindi appunto…
Ma tornando seri, Diavel 1260 mantiene la sua fortissima identità estetica con la versione precedente: le masse sono tutte spostate davanti, con un look muscoloso e atletico. Il retrotreno è leggerissimo e minimal, ancora più di quanto non fosse nella versione precedente, e lascia ancora più in vista il forcellone monobraccio e la gigantesca gomma posteriore da 240, anche grazie all’ormai tradizionale portatarga montato sul forcellone. Tantissimi tocchi, in ogni punto della moto, l’hanno cambiata in profondità mantenendo allo stesso tempo l’identità estetica del primo modello.
Cambia il colpo d’occhio sul serbatoio, stretto da due cover dal (completamente) diverso andamento stilistico che confluiscono in prese d’aria in alluminio spazzolato su cui campeggia il nome del modello. E sono diversi anche i coperchi laterali del radiatore, che integrano gli indicatori di direzione light blade, evoluti nella linea e nell’andamento. Proprio la firma ottica, tra l’altro, è stata fin dall’inizio una delle caratteristiche più interessanti del Diavel, con l'unità posteriore sdoppiata che riprende lo schema dei lampeggiatori. Sul modello 2019 del Diavel 1260 S i gruppi ottici sono Full LED, con un sensore che alterna automaticamente la luce diurna (con disegno a omega che incornicia il faro anteriore) e quella notturna.
Naturalmente mantenuta anche la funzionalità di accensione keyless, ormai diventata di adozione comune sulle Ducati stradali di alta gamma, e l'altra caratteristica particolare del Diavel, ovvero il maniglione posteriore a scomparsa. E restando in zona, vale la pena di segnalare selle più ampie e confortevoli sia per il passeggero che per il pilota.
Fra le novità – ma anche sulla versione 1260 standard – arriva anche un bellissimo cruscotto con pannello TFT a colori (precedentemente era in b/n) posizionato sotto il manubrio che fa il paio, come tradizione sul Diavel, con il blocchetto spie separato collocato sopra il manubrio, nella posizione in cui normalmente ci si aspetta di trovare la strumentazione.
Il cruscotto dispone di quattro diverse modalità di visualizzazione; la Default mostra solamente il minimo indispensabile, per evitare distrazioni al pilota, mentre le altre tre (denominate rispettivamente Track, Full e City) sono abbinate ai tre riding mode Sport, Touring e Urban.
Molto belli i blocchetti elettrici, esclusiva del Diavel, con i tasti retroilluminati in rosso; per il cruise controlci sono tasti dedicati. Vale la pena di sottolineare come la versione 1260 S esca con il sistema DMS (Ducati Multimedia System) di serie, che permette di collegare uno smartphone al cruscotto con connessione Bluetooth, per avere segnalazioni relative a chiamate e SMS in arrivo nonché alla musica che si sta ascoltando se utilizzate un casco dotato di interfono.
Non solo: Diavel 1260 è anche compatibile (dal prossimo aprile) con la nuova Ducati Link App, che permette di personalizzare i riding mode e tutti i parametri della moto, ma anche le prestazioni e gli itinerari di viaggio.
Il motore
Il propulsore della Diavel 1260 è il Testastretta DVT da 1.262cc con distribuzione a fasatura variabile che aveva debuttato sulla prima XDiavel, e che agisce in maniera indipendente sia sull’asse a camme d’aspirazione che su quello di scarico. Caratterizzato da misure nettamente superquadre (106 x 71,5 mm) con un rapporto di compressione di 13:1, il bicilindrico a L “made in Borgo Panigale” eroga ben 159cv a 9.500 giri ma soprattutto 129Nm duemila giri più in basso, con una curva di coppia piatta e sostenuta fin dai bassi regimi. La versione 1260 S, inoltre, è dotata di quickshifter DQS sia in innesto che in scalata.
Caratterizzato da un sistema a doppia accensione Dual Spark (soluzione utilizzata già da tempo in Ducati, visto che ha debuttato sul Desmodue da 1.000cc di Monster e Multistrada) il motore del Diavel è anche dotato di iniezione di aria secondaria allo scarico per ridurre le emissioni senza penalizzare l’erogazione. L’alimentazione è affidata a un impianto Ride-by-Wire Bosch con corpi farfallati ellittici di diametro equivalente a 56 mm, mentre lo scarico è stato completamente rivoluzionato: il giro dei collettori sul lato destro, poi mutuato anche dalla gamma Monster, ha ceduto il posto a un passaggio nascosto che lascia il motore completamente in vista, con terminali di scarico “imboscati” quasi quanto quelli della prima Panigale…
Da segnalare anche come il costante affinamento nei materiali e nelle tecniche costruttive di Ducati abbiano consentito di portare gli intervalli di manutenzione a ben 15.000km per gli interventi ordinari e 30.000 per il Desmo Service, ovvero quelli che prevedono la registrazione del gioco valvole.
Il motore è tenuto sotto controllo da una dotazione elettronica di prim’ordine, che di fatto offre gran parte delle funzionalità (tranne che per le sospensioni semiattive non previste per Diavel e per le gestioni più spinte e legate alla pista) dell’ammiraglia Panigale V4 grazie alla presenza della piattaforma inerziale a sei assi Bosch.
I tre riding mode (Sport, Touring e Urban) modificano infatti la risposta dell’acceleratore e la potenza massima, ma soprattutto i livelli d’intervento di traction control, anti-impennata e ABS, ferma restando la possibilità di modificare a piacere le tarature.
Ci sono infatti il Ducati Traction Control Evo, regolabile su otto livelli d’intervento (dai più bassi, che consentono ai più esperti di sfruttare la derapata, ai più elevati riservati alla guida sul bagnato), il Ducati Power Launch Evo, regolabile su tre livelli, e l’anti-impennata Ducati Wheelie Control Evo, che come il DTC Evo offre otto livelli di intrusività.
La ciclistica
E’ qui che Diavel 1260 si differenzia maggiormente fra versione standard ed S, oltre ad essere profondamente evoluta rispetto al modello precedente. In comune le due hanno naturalmente il telaio a traliccio in tubi d’acciaio, ora in versione “corta”, che sfrutta il motore come elemento stressato con attacchi in corrispondenza delle teste.
Sempre attaccati al motore sono il nuovo telaietto reggisella, ora realizzato in fusione d’alluminio, e le due piastre forgiate a cui è fissato il perno del forcellone monobraccio, anch’esso fuso in alluminio ma diverso e più corto del precedente, e con uno schema del monoammortizzatore antitetico rispetto a quello del modello precedente. Quasi ovunque si posi lo sguardo, di fatto, la ciclistica si è evoluta, con quell’effetto – difficilissimo da ottenere – di una maggior raffinatezza costruttiva che però non intacca il fascino viscerale e muscoloso del Diavel.
Importante naturalmente l’interasse (1.600mm, ovvero 10 in più del precedente) che fa però il paio con quote ciclistiche decisamente meno conservative: il cannotto di sterzo è inclinato di 27° (un grado in meno rispetto al precedente Diavel) e l’avancorsa ora è di 120mm contro i 130 precedenti. Come mai l'interasse cresce a fronte di un avantreno più chiuso e di un forcellone più corto? Per un diverso posizionamento del motore, che arretra per fare spazio ai radiatori di acqua e olio, ora in posizione convenzionale invece che laterali come sul Diavel precedente.
Ma soprattutto la luce a terra consente angoli di piega di 41°, valore nettamente fuori portata per le cruiser tradizionali. Il tutto, evidentemente, per rendere Diavel più agile e performante. L’ago della bilancia si ferma a 218kg a secco (oppure, se preferite, a 233kg con tutti i liquidi ma senza benzina), valore anche questo sicuramente più vicino a quello di una naked che a quello di una cruiser.
Ma parlavamo di differenze fra i due allestimenti, che emergono quando si inizia a contemplare le sospensioni. La Diavel 1260 offre una forcella rovesciata completamente regolabile con steli da 50mm e idraulica separata, nonché un monoammortizzatore regolabile in precarico molla ed estensione. Molto più pregiata la dotazione della 1260 S, che offre un comparto full-Öhlins e completamente regolabile, con forcella a steli rovesciati da 48mm e monoammortizzatore posteriore. Da segnalare, in entrambi i casi, il diverso posizionamento del monoammortizzatore e la maggior corsa della ruota posteriore, che da 120mm passa a 130 migliorano il comfort sullo sconnesso.
Diversi anche i freni, Brembo naturalmente e con dischi da 320mm all’avantreno. Dove la Diavel 1260 si deve accontentare – se così si può dire – di pinze monoblocco radiali M4.32 azionate da una pompa freno radiale PR18/19, la 1260 S va oltre offrendo le monoblocco M50 e una pompa PR16/19. Identico invece l’impianto posteriore per entrambe, con un disco singolo da 265mm e pinza a due pistoncini, il tutto naturalmente gestito dall’ABS Cornering EVO tarabile su tre livelli d’intervento.
Ci si torna ad allontanare invece per quanto riguarda i cerchi, a quattordici razze sul 1260 e a dieci invece sul Diavel 1260 S, con un design esclusivo e superfici lavorate a macchina. Le misure degli pneumatici (ora Pirelli Diablo Rosso III) sono naturalmente identiche, con l’anteriore da 120/70-17” e il mostruoso posteriore 240/45-17 ormai divenuto un elemento caratterizzante del Ducati Diavel.
Disponibilità, colorazioni e optional
La Ducati Diavel 1260 arriva nelle concessionarie a giorni nei due allestimenti Diavel 1260 e Diavel 1260S, a prezzi che partono da 19.990 euro per la standard e salgono a 22.990 per la 1260S. La Diavel 1260 è offerta nella sola livrea Sandstone Grey, con telaio nero e ruote nere, mentre per la 1260S c’è la scelta fra la già citata Sandstone Grey e la Thrilling Black/Dark Stealth, con telaio rosso e ruote nere.
La lista degli optional è piuttosto ampia. Si parte, per la versione standard, dalle dotazioni offerte di serie con la “S”, ovvero il quickshifter DQS in innesto e scalata e il Ducati Multimedia System. Ci sono anche l’impianto di scarico completo Termignoni (non omologato), il cupolino sport in tinta fumé, tutta una serie di pezzi speciali Rizoma in alluminio ricavati dal pieno come specchietti retrovisori, coperchi liquidi a manubrio, tappo serbatoio, tappi telaio, cover pignone. Poi dettagli in carbonio come i parafanghi anteriore e posteriore e una sella in vera pelle. E per chi vuole viaggiare c’è il kit con le valige semirigide e il poggiaschiena posteriore.
Come va
Sedersi sulla nuova Diavel è davvero piacevole, soprattutto per chi non è altissimo come il sottoscritto. Tutto è facile, a portata di mano o di piede, e anche il manubrio, che sulla precedente versione costringeva i meno alti a qualche sforzo per essere raggiunto ora è piacevolmente più vicino, e solo nelle manovre a sterzo completamente girato richiede un po’ di attenzione.
Il ponte di comando è bellissimo, sia zona cruscotto che per quanto riguarda i blocchetti elettrici e le leve di comando. Il pannello TFT è sempre molto ben leggibile e interpretabile, anche nell’affollata configurazione più completa (potete associare a ciascun riding modela visualizzazione che preferite) e solo sotto la luce più potente e diretta si può avere qualche difficoltà.
Ma partiamo. La voce allo scarico è sorniona, minacciosa e profonda – perfettamente in tono con la moto – e il motore reagisce vivace alle sgassate. Iniziamo dalla mappa Urban (che limita la potenza a 100 cavalli) e scopriamo un motore regolare, elastico e capace di una spinta dolce ma vigorosa. Il primo tratto della nostra prova si snoda su una superstrada che ci permette di verificare… l’assenza di protezione aerodinamica. Anche per i meno alti, viaggiare in autostrada a velocità codice non è l’esperienza più piacevole dell’universo – se avete ambizioni turistiche, anche a corto raggio, vi consigliamo di rivolgervi al catalogo Performance per l’unghietta parabrezza.
Fortunatamente usciamo rapidamente dall’autostrada per arrampicarci sulla meravigliosa strada che dalla costa porta a Ronda: un misto medio-veloce tutto da guidare fra seconda, terza e quarta. E allora si passa alle mappe Touring e Sport – scoprendo, come spesso succede sulle Ducati, che il riding mode Sport fa godere per la sua ignoranza, ma alla fine il Touring è più efficace – e restiamo ancora una volta stupiti.
La Diavel è sempre stata agile per la sua mole e valida nella guida sportiva. La 1260 si è avvicinata ulteriormente alle naked sportive, diventando più agile, più bilanciata, divertente e dinamica. E perdendo anche quell’accenno di sottosterzo che la versione precedente pagava come tributo al gommone posteriore da 240. Certo, quando la strada e le curve si fanno davvero strette massa e interasse si fanno sentire, ma non appena si riesce a mettere la terza si resta a bocca aperta. Parlando a titolo personale, tanto per capirci, non metterei per iscritto che sul misto da 70/100 all’ora si possa andare più forte né divertirsi di più con un Monster 1200.
Frenata, coerenza e comunicativa dell’assetto su questa versione 1260 S sono da riferimento – e ci mancherebbe, vista la dotazione – e solo attaccandosi di colpo ai freni si avverte quel piccolo scompenso nel trasferimento di carico tipico delle moto con interasse importante e cannotto aperto. In compenso, nei cambi di direzione si può… prendere il diavolo per le corna e non andare troppo per il sottile senza temere reazioni inconsulte.
Alla voce motore bisogna lodare il Testastretta DVT 1260 per potenza, progressione e feeling: ad ogni manata di gas si esce dalle curve come lanciati da una fionda, con quella spinta che da sempre caratterizza i bicilindrici Ducati otto valvole. Dai quattro ai diecimila il Diavel va come una fucilata, quasi incurante della marcia in cui si trova, e solo a freddo o telegrafando con l’acceleratore appare un po’ di effetto on-off. Sotto i 4.000, nelle mappe che prevedono l’erogazione Medium o High (ovvero, nel default, la Sport e la Touring) ci sono i tradizionali strappi dei grossi bicilindrici Ducati, ma pur riconoscendo il difetto ci sentiamo di assolvere il Testastretta DVT. Con una cilindrata unitaria e prestazioni del genere pretendere la regolarità di motori dall’indole più pacifica sarebbe abbastanza ingeneroso. E forse, significherebbe anche decontestualizzare un mezzo come il Diavel, che dopotutto fa della già citata “ignoranza” un elemento caratterizzante.
Insomma, ancora una volta Diavel è riuscita a stupirci. Se già la prima versione ci aveva stupito per la sua dinamicità, la 1260 fa un vero e proprio balzo in avanti in termini dinamici e di finiture, convincendo anche i più scettici della sua vera natura. Diavel 1260 avrà anche le linee di una cruiser, ma sotto sotto è una vera maxinaked, confermando quello che Ducati ci ha ripetuto fin dall’inizio e a cui – lo ammettiamo – forse non avevamo voluto credere davvero…
Per chi è?
Non è semplice compilare un identikit del… destinatario di questa Diavel. Iniziamo comunque con il dire che chi ha amato il modello precedente non potrà che amare ancora di più il nuovo, che mantiene immutati i concetti della sport cruiser Ducati (a partire da quella posizione di guida che ha fatto innamorare tantissimi) valorizzandone i pregi e minimizzandone i difetti. La spinta del motore, la sua personalità, ma anche la voce allo scarico vi fanno innamorare fin dal primo contatto, e se avete guidato la vecchia apprezzandone le doti dinamiche non potrete se non restare ancora stupiti nel constatare quando sia nuovamente migliorata.
Stilosa, bella e muscolosa, rifinita da Dio: Diavel piace sicuramente a chi cerca una moto per distinguersi e farsi notare, a chi ne farà un uso disimpegnato ma anche a chi cerca una compagna insospettabile per guidare – divertendosi – fra le curve. Lo ripetiamo: non è una moto sportiva nel senso stretto del termine, e ci sono sicuramente mezzi più efficaci e intuitivi per aggredire passi di montagna, ma sul misto il Diavel si fa valere – da vera Ducati – e sa far divertire infinitamente più di quanto non possa immaginare chi si ferma all’estetica o alla scheda tecnica nella sua valutazione. Tenetevi magari lontani dalle curve più strette, e in tutto il resto dei frangenti vi toglierete davvero delle grandi soddisfazioni.
Il prezzo è impegnativo, inutile negarlo, e nonostante la sella davvero accessibile non è forse la moto più adatta ai… diversamente alti, e a chi pretende totale regolarità dal motore anche ai bassi regimi. Ma se queste tre barriere all’accesso non vi spaventano, non riusciamo davvero a farci venire in mente altri aspetti che possano togliervi dalla faccia quel sorriso che avevamo noi al termine della nostra prova…
Maggiori informazioni:
Moto: Ducati Diavel 1260S
Meteo: Sole, 18°
Luogo: Marbella (Spagna)
Terreno: Extraurbano
Foto: Milagro
Video: Alesjda
Sono stati utilizzati
Casco Arai Profile-V
Giubbotto Dainese HF D1 Leather
Guanti Dainese
Pantaloni Dainese
Scarpe Dainese Dyno D1
Mi sembra un americanata e se c'è ne sono poche in giro forse un motivo c'è? 🤔