Honda: nuovo stabilimento in India per le moto globali
L'India diventa sempre più importante nella produzione motociclistica internazionale.
Lo è in primo luogo per gli accordi industriali, basti ricordare Bajaj che sta realizzando un nuovo stabilimento dove saranno costruite le KTM, le Husqvarna e le Triumph per l'esportazione, oppure TVS che dal 2013 produce per BMW la serie G310 e costruirà le future moto elettriche assieme a BMW.
Il 14 dicembre scorso Honda Motorcycle and Scooter India (HMSI) ha annunciato di aver avviato la produzione di motori nello stabilimento di Vithalapur nel Gujarat: è il quarto impianto dopo quelli di Manesar (nella regione di Haryana), Tapukara (nel Rajasthan) e Narsapura (nel Karnataka).
La fabbrica produrrà i motori dai 250 cc di cilindrata in su destinati alla produzione motociclistica globale. Ovvero per le moto che saranno vendute fra l'altro in Europa, Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia, nazioni del Golfo e Thailandia.
In quest'ultimo Paese Honda già produce numerosi modelli esportati in Europa. Fra questi ad esempio le monocilindriche CFR300L, le bicilindriche della serie CB500 e le quattro cilindri della famiglia CB650.
La fabbrica indiana ha una capacità produttiva di 50.000 motori l'anno (secondo gli standard BS6 e Euro 5), in grado però – precisa in una nota HMSI - di aumentare in base al crescere della domanda.
In altre parole Honda va a produrre in India o Thailandia, ma il listino prezzi resta sui livello di prodotti che un tempo si sarebbero detti made in Japan.
E lascio stare qui altre valutazioni in ordine ai controlli qualità e agli (ottimi) standard industriali che sono in grado di esprimere, a determinate condizioni di costo, le linee produttive indiane, cinesi o indocinesi, soprattutto quando lavorano conto terzi per brand europei o giapponesi.
Per restare in casa Honda (ma le stesse considerazioni potrebbero essere estese a molti altri brand, anche premium), la CB500X è "thailandese" al 100% e viene proposta in Italia a quasi 7.500 euro, cifra con la quale anche solo 10 o 15 anni fa si poteva accedere a prodotti realmente fabbricati (neppure solo assemblati, ma realizzati in toto) in Giappone.
Quindi il margine di guadagno per il produttore è garantito dalla riduzione del costo del lavoro (e altri costi "sociali" ad esso associati), mentre il prezzo per l'acquirente finale non subisce nessun apprezzabile miglioramento.
Io la vedo così....