Planet Explorer 2 South Africa. Save the Children!
Certe volte nella vita è giusto fare scelte diverse e imboccare nuove strade, direzioni che magari non ti saresti mai aspettato di voler intraprendere. E noi che amiamo il mondo e i grandi viaggi, le moto e la velocità, abbiamo deciso per un giorno di fare qualcosa di più autentico, di lasciare da parte l’adrenalina e l’avventura e di pensare agli altri, ai bambini in particolar modo.
La prima cosa da fare è armarsi di pazienza e da Groskop percorrere circa 300 chilometri in direzione sud per giungere al confine con lo Swaziland, una dei due staterelli, assieme al Lesotho, chiusi entro i confini geografici del Sud Africa ma politicamente ben separati. Anzi lo Swaziland, che è incastonato esattamente fra il Sud Africa e il Mozambico, resta l’ultima monarchia assoluta dell’Africa, cosa che per certi aspetti è anche positiva visto il protezionismo operato nel preservare l’integrità di razza e cultura swazi contro millenni di resistenza da boeri, inglesi e zulu. L’ingresso nel paese è cosa abbastanza semplice se scegliamo la frontiera di Jeff Reff, quella più a nord, non sono necessari visti e negli uffici ce la sbrighiamo in pochi minuti, evitando accuratamente i giorni di weekend dove le code in entrata sono piuttosto consistenti. Imboccata la strada principale per la capitale Mbabane, abbiamo la fortuna di percorrere un centinaio di metri dietro ad una vettura. E’ giusto uno scudo temporaneo, quello che servirà a non farci intercettare dal laser. In pochi istanti due agenti balzano in mezzo alla strada e fermano quattro auto, poi altre due, insomma una carneficina di multe. Anche in Swaziland non c’è più pace con gli autovelox, te li ritrovi ovunque, nei centri abitati e fuori. Evidentemente hanno capito anche loro come estorcere i soldi a chi usa la strada, giocando sul sottile equilibrio della legge.
Dobbiamo percorrere un altro centinaio di chilometri per giungere a Manzini, un villaggio di ….. abitanti, situato più o meno al centro del paese. Ed è proprio qui che vogliamo fermarci. Ci eravamo già stati una decina di anni fa e, fra tutte le storie che ho ascoltato nella mia umile vita, è stata quella che mi ha più colpito. Forse non ci crederete, ma anche stavolta come protagonista ci ritroviamo un altro italiano. Padre Angelo Ciccone è un missionario ultra80enne che ha veramente dato un senso alla propria vita: di religione, coraggio e grande umanità. Cinquanta anni fa salutò madre e fratelli e si imbarcò su una nave che da Napoli lo avrebbe portato fino a Durban, in Sud Africa. Finì per strane coincidenze nello Swaziland, dove riuscì a mettere su una missione, ciò che lui più desiderava, quello che sentiva dentro da tempo come forte vocazione. E fin qui niente di straordinario penserete voi, la solita bella storia di un religioso che aiuta a convertire il prossimo nella fede. Padre Ciccone è andato oltre, oltre lo stato, il re, la religione e le credenze popolari. Anzi, proprio quelle ha combattuto, strappando in 50 anni da morte sicura 2.500 bambini down, vittime della stregoneria e della magia nera. Nello Swaziland, uno dei paesi con il più alto tasso di Aids del pianeta, nelle foreste si praticano purtroppo ancora certi riti e se un bambino nasce con un lievissimo handicap, la soluzione più immediata è consegnarlo agli stregoni. Le ceneri del nascituro, come alcune parti del corpo, saranno utilizzate in riti propiziatori e come medicina per combattere le malattie vascolari. Lo scopo di padre Angelo è uno solo: intervenire prima che sia troppo tardi, sottraendo letteralmente i neonati ai negromanti.
E’ stato grazie al contatto di un’agenzia di comunicazione di Viareggio, la EC di Elena Conti, che conosciamo ad aprile Carlo Alberto Carrai, assessore al turismo di Camaiore ma soprattutto persona disposta ad aiutare, e personalmente, il prossimo, auto-finanziandosi il viaggio fino a Manzini. Fu una mia immagine agli allievi della St. Joseph Mission, impegnati in una partita di ping-pong con racchette di legno, a suscitare il suo interesse. E ieri, ad almeno 200 di loro, ha saputo regalargli un sorriso. Anche questo è Planet Explorer.
Luca Bracali
mi spiace ma