Honda Africa Twin, in Galles per riscoprire la moto totale
Come le moto, anche le definizioni che le descrivono, inquadrano, categorizzano e presentano, vengono e passano di moda. Ricordate quando si parlava di “moto totale”? E’ un po’ che non usiamo questa espressione, e che voi non la leggete o sentite, perché quelle che una volta venivano presentate come tali si sono imborghesite, diventando splendidi SUV da parata su due ruote. Oppure, al contrario, sono diventate mostri da fuoristrada poco a loro agio – specie se uno è di gamba corta – nel normale utilizzo urbano o nel diporto del fine settimana.
Dev’essere per questo che Honda, Casa razionale ed attenta, che normalmente crea ed anticipa le tendenze invece di seguirle, ha pensato bene di riscoprire la moto totale rispolverando l’ultima proposta realmente degna di tale nome nella sua gamma passata. Un’operazione complessa e rischiosa, perché quando si mettono le mani sulle leggende è molto più facile fare male che bene, non fosse altro perché i ricordi degli appassionati si tingono di rosa, facendo dimenticare i difetti ed esaltando i pregi delle moto con cui si era vissuta quella splendida avventura, ai confini del mondo o della provincia che fosse.
Ormai l’avrete capito, secondo noi Honda ce l’ha fatta e ne è uscita a pieni voti, perché a parte gli incontentabili che lamentano uno schema tecnico del propulsore diverso dall’originale, la nuova Africa Twin ha conquistato tutti – e non parliamo di addetti ai lavori, ma di oltre 9.000 appassionati in Europa che hanno già acquistato una CRF1000L. Un numero che probabilmente sarebbe stato ancora più elevato senza il terremoto che ha colpito lo stabilimento produttivo di Kumamoto, in Giappone. A proposito del quale, vi possiamo confermare che la produzione è ripartita, e a fine agosto tutto tornerà a pieno regime.
Per dissipare completamente qualunque dubbio ci fosse rimasto, Honda ha pensato bene di portare un manipolo di fortunati giornalisti in Gran Bretagna, fra Galles ed Inghilterra, per vivere un’esperienza che più completa non si può in sella alla nuova Africona, per capirne meglio tutte le sfaccettature e comprendere appieno i motivi di tante scelte compiute dalla Casa madre, che potrebbero lasciare forse un po’ perplessi in una breve presa di contatto ma che in un’esperienza tanto lunga dimostrano inconfutabilmente la loro sensatezza.
Della CRF1000L ve ne abbiamo parlato fino alla nausea in occasione della presentazione stampa in Sud Africa e della nostra comparativa fra maxienduro con anteriore da 21 pollici (e abbiamo anche ripercorso la storia delle versioni dell’Africa Twin con la nostra retrospettiva), dunque non vi racconteremo ancora una volta della tecnica della maxienduro Honda, preferendo concentrarci sul comportamento che ha messo in mostra in tutta una teoria di situazioni estremamente diverse che abbiamo vissuto durante i nostri tre giorni a spasso fra boschi e strade del Regno Unito.
Dove siamo andati?
Non abbiamo parlato a caso di boschi e strade, perché il programma pensato da Honda ha previsto un bell’excursus in fuoristrada presso il Dave Thorpe Offroad Centre a Merthyr Tydfil, Galles, dove abbiamo imparato a conoscere (e guidare) l’Africa Twin in fuoristrada, scoprendo le differenze fra la versione a cambio manuale e quella dotata di DCT sotto la guida attenta del tre volte iridato del cross anni 80 e 90, assieme ad un ospite d’onore d’eccezione.
Un ospite - John McGuinness, di cui vi abbiamo presentato un'intervista qualche giorno fa - che ci ha poi accompagnato in un viaggio che ci ha portato ad attraversare tutto il Galles fino allo spettacolare Snowdonia National Park (qui trovate il percorso del primo giorno) e poi a scendere verso l’Inghilterra (qui il percorso del secondo giorno) per arrivare a Birmingham. Un percorso che ci ha visto affrontare ogni tipo di strada: dalle viuzze dei centri rurali fino all’autostrada, passando per spettacolari misti di montagna e stradine tracciate nella campagna britannica. Purtroppo, anche il meteo ha pensato bene di variare in continuazione, mettendo alla prova la qualità del nostro equipaggiamento da bagnato e della nostra… pazienza. Una serie di condizioni, però, che ci hanno fatto vivere una vera avventura indossando i panni del vero appassionato che sogna o possiede l’Africa Twin. Perché mica stiamo parlando di gente che si ferma davanti ad un po’ di pioggia o di fango su uno sterrato, vero?
Dave Thorpe e l’Africa Twin in fuoristrada
I corsi patrocinati da Honda stanno fiorendo un po’ ovunque – anche da noi, dove il True Adventure Offroad Academy di Piacenza è una vera e propria eccellenza di settore – ma battere il blasone e il fascino di un corso con Dave Thorpe non è facile. Arrivati di prima mattina, Pat Jackson e il tre volte iridato ci hanno accolto e spiegato i rudimenti della pratica del fuoristrada, iniziando dal salire in sella e… raddrizzare la moto da terra quando non ci si può proprio fare aiutare da nessuno. Perché prima o poi in terra ci si va, soprattutto se come chi scrive non siete esperti enduristi e il fondo è fangoso, e rimettere in piedi duecentotrenta chili di Africa Twin non è mai banale.
Qualche accenno su come si sta in sella – o meglio, in piedi – e passiamo alla pratica, con esercizi che aiutano a prendere confidenza con il bilanciamento delle masse dell’Africa e con il fondo. Pat ci tranquillizza spiegandoci come il terreno sia piuttosto asciutto, ma ci mettiamo poco a capire come la valutazione vada riparametrata secondo i canoni britannici; fortunatamente le nostre Africa calzano pneumatici Metzeler Karoo, con tassellatura non troppo spinta ma adeguata alla situazione.
Slalom fra i birilli, inversioni, prove di accelerazione con i diversi livelli di intervento del controllo di trazione alternandosi fra le versioni DCT e manuale chiudono la parte dedicata agli esercizi. Poi si tratta di mettere in pratica il tutto, infilandosi per i sentieri che si snodano fra i boschi di Llanwonno, Galles del sud. Noi iniziamo con la versione DCT e incredibilmente non ci mettiamo più di una mezz’ora a prendere una relativa confidenza con masse e potenze in gioco. Pat e Dave ci portano in giro e si fermano in diversi punti del percorso per osservarci e darci qualche dritta, preventivamente e dopo averci visto guidare, su come cavarci d’impaccio ma soprattutto su come fare si che l’Africa Twin ci aiuti il più possibile a venire fuori dai guai.
Passa un’oretta e il livello di confidenza raggiunto è incredibile se paragonato alla nostra apprensione preventiva. Abbiamo imparato a sfruttare i vari livelli del controllo di trazione, efficacissimo su salite a fondo smosso e buche di fango, ad apprezzare il “tasto G”, che permette di avere innesti e disinnesti delle frizioni più netti e adatti al fuoristrada (per innescare perdite d’aderenza controllate del posteriore) ma soprattutto ad apprezzare il DCT che, soprattutto per chi non mastica pane e fango da diversi anni, è una vera mano santa.
Mani e piedi stanno sempre dove devono essere, senza la necessità di cambiare posizione per cambiare o gestire la frizione; potete concentrarvi solo sulla guida, su dove dovete passare per essere più efficaci, e poi… la moto non si spegne mai.
Volete mettere? Certo, ci si deve portare dietro altri 10 chili, ma su una moto che ne pesa già duecento l’incremento è marginale. Insomma, se non avete esperienza specifica, in offroad i vantaggi del DCT sono molto superiori agli svantaggi, a patto di avere un po’ di prestanza fisica e le gambe sufficientemente lunghe – la possibilità di abbassare la sella dell’Africa Twin, operazione rapida e facile, è da accogliere senza pudori se volete andare in offroad e superate di poco il metro e settanta.
Le strade del Galles.
E anche il meteo, del Galles. Ian, PR Honda UK nonché una delle nostre guide, ci aveva promesso un clima estremamente variabile: sole, pioggia, tempo schifoso. Dobbiamo dire che ne ha azzeccate due su tre, perché il sole lo abbiamo visto davvero poco – da un lato un peccato, perché il viaggio ci ha offerto scorci panoramici davvero mozzafiato, dall’altro è stato un test in più per l’Africona, perché una moto totale deve avere come prima qualità la capacità di portare il pilota dappertutto in ogni condizione.
Ma torniamo alla strada, iniziando con la guida a sinistra con la quale – grazie alla presenza degli apripista – prendiamo confidenza in breve tempo. Il cervello continua a mandare segnali d’allarme nel registrare traffico su un lato dove normalmente non se lo aspetta, e stare vicini al margine "sbagliato" della carreggiata richiede un po’ di concentrazione. Sorpassare a destra nelle carreggiate a due corsie ha un che di innaturale, per non parlare delle svolte agli incroci e degli ingressi in rotonda.
La CRF1000 si dimostra ottima compagna anche in questo, perché la guida estremamente naturale ci lascia la mente sgombra e libera di pensare alle particolarità della circolazione britannica. Alla mattina ci hanno assegnato un esemplare dotato di DCT, che difendiamo gelosamente: nell’uso turistico il cambio automatico si fa amare come accade sulle quattro ruote. A voler essere pignoli, la modalità Drive passa un po’ troppo rapidamente ai rapporti superiori – non a caso Honda parla di consumi mediamente inferiori del 25% rispetto alla versione a cambio manuale – facendo filtrare qualche strappo nelle riaperture, ma non serve molto per farci l’abitudine e sostituirsi alla centralina chiamando la scalata con i comandi sul blocchetto sinistro quando se ne sente la necessità.
Abbiamo trovato un po’ più congeniale la modalità Sport, soprattutto grazie alla possibilità di tararne l’aggressività; nell’uso normale abbiamo apprezzato il livello 1 che si comporta… come vorremmo si comportasse la Drive, e il livello 2 che asseconda bene la guida sportiva. Francamente riteniamo quasi superfluo il livello 3, il più aggressivo, che insiste con i rapporti fino ai regimi più elevati e si adatta praticamente solo alle forti pendenze affrontate con grinta. Se pensate ad una scalata allegra al passo dello Stelvio non vi sbagliate di molto.
La “nostra” Africa Twin, per inciso, era anche dotata del pedale sinistro optional. Di fatto si tratta di una replica del comando al manubrio, a funzionamento completamente digitale. A noi non è piaciuto granché, un po’ perché ci siamo abituati molto in fretta ai pulsanti sul blocchetto sinistro, un po’ perché il feeling dell’innesto è ovviamente del tutto assente. Tra l’altro, non trattandosi di un comando “vero”, che a motore sotto carico impedisce l’azionamento del cambio, è possibile attivarlo per sbaglio sfiorandolo con lo stivale sinistro. Niente di drammatico, ma potenzialmente foriero di situazioni inattese. Peraltro, ci dice Honda, si tratta di un accessorio richiesto da pochissimi clienti e spesso smontato dopo pochi chilometri.
Cittadina del mondo
Il nostro percorso ci porta ad attraversare diversi paesini della campagna gallese e della spettacolare costa che fronteggia l’isola di Anglesey, nel mezzo del Mare d’Irlanda (nelle giornate più chiare dalle cime dello Snowdonia National Park si vede l’Isola di Man…) e anche in questo caso l’Africa si dimostra più che all’altezza della situazione. L’equilibrio alle bassissime velocità è notevole: anche ad andature trialistiche la CRF è bilanciata e cancella almeno una trentina di chili dal suo peso dichiarato. Bisogna solo abituarsi alla forcella tendenzialmente morbida, che affonda molto in frenata e può prendere in contropiede quando ci si attacca ai freni ad andatura pedonale per evitare il traffico che ci sorprende… dal lato sbagliato.
Anche in questo frangente il DCT si è dimostrato quasi impeccabile, consentendoci di guidare in mezzo alle strettissime viuzze dei paesini gallesi con la serenità tipica dello scooter – pensando solo ad aprire e chiudere il gas, insomma – con eterna gratitudine della vostra mano sinistra. E ancora una volta, bastano pochi minuti per fare amicizia con il funzionamento del cambio automatico e prevederne le reazioni alle bassissime velocità. Bisogna prestare attenzione ai rumori e ai piccoli colpetti che si avvertono attorno al piede destro, altrimenti si potrebbe giurare di essere in sella ad una moto con il variatore.
Avventura completa
La nostra prima giornata giunge al termine e spunta il sole. Sarebbe quasi da considerare una beffa, non fosse che anche umidi e un po’ infreddoliti (ma tanto di cappello all’abbigliamento Alpinestars della gamma Drystar, che ha resistito più che bene ad una giornata di costante drizzle, quella pioggerellina fine ma costante che ci ha tartassato da mattina a sera) vedere il cielo azzurro e le strade già asciutte ci fa venire voglia di aprire un po’ il gas. Così, tanto per dare un senso ad una giornata in sella. Non insulteremo la vostra intelligenza raccontandovi di aver messo alla frusta la CRF1000L, perché un po’ di timore per la polizia locale e il già citato intirizzimento ha spento un po’ i nostri entusiasmi, ma nell’ultimo tratto abbiamo tenuto un buon passo godendoci l’equilibrio generale dell’Africa Twin sul misto. La posizione è azzeccata e garantisce un ottimo controllo anche se volendo proprio giocare al Tourist Trophy il manubrio alto e l’anteriore da 21” tolgono un po’ di feeling e precisione. E poi, giocare con i pulsanti sul blocchetto sinistro forzando scalate ed innesti rapidi come fucilate dà un gusto impagabile.
A proposito, durante il giro stradale abbiamo alternato la posizione della sella standard montandola sia bassa che alta per apprezzarne le differenze in marcia. Scoprendo che per l’uso su asfalto, soprattutto nelle lunghe trasferte, la nostra statura di 1,72 ci fa preferire la configurazione alta perché l’aiuto offerto in offroad, dove si poggiano i piedi a terra con sicurezza e la “zampata” viene più facile, su strada diventa una piega delle ginocchia un po’ troppo marcata per stare comodi per tutto il giorno. Il bello è che l’operazione, con un po’ di pratica, richiede pochi secondi e potete giocare anche voi a trovare la configurazione a voi più congeniale per ogni impiego.
La sera siamo ospiti dello splendido Dunhelm Lodge a Bethesda, nel mezzo dello Snowdonia National Park, dove moto e piloti si ristorano in attesa della giornata successiva. L’avventura non è finita, ci aspetta un bel viaggio fino a Birmingham, per provare un paio di scenari che ancora ci mancano…
Macinatrice di chilometri
Il giorno successivo, dopo una visita allo spettacolare Zipworld, dove è possibile lanciarsi legati a freccia ad un cavo giù dalla montagna (raggiungendo i 160km/h), ci rimettiamo in marcia in direzione Birmingham. Il percorso prevede il valico dello Horseshoe Pass e relativa sosta al Ponderosa Cafè, ritrovo di ciclisti, motociclisti e possessori di auto sportive perché, come è facile intuire, nel bel mezzo di una strada mossa e piena di curve. Purtroppo il meteo non ci grazia, e continuiamo ad affrontare strade bagnate; fortunatamente l’asfalto britannico è quasi sempre perfetto, rendendo possibili ritmi più che decorosi.
Alterniamo la versione manuale con quella DCT. La nostra preferenza continua ad andare alla versione con cambio a doppia frizione, un po’ perché ci abbiamo fatto la mano e un po’ perché oggettivamente ci pare superiore in quasi qualunque scenario, complice un motore che per erogazione e caratteristiche della moto si sposa perfettamente con le strategie elettroniche della centralina. Peccato solo per il meteo, perché qui sarebbe stato davvero bello spremere la più cattiva delle modalità sport.
Siamo vicini alla fine del nostro viaggio: dopo la discesa dal passo ci infiliamo in una A Road, l’autostrada britannica, che ci dà modo (una volta fatta l’abitudine alla specularità delle corsie e delle manovre di sorpasso) di apprezzare le capacità di passista autostradale dell’Africa Twin. Anche a velocità sostenute la maxienduro Honda non va mai in debito di fiato, e anche quando serve una botta di coppia basta scalare un rapporto – procedura istantanea con il DCT, non c’è bisogno di dirlo – e si schizza avanti con una spinta gustosissima.
L’unico, relativo, limite che emerge sta nella protezione aerodinamica: la CRF1000L ripara abbastanza bene il corpo ma il plexi di serie lascia spalle e casco esposti anche con piloti di altezza non certo rilevante come chi guida. Niente di critico, ma se avete in progetto lunghe percorrenze a velocità di crociera può valere la pena esplorare il catalogo degli optionals. Per il resto niente altro che lodi: anche la stabilità direzionale ad alte velocità – ci siamo concessi qualche estemporaneo allungo nei tratti liberi dal traffico – non ha mai dato adito a critiche. Alcuni dei tester hanno provato una moto dotata di trittico di valige senza segnalare instabilità degne di nota. Per la cronaca, tutte le moto calzavano Dunlop Trailsmart.
Arriviamo a Birmingham ma il nostro viaggio non è finito: abbiamo una manciata di minuti prima di correre in aeroporto per i (severissimi) controlli britannici e la dedichiamo al National Motorcycle Museum, un’incredibile raccolta di centinaia di moto “Made in UK” dall’invenzione del motore a scoppio ad oggi. Se passate da quelle parti, ricavatevi un mezzo pomeriggio per andarlo a visitare, ne vale davvero la pena.
Torna la moto totale
Questo lungo viaggio ci è servito ad apprezzare la vera natura della Honda CRF1000L Africa Twin. Una moto che va provata davvero, a lungo, con tempi diversi da quelli sempre più frenetici delle presentazioni stampa prima di emettere giudizi, perché considerarla in un solo ambito può portare a conclusioni errate. Gli inglesi usano l’espressione Jack of all trades, master of none per indicare qualcuno o qualcosa che sa fare tante cose ma non eccelle in nessuna – l’accezione può essere positiva o negativa a seconda del contesto, ma nel caso di questa Honda ci sentiamo di considerarla come una promozione a pieni voti.
Ci sono nel suo segmento – se non vogliamo vincolarci ad una mera dimensione del cerchio anteriore – moto più potenti, altre forse più adatte all’uso in fuoristrada, qualcuna più protettiva nel turismo, ma nessuna riesce ad esprimere prestazioni tanto equilibrate in tutti gli impieghi che possono venire in mente, a parte forse farla correre fra i cordoli di un autodromo.
Come dicevamo in apertura, Honda non fa mai nulla a caso. La riscoperta delle proprie (recenti) radici coincide con il ritorno sul mercato di un modello che mancava da tanto, troppo tempo. E non pensiamo soltanto alla gamma della Casa dell’ala dorata, ma più in generale ad un mercato che aveva deviato nettamente dalla direzione iniziale. Con la CRF1000L, Honda ci ripropone in chiave moderna la maxienduro turistica capace di portarvi nei buchi più sperduti del pianeta come nessun’altra sa fare.
Bentornata, moto totale.
Maggiori info:
Moto: Honda Africa Twin
Meteo: Variabile, 8-20°
Luogo: Gran Bretagna
Terreno: Offroad, città, misto extraurbano
Foto: Zep Gori, Francesc Montero
Sono stati utilizzati:
Casco X-Lite N53
Maglia Thor Core
Pantaloni Thor Core
Guanti Thor Core
Giubbotto Alpinestars Santa Fé Drystar
Guanti Corozal Drystar
Pantaloni Alpinestars Sonoran Drystar
Stivali Alpinestars Corozal Drystar
se si mi consigliate quali gomme potrebbero andare bene in inverno?